T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 18-01-2011, n. 118

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Svolgimento del processo e motivi della decisione

Il ricorrente impugnava il provvedimento con cui gli era stata negata la cittadinanza italiana per l’esistenza a suo carico di elementi informativi che facevano ritenere sussistere situazioni di pericolo per la sicurezza nazionale.

A tal fine faceva presente che l’unico elemento che aveva potuto giustificare un simile provvedimento era l’iscrizione nel registro degli indagati per il reato di cui all’art. 270 bis c.p. e cioè associazione con finalità di terrorismo anche internazionale, imputazione per la quale era stata disposta l’archiviazione dal G.I.P. presso il Tribunale di Milano in data 15.12.08.

Nell’unico motivo di ricorso il ricorrente lamenta il difetto di motivazione e l’eccesso di potere per carenza di istruttoria ed errore nei presupposti dal momento che non si è tenuto conto dell’intervenuta archiviazione, della mancanza di qualsiasi precedente penale durante la residenza nel nostro paese che dura ormai da tredici anni e la sussistenza di un regolare lavoro.

Il Ministero dell’Interno si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso.

Alla camera di consiglio del 24.2.2009 veniva rigettata l’istanza di sospensione dell’atto impugnato.

Il ricorso non merita accoglimento.

Come già affermato in sede cautelare, in materia di riconoscimento della cittadinanza italiana, non è concesso al giudice amministrativo di valutare la fondatezza della pretesa sostanziale del ricorrente, atteso che, in punto di discrezionalità dei poteri dell’Amministrazione (cfr. TAR Veneto, III, 14.10.2005 n. 3680), non sussistono dubbi sulla natura altamente discrezionale del provvedimento di concessione della cittadinanza italiana (cfr. TAR Emilia Romagna 20.12.2002 n. 2625; TAR Liguria 26.6.2002 n. 725, T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 23 maggio 2006, n. 3778,sez. I, 27.12.1999 n. 4006). Il provvedimento in questione presuppone, infatti, non soltanto l’accertamento del possesso dei requisiti di legge, ma anche e soprattutto la valutazione da parte dell’Amministrazione di una serie di elementi e circostanze che giustifichino la concessione della cittadinanza. In altri termini il conferimento della cittadinanza italiana presuppone il previo accertamento della sussistenza dell’interesse pubblico in relazione ai fini propri della società nazionale e non soltanto all’interesse del privato che richiede il riconoscimento (cfr. Cons. St., IV, 31.1.2005 n. 196).

Il fatto che il ricorrente non sia stato rinviato a giudizio per il grave reato per il quale è stato sottoposto ad indagine non consente di escludere che vi siano ragioni non ostensibili per ragioni di riservatezza che sconsiglino la concessione di quanto richiesto.

Il riconoscimento della responsabilità penale richiede la prova di elementi pregnanti, ma non è detto che acquisizioni istruttorie insufficienti per motivare una condanna penale, non possano aver rilievo agli effetti di valutazioni che vanno compiute sul piano amministrativo e che perseguono diverse finalità.

Quando sussistono dubbi sull’esistenza di un pericolo per la sicurezza pubblica, nella comparazione dei contrapposti interessi alla salvaguardia della sicurezza nazione e all’acquisto della residenza da parte del richiedente, deve ritenersi prevalente l’interesse pubblico.

Circa l’obbligo di esternazione delle ragioni che giustificano il diniego è rilevante riportare la motivazione sul punto della sentenza 281\2010 di questo TAR Lombardia che afferma: "È orientamento consolidato della giurisprudenza amministrativa, dal quale il Collegio non ritiene di discostarsi, che ai sensi dell’art. 6, della L. n. 91/1992, stante la descritta ampiezza della discrezionalità esercitata, la motivazione del diniego di cittadinanza non necessiti di una dettagliata esternazione dei fatti e delle circostanze apprezzate nel procedimento decisionale (T.A.R. Piemonte, Torino, sez. I, 3 novembre 2006, n. 4132).

Sebbene sia noto al Collegio il diverso indirizzo giurisprudenziale in base al quale è precisato come in tema di cittadinanza i provvedimenti della Pubblica Autorità non si sottraggano all’obbligo legale di motivazione, deve evidenziarsi come il principio debba essere necessariamente coordinato con l’esigenza di garantire superiori interessi di sicurezza nazionale.

Ciò che caratterizza la materia che qui ci occupa, infatti, è la particolare fisionomia che il supposto motivazionale può assumere in virtù della delicatezza dei profili coinvolti dai procedimenti in esame e della rilevanza degli interessi pubblici ad essi sottesi che determinano una prevalenza delle esigenze di riservatezza su quelle di trasparenza e pubblicità riconoscendo legittimità ad articolati motivazionali estremamente sintetici e/o espressi con rinvio ad atti dei quali non è sempre consentito assicurare in via incondizionata la diffusione.".

Il ricorso va pertanto respinto.

Vi sono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese, stante l’ampia discrezionalità e la laconicità della motivazione che hanno indotto il ricorrente a promuovere il presente giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia Sezione IV, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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