T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 18-01-2011, n. 113

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

La società ricorrente si doleva della mancata concessione ad occupare un tratto dei portici del corso Italia in Legnano con tavolini e sedie per la somministrazione di alimenti e bevande da parte del bar da lei gestito.

La concessione richiesta una prima volta per l’estate del 2007 era stata prima rilasciata e poi revocata avendo constatato che la presenza dei tavolini potesse intralciare il transito pedonale.

Nel settembre 2009 la richiesta veniva reiterata modificando il tratto da occupare che veniva ricompreso in un punto del porticato già delimitato dalle colonne e dalle fioriere, così da non costituire intralcio al transito pedonale poiché in quel punto il portico è più ampio; inoltre la richiesta precisava che l’occupazione sarebbe avvenuta dopo le 19.30.

Il diniego, in questa sede impugnato, veniva motivato con la necessità di ottenere i pareri favorevoli dei condomini e in particolare della M. s.a.s. che gestiva un negozio con vetrina frontistante al punto in cui si sarebbero dovuti collocare i tavolini e le sedie.

Il ricorso si fonda su tre motivi.

Il primo eccepisce l’illegittimità per insussistenza del presupposto posto a base del diniego.

I portici in questione sono oggetto di una convenzione di uso pubblico tra il Comune di Legnano e la società immobiliare proprietaria che ha costituito una servitù di uso pubblico in favore del Comune che è titolare dei diritti di uso e che quindi non necessità di ottenere il consenso dei condomini. Manca una norma che preveda la possibilità di subordinare l’assenso ad una concessione richiesta al consenso dei privati astrattamente interessati al rilascio dell’atto.

Il secondo motivo contesta l’eccesso di potere per sviamento poiché il Comune avrebbe dovuto utilizzare le proprie prerogative valutando tutti gli interessi ei soggetti coinvolti dall’emanazione del provvedimento e quindi tenendo conto delle circostanze concrete in cui la richiesta si collocava e cioè la collocazione non costituente intralcio per i pedoni né occultamento della vetrina del negozio frontistante, considerando oltretutto che la collocazione sarebbe avvenuta in orario in cui gli altri esercizi chiudono, favorendo così un punto di incontro per la cittadinanza.

Subordinare la concessione al consenso dei privati coinvolti significa sviare l’esercizio del potere a favore di interessi privati privilegiati rispetto ad altri.

Il terzo motivo lamenta l’eccesso di potere per difetto di motivazione, illogicità e contraddittorietà e per difetto di istruttoria.

Il provvedimento non fa menzione dell’iniziativa assunta dall’amministrazione per ottenere quei pareri ritenuti indispensabili per il rilascio della concessione con evidente difetto di istruttoria e comportamento illogico e contraddittorio.

Il Comune di Legnano e la società controinteressata si costituivano in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso.

Il Comune di Legnano eccepiva preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per mancata impugnazione della precedente revoca della concessione a suo tempo rilasciata dal Comune, essendo il provvedimento impugnato meramente confermativo del precedente.

L’eccezione suindicato non può essere accolta.

La revoca della concessione rilasciata in data 19.7.2007 riguardava una richiesta di occupazione di suolo pubblico che si trovava in un diverso punto rispetto all’istanza rigettata con il provvedimento impugnato ed inoltre la motivazione del diniego e profondamente diversa da quella della revoca da cui discenderebbe l’inammissibilità.

Non si può parlare, quindi, di reiterazione della medesima istanza cui ha fatto seguito un provvedimento meramente confermativo che solo potrebbe giustificare l’accoglimento dell’eccezione di inammissibilità per mancata impugnazione del provvedimento presupposto.

Nel merito il ricorso appare fondato.

Il provvedimento impugnato si fonda unicamente sulla mancata acquisizione del parere favorevole dei condomini del Chiostro che potevano essere controinteressati al rilascio della concessione richiesta.

Orbene se era pienamente giustificato che il Comune effettuasse un’istruttoria tesa anche ad acquisire il parere dei condomini così da poter valutare in modo più approfondito i possibili effetti del provvedimento da assumere, non poteva limitarsi a fondare il diniego della concessione richiesta sulla base del mancato parere favorevole dei condomini in questione che peraltro non si evinceva dall’atto se fosse stato richiesto.

La sentenza 3258\2004 del Tar Veneto, citata dalla società controinteressata nella sua memoria, infatti riconosce solamente il diritto dei condomini di essere considerati controinteressati nel procedimento volto al rilascio della concessione di occupazione di suolo pubblico, ma non certo afferma che il rilascio del provvedimento è subordinato al parere favorevole dei controinteressati.

Una tale conclusione potrebbe accogliersi solo laddove esistesse una norma che lo prevedesse espressamente; ma una norma siffatta non è stata indicata, né nel provvedimento, né nel ricorso.

Quindi è senz’altro fondata la doglianza espressa con il primo motivo e ciò è sufficiente ad accogliere il ricorso ritenendo assorbiti gli ulteriori profili.

Né possono invocarsi ad integrazione di una motivazione palesemente insufficiente le considerazioni svolte dal Comune e dalla società controinteressata per giustificare la bontà della scelta operata dall’amministrazione.

Dall’esame delle foto che mostrano lo stato dei luoghi interessati dal provvedimento è possibile notare come, mentre la precedente concessione impediva il passaggio dei pedoni sul marciapiede antistante l’ingresso del bar, la collocazione dei tavolini tra le colonne non avrebbe ostacolato il flusso dei pedoni costringendoli a passare sulla pista ciclabile.

La presenza dei tavolini tra le colonne non avrebbe impedito la visione delle vetrine del negozio della s.a.s. M., anche in considerazione del fatto che la loro collocazione sarebbe avvenuta quando il negozio era chiuso o in procinto di chiudere, e quanto ai rischi della sporcizia causata dagli avventori sarebbe sufficiente onerare la società richiedente della pulizia della zona circostante la concessione dopo la rimozione notturna delle sedie e dei tavolini.

In ogni caso si tratta di aspetti che l’amministrazione dovrà valutare in occasione della nuova determinazione che dovrà assumere sulla richiesta della società ricorrente e sui quali sarà necessario specificatamente motivare laddove li si ritengano ostativi all’accoglimento dell’istanza.

Il ricorso va, pertanto, accolto con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.

Le spese seguono la soccombenza nei confronti del Comune, mentre ragioni di equità inducono a compensarle nei confronti della società controinteressata.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia Sezione IV, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.

Condanna il Comune di Legnano alla rifusione delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 2.500 oltre C.P.A. ed I.V.A. ed al rimborso del contributo unificato ex art. 13,comma 6 bis,D.P.R. 115\02, nella somma di Euro 500.

Compensa le spese nei confronti della s.a.s. M..

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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