Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 13-01-2011) 22-01-2011, n. 2262 Sentenza di non luogo a procedere

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Procuratore della Repubblica di Rovigo ricorre avverso la sentenza 17 marzo 2010 il G.U.P. del Tribunale di Rovigo, che ha dichiarato non luogo a procedere nei confronti di C.M.G. nata il (OMISSIS), prosciolta dall’accusa di peculato per essere stato escluso "il raggiungimento di una piena prova circa la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato". 1.) i fatti e la sentenza di non luogo a procedere impugnata.

Consta agli atti che l’imputata ha di fatto ritardato il versamento delle tasse automobilistiche, riscosse per conto della Regione Veneto, realizzandone il pagamento – come evidenziato nella comunicazione della Regione Veneto – oltre il termine settimanale previsto dal D.P.C.M. n. 11 del 1999, ed in tempo successivo alla intimazione di pagamento da parte della Direzione Ragioneria e Tributi della Regione Veneto (note nn. 196872 prot. del 8.4.2009 e 262700 prot. del 13.5.2009). Sul punto l’art. 4 dell’allegato "A" alla Delib. Giunta Regionale Veneto 17 ottobre 2006, n. 3202 definisce come (già) "inadempiente" il concessionario al quale viene inviata l’intimazione di pagamento, intimazione cui consegue il diverso effetto dell’automatica sospensione cautelativa del servizio.

Il G.U.P., preso atto dell’orientamento di legittimità, secondo cui nel caso di riscossione di denaro per conto della P.A., il delitto di peculato, che è reato istantaneo, si consuma nel momento stesso in cui il pubblico funzionario non versa le somme nelle casse dell’ente pubblico, entro il giorno stesso della loro riscossione, come previsto dall’art. 227 del Regolamento generale della contabilità di Stato" (si cita in proposito: Cass. Pen. sez. 6^, sent. n. 12141 del 19.12.2008) ha ritenuto la certa sussistenza dell’elemento oggettivo del contestato delitto.

Peraltro lo stesso G.U.P., valorizzata la circostanza che l’imputata ha celermente versato alla Regione la somma capitale con gli interessi e la penale al 5%, dovuti a seguito della ricezione dell’intimazione di pagamento, ha ritenuto tale evenienza come un elemento di discontinuità rispetto alla dimostrazione della sussistenza dell’elemento psicologico del reato di peculato consistente, appunto, nella coscienza e volontà di far proprie le somme di cui il pubblico ufficiale ha il possesso per ragioni del suo ufficio (sul punto si richiama: Cass. Pen. sez. 6^, sent. n. 10458 del 30.6.1994).

In altri termini, sostiene testualmente il G.U.P., facendo riferimento alla comune esperienza, secondo cui i tabaccai, gestori di tale servizio, introitano in continuazione un flusso considerevole di danaro (oggetto di numerosissimi versamenti, giocate, acquisto di marche ecc.), sarebbe sostenibile la sussistenza di qualche errore o ritardo nel versamento delle somme introitate all’Ente destinatario:

ritardo certamente colpevole ma non altrettanto certamente volontario con conseguente difetto del dolo tipico del delitto de quo.

A giudizio del provvedimento impugnato, l’immediato versamento delle somme, dovute a seguito dell’intimazione da parte della Regione, parrebbe avallare la sussistenza di un atteggiamento "più colpevole che volontario", con la conclusione del mancato raggiungimento di una piena prova circa la sussistenza dell’elemento soggettivo del delitto.

Motivi della decisione

1.) i motivi del ricorso e la decisione di annullamento con rinvio della Corte.

La ricorrente parte pubblica, premesso che il riversamento alla Regione, da parte dei tabaccai, delle somme da loro riscosse a titolo di tassa automobilistica deve essere attuato "settimanalmente", attraverso la procedura bancaria di addebito automatico, realtà questa che difficilmente consente spazi di efficace discussione sul dolo del corrispondente delitto di peculato, rileva che nella specie l’adempimento dovuto è stato posto in essere soltanto dopo l’intimazione della Regione e senza alcuna deduzione di giustificazione da parte dell’imputato.

Il motivo è per più profili fondato.

La sentenza, deliberata ex art. 425 c.p.p., realizza un epilogo di fase processuale con specifiche caratteristiche (cfr. in termini:

Cass. Penale sez. 5^, 23838, 4 maggio – 19 giugno 2007, Amato), nel senso che essa:

a) pronunciata all’esito dell’udienza preliminare, non rientra nella categoria delle sentenze di proscioglimento (Vedi Cort. cost. sent. n. 4 del 2008);

b) ha mantenuto la sua natura "processuale", destinata esclusivamente a paralizzare la domanda di giudizio formulata dal pubblico ministero, anche dopo le modifiche recate dalla L. 16 dicembre 1999, n. 479, art. 24 (Cass. Penale sez. 6^, 17 01662/2000, Pacifico);

c) si propone come una decisione che non condiziona affatto in modo irrevocabile la definizione della vicenda processuale, nè produce effetti preclusivi nè pregiudizialmente vincolanti verso la parte privata;

d) consente la sua revoca, a fronte di sopravvenienza o scoperta di nuove fonti di prova ex art. 434 c.p.p.;

e) è esclusivamente finalizzata a paralizzare l’iniziativa della pubblica accusa nel prosieguo del processo, solo quando il fondamento dell’accusa non sia idoneo a confermare la sua validità nel giudizio.

Richiamato quanto sopra indicato, sulle connotazioni qualificanti la decisione di non luogo a procedere, va ribadito che il giudice dell’udienza preliminare ha il potere di pronunziare la sentenza di non luogo a procedere ex art. 425 c.p.p. in tutti quei casi nei quali non esista una prevedibile possibilità che il dibattimento possa approdare ad una soluzione conforme alla prospettazione accusatola.

Va tuttavia precisato (cfr. in termini: Cass. Pen. sez. 4, 26410/2007 Giganti Rv. 236800): che non rientra nel potere del giudice effettuare un giudizio prognostico in esito al quale si pervenga ad una valutazione di innocenza dell’imputato, in quanto il parametro di riferimento non è "l’innocenza" ma "l’impossibilità di sostenere l’accusa in giudizio"; che l’insufficienza e la contraddittorietà degli elementi per sostenere l’accusa in giudizio e che legittimano ex art. 425 c.p.p., comma 3 la pronuncia della sentenza di non luogo a procedere, devono avere caratteristiche tali (di evidenza) da non poter essere ragionevolmente considerate superabili nel giudizio stesso.

In conclusione, a meno che ci si trovi in presenza di elementi palesemente insufficienti per sostenere l’accusa in giudizio per l’esistenza di prove positive di innocenza o per la manifesta inconsistenza di quelle di colpevolezza, la sentenza di non luogo a procedere non è consentita quando l’insufficienza o contraddittorietà degli elementi acquisiti possano entrambe essere superate in dibattimento.

Orbene proprio una rigorosa applicazione delle regole ermeneutiche dianzi richiamate consente di concludere per l’accoglimento del ricorso, in adesione alle richieste del Procuratore della Repubblica non avendo fatto il giudice di merito buon governo delle norme che ha inteso applicare.

Invero l’esame delle argomentazioni del G.I.P. evidenzia che nella specie il parametro di riferimento che ha orientato e condizionato la deliberazione del primo giudice è stato "l’innocenza" della ricorrente sotto il profilo di un’assente idoneo profilo psicologico del suo agire, correlato ad una incerta situazione di fatto, elemento valutativo questo che (laddove non palesemente evidente) è peraltro subvalente rispetto a quello – essenziale e funzionale per la fase processuale in questione – della "impossibilità di sostenere l’accusa in giudizio".

Inoltre, anche ammessa la contraddittorietà o l’insufficienza degli elementi che confortano l’accusa in punto di sussistenza o meno degli estremi oggettivi e soggettivi dell’illecito contestato, il compendio dei dati descritti dal G.U.P. impedisce, all’evidenza, la conclusione che ci si trovi in presenza di elementi palesemente insufficienti per sostenere l’accusa in giudizio per l’esistenza di prove positive di innocenza o per la manifesta inconsistenza di quelle di colpevolezza.

La gravata sentenza va quindi annullata con rinvio al Tribunale di Rovigo per nuovo esame che tenga conto, in assoluta autonomia di giudizio, degli anzidetti principi di diritto e considerato che l’appropriazione, sanzionata dal delitto di peculato, è realizzata dal pubblico ufficiale o dall’incaricato di pubblico servizio, che abbia ricevuto denaro per conto della pubblica amministrazione, nel momento stesso in cui egli ne ometta o ritardi il versamento, così comportandosi "uti dominus" nei confronti del bene del quale ha avuto il possesso per ragioni d’ufficio o di servizio (Cass. Pen. Sez. 6, 43279/2009 Rv. 244992) e che, nella specie, le somme concernenti i pagamenti delle tasse automobilistiche, riscosse per conto della Regione rivestono la qualità di "pecunia pubblica" nel momento in cui il denaro è corrisposto al tabaccaio, gestore del servizio (cfr. sezione, 6, 32384/2010, r.v. 248372) ed obbligato al "riversamento settimanale alla Regione".

La sentenza impugnata va quindi annullata con rinvio al Tribunale di Rovigo per nuovo esame.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Rovigo per nuovo esame.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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