Cass. civ. Sez. I, Sent., 17-02-2011, n. 3908

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

S.M.C. chiedeva in giudizio la condanna del Comune di Villesse al risarcimento dei danni, da determinarsi in corso di causa ed indicati in L. 75.000.000, oltre interessi, rivalutazione e spese, per l’abusiva occupazione della particella catastale 1211/2 di proprietà dell’attrice, sia per la perdita di disponibilità dell’area edificabile che per l’impossibilità di utilizzazione della stessa, atteso che l’occupazione in via temporanea e di urgenza di parte di detta particella (mq. 5000 su mq. 18860), la cui protrazione sino al 7/7/1982 era stata autorizzata con il decreto regionale LLPP/622-D/Z50/1107, era divenuta abusiva per essersi protratta oltre il termine, sull’area era stato eretto un fabbricato ad uso di abitazioni di edilizia popolare ed economica, ed era stata danneggiata la restante proprietà dell’attrice, anche della vicina particella.

Il Comune eccepiva l’infondatezza della domanda attrice. Veniva disposta ed espletata CTU. Il Tribunale, con sentenza n. 172 del 1989, condannava il Comune a pagare alla S. la somma di L. 16.610.000 a titolo di indennità di occupazione legittima, con interessi di mora al tasso legale dall’8/7/1982(data di scadenza dell’occupazione legittima) al saldo, e di L. 88.500.000 a titolo di risarcimento danni per occupazione acquisitiva, con interessi legali dal 25/8/83 (data della domanda giudiziale) al saldo, e con rivalutazione monetaria su entrambe le somme sulla base degli indici Istat, dal 1/4/1986 (data di determinazione del valore del terreno da parte del CTU), oltre alle spese di lite. Interponeva appello la S., contestando le risultanze della CTU, in particolare, il valore di L. 28.000 al mq. attribuito al terreno, e chiedeva che, in parziale riforma della sentenza, il Comune venisse condannato a pagare per il terreno occupato di 5000 mq. una maggiore somma, da determinarsi a mezzo di nuova CTU. Anche il Comune proponeva appello con separato atto, lamentando che il Tribunale aveva errato nel condannare la parte al pagamento del risarcimento e dell’indennità di occupazione abusiva per mq. 4434 di superficie, sulla base dei piani di frazionamento predisposti per la procedura di espropriazione e non sulla base della effettiva misurazione del terreno occupato, pari a mq. 3200 (o alla diversa superficie da accertarsi a mezzo di CTU) ed aveva liquidato in misura eccessiva le spese di lite. I due giudizi venivano riuniti.

Veniva disposto supplemento di CTU,e veniva ammessa ed espletata la prova per testi dedotta dal comune, in relazione alla utilizzazione ed occupazione parziale del terreno.

La corte d’appello, con sentenza 8-23 luglio 1994,in parziale riforma della sentenza di 1^ grado, in parziale accoglimento delle due impugnazioni, determinava in L. 19.000 al mq. il valore del terreno al momento della cessazione dell’occupazione legittima,e condannava il Comune al pagamento, a titolo di indennità di occupazione legittima, della somma di L. 8.893.000 rivalutabile secondo gli indici Istat dall’8/7/1982 (data di scadenza dell’occupazione legittima) e gli interessi legali sulla somma anno per anno rivalutata, ed a titolo di risarcimento danni, per l’occupazione acquisitiva, della somma di L. 66.700.000, con rivalutazione dall’8/7/1982 e gli interessi legali sulla somma anno per anno rivalutata; condannava altresì il Comune alla rimozione entro sei mesi della condotta fognaria installata sull’area residua di proprietà della S..

Ambedue le parti proponevano ricorso per cassazione: il Comune, con un unico motivo, censurava il capo di condanna della sentenza al pagamento degli interessi sulle somme anno per anno rivalutate, anzichè sulle somme capitali non rivalutate; la S. impugnava la pronuncia con sette motivi, in relazione alla determinazione del valore dell’area occupata; per avere la corte territoriale deciso sul capo della sentenza relativo al sistema di calcolo della rivalutazione e degli interessi, non impugnato da nessuna delle parti; per avere limitato il risarcimento dei danni alla superficie di sole mq. 3510, per cui si era realizzata l’irreversibile trasformazione, mentre permaneva l’occupazione illegittima sulla superficie di mq. 5000; per avere pronunciato condanna di risarcimento in forma specifica verso la PA; per la determinazione dell’indennità di occupazione legittima; per la riduzione dell’indennità di occupazione in assenza di doglianza del comune;per la individuazione del dies a quo della rivalutazione monetaria ed interessi compensativi delle e sulle somme liquidate per occupazione legittima.

La S.C., con sentenza 21/1-28/3/1997, n. 2788 del 1997, accoglieva, in relazione al ricorso della S., il 1^ motivo (stante l’applicazione dello ius superveniens, costituito dall’art. 7 bis, aggiunto alla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis di conversione del D.L. n. 333 del 1992, dalla L. n. 662 del 1966, art. 3, comma 65), il 5^ ed il 6^ motivo (per l’assorbente considerazione che l’indennità per l’occupazione legittima andava liquidata assumendo come parametro di riferimento non il risarcimento del danno per l’occupazione acquisitiva di mq. 3510, ma quello per l’occupazione dell’intera area di mq. 5000), rigettava il 3^ ed il 4^ motivo(correttamente la corte territoriale aveva ritenuto realizzata l’occupazione acquisitiva per mq. 3510 mq e non sull’intera area in origine occupata); dichiarava assorbiti il 2^ ed il 7^ motivo, nonchè il ricorso del comune, cassava pertanto la sentenza impugnata e rinviava alla Corte d’appello di Trieste in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

Riassumeva il giudizio il Comune, chiedendo una nuova determinazione della indennità di occupazione legittima e del risarcimento danni per l’occupazione acquisitiva, secondo i dieta del S.C., e, dedotto di avere corrisposto alla S. in virtù della sentenza cassata, la somma di L. 326.231.251, superiore al dovuto, chiedeva la ripetizione di quanto indebitamente pagato.

La S. sollevava questione di legittimità costituzionale "L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, comma 7 bis, in relazione all’art. 3 Cost., comma 1, art. 10 Cost., comma 1, artt. 24 e 28 Cost., art. 42 Cost., commi 2 e 3, art. 53 Cost., art. 71 Cost., comma 1, art. 72 Cost., comma 1, art. 113 Cost., commi 1 e 2.

Nel merito, rilevava che il Comune aveva proposto ricorso per cassazione sul solo capo di condanna degli interessi legali sulle somme via via rivalutate e non sulle somme capitali non rivalutate, mentre essa S. aveva impugnato il capo di pronuncia relativo alla determinazione del risarcimento dei danni da occupazione acquisitiva, sicchè, anche in caso di applicazione dei criteri di cui all’art. 5 bis, comma 7 bis, il risarcimento non poteva essere inferiore a quanto riconosciuto dalla sentenza della corte d’appello;

se mai, la misura andava corretta a favore della stessa parte, secondo le indicazioni già proposte nel ricorso per cassazione, avendo la corte d’appello erroneamente fatto riferimento al valore di L. 19000 a mq.

La S. sosteneva altresì che andava rideterminata l’indennità per l’occupazione legittima sulla base del valore venale pieno su tutta la superficie occupata di mq. 5000 e non solo per la porzione irreversibilmente trasformata; che in ogni caso, l’indennità non poteva essere inferiore a quanto liquidato dal Tribunale per il divieto di reformatio in peius; che un tronco della condotta fognaria era stato abusivamente realizzato su terreno esterno all’area dei 5000 mq; che il calcolo della rivalutazione e degli interessi doveva essere effettuato per l’indennità di occupazione dalla scadenza delle singole annualità a partire dall’8/7/1979 e per il risarcimento danni dall’8/7/1982 e, in subordine, secondo le disposizioni della sentenza di I grado,da ritenersi sul punto passata in giudicato.

Veniva disposta ed espletata CTU ed il Consulente veniva sentito a chiarimenti.

Con sentenza n. 124 del 2004, depositata il 23/2/2004, la corte d’appello, in parziale riforma della sentenza n. 172/1989 dei Tribunale di Gorizia, ha condannato il Comune a pagare alla S. la somma di Euro 8578,35 per indennità di occupazione legittima, con interessi al tasso legale dall’8/7/1982 al saldo, e rivalutazione monetaria sulla base degli indici Istat dal 1/4/86, nonchè la somma di Euro 34.447,68 per il risarcimento del danno da occupazione acquisitiva, con gli interessi legali dal 25/8/1983 al saldo e la rivalutazione secondo gli indici Istat dal 1/4/1986, detratto quanto già corrisposto per i titoli indicati in forza della sentenza della Corte d’appello di Trieste n. 415 del 1994; ferma la regolamentazione delle spese di 1^ grado, ha compensato le spese di lite tra le parti del giudizio di legittimità e di riassunzione, ponendo a carico delle parti, nella misura della metà ciascuna, le spese di CTU. La corte ha in primis richiamato le sentenze della Corte v, Cost.

148/1999 e 24/2000, dichiarative dell’infondatezza della questione di costituzionalità del D.L. n. 333 del 1992, art. 5 bis, comma 7 bis, convertito con modificazioni, nella L. n. 359 del 1992, introdotto dalla L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 65; nel merito, ha ritenuto in parte fondate le censure mosse dalle parti alla CTU espletata nel grado, non ritenendo condivisibile il metodo adottato dal CTU nella "Stima n. 1" (determinazione del valore dell’area all’anno 1982, mediante calcolo analitico all’anno in corso al momento della perizia,"anticipato" all’anno 1982, mediante l’applicazione dei coefficienti istat) e nella "Stima n. 2" (sia pure con erroneità meno evidente, avendo il CTU adottato, quale base di calcolo per ottenere, previa applicazione dei coefficienti istat, il valore venale del terreno al 1982, il valore di L. 17.700 al mq., indicato dal CTU di I grado, alla data del 5/4/1986); ha ritenuto comunque di potere prescindere dalla rinnovazione della CTU, atteso che la concreta applicabilità dello ius superveniens indicato dalla Corte era da ritenersi subordinata al fatto che detta applicazione conducesse a risultato più favorevole di quello a cui erano pervenuti il Tribunale di Gorizia quanto all’indennità di occupazione legittima e la Corte d’appello per il risarcimento da occupazione acquisitiva, non potendo tali valori subire modificazioni in peius, non essendo stati oggetto di specifica doglianza da parte del comune; che peraltro era da escludersi una modificazione in senso migliorativo per la S., stante il notevole divario tra le somme indicate e la "Stima n. 2" del CTU; che era nuova la richiesta applicazione della L. n. 2359 del 1865, art. 40; che, quanto alla decorrenza ed al sistema di calcolo degli interessi e della rivalutazione, si era formato giudicato interno.

Ha proposto ricorso per cassazione il Comune di Villesse, sulla base di cinque motivi; resiste con controricorso S.M.C., proponendo altresì ricorso incidentale sulla base di due motivi.

Motivi della decisione

1.1. – Con il 1 motivo, il Comune di Villesse denuncia l’errata interpretazione delle norme sul giudicato,avendo la corte d’appello, in violazione di quanto statuito dal giudice di legittimità, dichiarato inapplicabile lo ius superveniens, ritenendo erroneamente l’intervenuto giudicato interno,in punto quantificazione del risarcimento del danno da occupazione illegittima, probabilmente confondendo tra giudicato interno ed acquiescenza implicita; nel caso, avendo la S. con il ricorso incidentale riaperto la questione sul punto, il comune ha contraddetto con il controricorso e quindi la questione era stata sottoposta al giudice di legittimità. 1.2. – Con il 2 motivo, il Comune denuncia la contraddittorietà della motivazione, deducendo che la corte d’appello ha prima sostenuto di non potere applicare lo jus superveniens per giudicato interno, per poi riformare la quantificazione del risarcimento.

1.3.- Con il 3 motivo, il ricorrente principale denuncia la violazione del principio di diritto espresso dalla S.C., per non essersi la corte d’appello attenuta al precetto vincolante ex art. 384 c.p.c, sostanzialmente tornando alla sentenza del Tribunale, ponendo in essere un giudizio di "quarto grado", ed ha addirittura rovesciato la decisione del S.C. in ordine all’estensione del terreno, che ravvisa in 5000 mq anzichè 3510, come accertati dal giudice di legittimità. 1.4.- Con il 4 motivo, il Comune denuncia l’omessa contraddittoria pronuncia sull’impugnazione dello stesso Comune, non avendo la corte d’appello considerato l’impugnazione sulla determinazione e quantificazione della rivalutazione e degli interessi, riconoscendo la rivalutazione, con ciò attribuendo alla S. un risarcimento che va oltre il danno realmente patito.

1.5.- Con il 5 motivo, il ricorrente principale si duole della motivazione carente sul ritenuto esito dell’applicazione della nuova normativa, presupposto ma non dimostrato, mentre la questione si incentra ancora sulla determinazione del danno per l’occupazione, acquisitiva e sulla sua estensione, il valore di L. 19000 mq al 1994 è corretto e va calcolato per l’estensione di mq. 3510, gli interessi vanno calcolati dal perfezionamento dell’occupazione acquisitiva, ovvero dall’ultimazione dell’opera, l’8/7/1982, al pagamento, di cui vi è prova in atti;l’indennità di occupazione va calcolata per il periodo effettivo di utilizzo, cioè gg. 1370 dall’inizio dell’occupazione legittima al completamento dell’opera, data in cui si individua anche la restituzione dell’area non utilizzata; l’indennità per l’occupazione legittima potrebbe essere liquidata nella misura degli interessi legali sull’ammontare del risarcimento del danno come determinato per i mq. 3510, oggetto poi dell’occupazione acquisitiva, e per i restanti mq. 1490, soccorre il D.P.R. n. 327 del 2001, art. 50, con riduzione del 40% di cui all’art. 37 e non è dovuta la rivalutazione; la S. va infine condannata alla restituzione del maggiore importo percepito.

2.1.- La ricorrente incidentale con il 1 motivo denuncia la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, dedotta altresì come nullità in parte qua della sentenza e/o procedimento, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, avendo la corte d’appello, in violazione del principio di diritto stabilito dalla sentenza della S.C. 2788/1997, determinato l’indennità di occupazione legittima secondo il valore venale di L. 17.700 al mq., anzichè L. 19.000 al mq., utilizzato per la determinazione del quantum risarcitorio.

2.2.- Con il secondo motivo, S.M.C. denuncia l’omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, per avere la corte territoriale respinto la richiesta della parte di rinnovazione della CTU. 3.1. I ricorsi vanno riuniti.

3.2.- Tutti i motivi del ricorso principale, siccome intesi a far valere, con le diverse censure in punto di violazione di legge e vizio di motivazione, l’applicazione della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, comma 7 bis, quale ius superveniens, secondo quanto rilevato da questa corte nella sentenza di cassazione con rinvio n. 2788 del 1997, devono essere rigettati, per quanto di seguito esposto. La corte costituzionale, con la sentenza 349/2007 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del D.L. n. 33 del 1992, art. 5 bis, comma 7 bis, convertito con modificazioni, nella L. n. 359 del 1992, introdotto dalla L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 65, nella parte in cui non prevede per il caso di occupazione acquisitiva, il ristoro integrale del danno subito dal proprietario dell’immobile; come è noto, la sentenza dichiarativa di illegittimità costituzionale spiega i suoi effetti dal giorno successivo alla pubblicazione sui rapporti in corso, salvo che si siano prodotti preclusioni o decadenze; nel caso, il comune ricorrente non ritrarrebbe alcuna utilità dall’applicazione del nuovo ius superveniens, conseguente alla declaratoria di incostituzionalità, atteso che lo stesso impone il riferimento al valore venale pieno, già considerato nella fattispecie dalla corte d’appello nella sentenza impugnata, ai fini della quantificazione del danno per l’occupazione appropriativa, cosi come ai fini del calcolo dell’indennità di occupazione legittima, nella misura degli interessi sull’ammontare del risarcimento stesso.

Detto rilievo vale sia per le doglianze sul quantum in linea capitale che per gli accessori, siccome relazionati ai primi.

3.3.- Quanto al ricorso incidentale, va esaminato prioritariamente per ragioni di ordine logico il secondo motivo.

Il motivo va rigettato, attesa la genericità della richiesta di rinnovazione delle indagini peritali, e vista la congruità della motivazione della corte territoriale in relazione alla decisione di prescindere dalla rinnovazione della CTU: la corte ha infatti spiegato alle pag. 20-21 della sentenza le ragioni della fondatezza delle censure mosse alla CTU, per l’adozione di un criterio di "anticipazione" della valutazione dalla data della CTU al 1982, sulla scorta degli indici Istat e per la seconda stima, a partire dalla stima del CTU di I grado, alla data del 1986, ed alla pag. 22 ha rilevato come si dovesse escludere la modificazione in senso migliorativo, stante il notevole divario tra le somme di cui alle precedenti statuizioni e quelle della stima n. 2. 3.4.- Va accolto il primo motivo del ricorso incidentale. A riguardo, si deve rilevare che, in sede di rinvio, la corte d’appello ha applicato quanto statuito dalla S.C. nella sentenza 2788/1997,ovvero che l’indennità di occupazione legittima doveva essere calcolata secondo il criterio degli interessi legali, per il periodo di durata, sul quantum spettante a titolo risarcitorio, calcolato con riguardo all’intera area occupata di mq. 5000, riconoscendo la somma di L. 16.610.000, pari ad Euro 8578,35, oltre interessi legali dall’8/7/1982 al saldo e la rivalutazione monetaria sulla base degli indici Istat dal 1/4/1986, attribuendo al terreno un valore a mq. diverso da quello di L. 19.000 al mq., accertato dalla corte d’appello nella sentenza 415/1994, che in tal modo aveva superato la divaricazione dei valori rilevata dal 1^ giudice, rapportando ad unico valore le due indennità, con statuizione ormai immodificabile.

La sentenza impugnata va quindi cassata in parte qua, in relazione al motivo accolto e, non occorrendo ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa ex art. 384 c.p.c., con la determinazione dell’indennità di occupazione legittima sulla base dei principi sopra esposti, così pervenendosi alla somma di L. 23.750.000 e v quindi, Euro 12.265,85.

Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; accoglie il 1 motivo del ricorso incidentale, rigettato il 11; rigetta il ricorso principale; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto del ricorso incidentale e, decidendo nel merito, determina l’indennità di occupazione legittima in Euro 12.265,85 (L. 23.750.000); condanna il Comune di Villesse al rimborso delle spese del giudizio di cassazione a favore della ricorrente incidentale, spese che liquida in Euro 3000,00, oltre Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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