Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 11-01-2011) 22-01-2011, n. 2240 Sanzioni sostitutive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

1. Con sentenza emessa il 20.1.2006 all’esito di giudizio abbreviato il g.u.p. del Tribunale di Asti ha dichiarato il cittadino tunisino A.B.A.F. colpevole dei reati, unificati da continuazione, di resistenza e lesioni volontarie plurime a pubblico ufficiale commessi in Asti il 13.3.2004, condannandolo – concessegli le attenuanti generiche stimate prevalenti sulle aggravanti – alla pena di tre mesi di reclusione. Con la stessa sentenza il decidente g.u.p. ha revocato, ai sensi dell’art. 168 c.p., comma 2, il beneficio della sospensione condizionale delle pene inflitte all’ A. con due precedenti sentenze irrevocabili per analoghi episodi di resistenza e lesioni a p.u. commessi dall’imputato.

2. Adita dall’impugnazione dell’ A., la Corte di Appello di Torino con sentenza resa il 30.10.2009 ha confermato in punto di responsabilità la decisione di primo grado, ma – in parziale accoglimento delle censure dell’appellante sulla revoca delle anteriori sospensioni della pena – ha ravvisato sussistere un rapporto di continuazione criminosa tra i fatti odierni del 13.3.2004 e gli omologhi fatti di reato consumati dall’ A. il 25.2.2004, giudicati con sentenza definitiva del Tribunale di Asti del 22.3.2004. Pertanto, nella ritenuta continuazione delle due serie di reati, la Corte territoriale ha rideterminato la pena inflitta all’ A. nella misura additiva (rispetto a quella definita dalla sentenza irrevocabile) di un mese di reclusione per una complessiva unitaria pena di cinque mesi di reclusione, mantenendo ferma la già concessa sospensione condizionale. Pena che i giudici di appello hanno ritenuto non convertibile L. n. 689 del 1981, ex art. 53 in base al rilievo che "non vi sono garanzie circa la possibilità di adempimento" dell’imputato.

3. Avverso la sentenza della Corte di Appello torinese ha proposto ricorso per cassazione il difensore di A.F., deducendo quale unico motivo di impugnazione l’erronea applicazione della L. n. 689 del 1981, artt. 53 e 58 e l’insufficienza ed illogicità della motivazione in riferimento al diniego della conversione dell’inflitta pena detentiva nella corrispondente pena pecuniaria. Dalla scarna motivazione della sentenza si desume che i giudici di appello hanno basato il diniego della conversione della pena detentiva unicamente su una ragione, per altro presunta, di natura economica, facendo leva sul riferimento valutativo, contenuto nella L. n. 689 del 1981, art. 53, comma 2, alla "condizione economica complessiva dell’imputato", quale criterio determinativo dell’ammontare della ragguaglianda pena pecuniaria, nonchè alla complementare previsione di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 58, comma 2 secondo cui il giudice di merito non può sostituire l’inflitta pena detentiva, quando "presume che le prescrizioni non saranno adempiute" dall’imputato.

Ma una siffatta interpretazione dell’istituto della conversione della pena si pone, ad avviso del difensore ricorrente, in radicale contrasto con le finalità di emenda e di reinserimento sociale del condannato che caratterizzano anche la sanzione pecuniaria sostitutiva. D’altro canto l’ultima parte della L. n. 689 del 1981, art. 53, comma 2, allorchè richiama l’applicabilità dell’art. 133 ter c.p. e – quindi – la possibilità di un pagamento rateale della pena pecuniaria sostitutiva, rende palese come le condizioni di difficoltà economica dell’imputato potenziale beneficiario della pena sostituita non assurgano a criterio dirimente della concessione o non del beneficio (che, altrimenti, risulterebbe vulnerato il principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost.). Non solo.

L’illogicità del diniego di conversione deciso dalla Corte di Appello diviene evidente sol che si osservi che la stessa Corte non ha revocato il beneficio della sospensione condizionale della pena già concesso (con sentenza irrevocabile del Tribunale di Asti del 22.3.2004) all’ A., sul quale ha così formulato una favorevole prognosi comportamentale.

4. Il ricorso è assistito da fondamento.

Rispetto all’esame della censura del ricorrente si pone come pregiudiziale la verifica dell’astratta legittimazione dell’imputato a poter fruire dell’invocata conversione di pena, cioè la verifica dell’inesistenza di condizioni eventualmente ostative all’applicabilità della L. n. 689 del 1981, artt. 53 ss.. L’esito della verifica è favorevole al ricorrente. Dal momento che nessuna incompatibilità è ravvisabile tra la sospensione condizionale della pena detentiva riconosciuta all’ A. e la sostituzione della pena stessa con la equivalente pena pecuniaria (cfr., da ultimo, Cass. Sez. 3, 22.10.2009 n. 42903, Faye, rv. 245272). Nè ricorrono, del resto, le eventuali cause di esclusione, soggettive e oggettive, della convertibilità sanzionatoria previste dalla L. n. 689 del 1981, artt. 59 e 60. In particolare l’ A. non versa nella condizione di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 59, comma 2, lett. a), atteso che le precedenti condanne dallo stesso riportate per reati di stessa indole di quelli integranti l’odierna regiudicanda non superano il numero di due.

Tanto chiarito, è agevole osservare come la motivazione esposta dalla sentenza impugnata sul punto relativo alla conversione della pena detentiva invocata dall’ A. si mostri affatto lacunosa, fino a lambire l’apparenza formale, e comunque si riveli in tutta evidenza erronea, laddove connette la mancata concessione della pena sostitutiva nummaria alle carenti "garanzie" di adempimento pecuniario del prevenuto, mutuando tale apprezzamento discrezionale – come si rimarca in ricorso – dal combinato disposto della L. n. 689 del 1981, art. 53, comma 2 (globale condizione economica dell’imputato) e art. 58, comma 2 (presunto inadempimento delle "prescrizioni").

In primo luogo la sentenza non precisa in alcun modo su quali dati fattuali o di altra natura si incentri la presunzione di difficoltà economica dell’imputato e la congiunta prognosi della sua insolvibilità. Elementi di cui non vi è traccia in sentenza e che i giudici di appello avrebbero dovuto individuare in maniera specifica, dando ragione delle loro negative valenze in termini di presumibile insolvibilità dell’ A..

In secondo luogo, e trattasi di rilievo assorbente, deve considerarsi senz’altro erronea l’attribuzione di un dirimente valore decisorio, per i fini applicativi della conversione della pena, alla condizione finanziaria o reddituale dell’imputato. L’esercizio del potere discrezionale del giudice di merito nel valutare sussistenti i presupposti per applicare una sanzione sostitutiva L. n. 689 del 1981, ex art. 53 è ancorato, in vero, ai medesimi criteri o indici rissati dalla legge per la generale determinazione della sanzione e specificamente elencati nell’art. 133 c.p..

Risolvendo un contrasto interpretativo maturato in seno alla giurisprudenza di legittimità con riferimento alla definizione concettuale del termine "prescrizioni" adottato dalla L. n. 689 del 1981, art. 58, comma 2, il cui presumibile inadempimento preclude la sostituzione delle pene detentive brevi, le Sezioni Unite di questa S.C. con recente decisione hanno statuito che siffatta sostituibilità è consentita anche in favore di persone che versino in disagiate condizioni economiche. L’ostativa prognosi di inadempimento deve essere riferita, infatti, soltanto alle pene surrogatorie della pena detentiva accompagnate da prescrizioni comportamentali, quali la semidetenzione e la libertà controllata, e non anche alla pena pecuniaria sostitutiva per la quale non è prevista alcuna particolare prescrizione (Cass. S.U., 22.4.2010 n. 24476, Gagliardi, rv. 247274). Le Sezioni Unite nella motivazione della decisione precisano che, a fronte della palese natura premiale dell’istituto della sostituzione delle pene detentive brevi, la "cerniera del sistema diventa l’art. 58, comma 1, poichè il giudice, nell’esercitare il suo potere discrezionale di sostituire le pene detentive brevi con le pene pecuniarie corrispondenti, con la semidetenzione o con la libertà controllata, deve tenere conto dei criteri indicati nell’art. 133 c.p., tra i quali è compreso quello delle condizioni di vita individuale, familiare e sociale dell’imputato, ma non quello delle sue condizioni economiche". Di tal che la valutazione discrezionale del giudice deve essere sorretta da una adeguata motivazione, che prenda in considerazione – tra gli altri criteri – le modalità del fatto per cui è intervenuta condanna e la personalità del condannato.

Alla luce delle osservazioni appena sviluppate si rende necessario, quindi, un rinnovato giudizio sul punto della sostituibilità o meno della inflitta pena detentiva di cinque mesi di reclusione, risultante dalla ritenuta continuazione tra i reati oggetto del giudizio e quelli oggetto di precedente sentenza definitiva di condanna riportata dall’ A.. Giudizio cui non può in via surrogatoria ovviare questa stessa Corte ai sensi dell’art. 620 c.p.p., dal momento che la concessione o non della conversione della pena detentiva implica la formulazione di un giudizio prognostico a norma della L. n. 689 del 1981, art. 53, che impinge le proprie coordinate valutative in aspetti di stretto merito della regiudicanda, incompatibili con le attribuzioni del giudice di legittimità (v. Cass. Sez. 6, 12.3.2009 n. 11564, Masti, rv.

242932).

Rimane ovviamente ferma la condanna già inflitta all’imputato per i reati di resistenza e lesioni volontarie aggravate ascrittigli, divenuta già definitiva, prima ancora che per effetto della presente pronuncia, per la mancata impugnazione della sentenza della Corte di Appello sui profili attinenti alla dichiarata e confermata responsabilità di A.F. e sulla connessa condanna infettagli.

Per l’effetto l’impugnata sentenza va annullata con rinvio degli atti alla Corte di Appello di Torino, che con altra sezione giudicante procederà a nuovo giudizio, uniformandosi (per i fini di cui all’art. 627 c.p.p., comma 3 e art. 173 disp. att. c.p.p., comma 2) alle indicazioni ermeneutiche dianzi illustrate ed ai criteri valutativi postulati dalle decisioni di legittimità sopra richiamate.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione annulla la sentenza impugnata limitatamente alla sostituibilità della pena detentiva e rinvia per nuovo esame sul punto ad altra sezione della Corte di Appello di Torino.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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