Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 16-12-2010) 22-01-2011, n. 2253

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

T.C., persona offesa nel procedimento penale a carico del fratello Te.Ca., ricorre, a mezzo del suo difensore, contro il decreto di archiviazione 4 febbraio 2009 del G.I.P. presso il Tribunale di S. Maria C.V. in relazione all’accusa di cui all’art. 368 cod. pen..

Con un unico motivo di impugnazione viene dedotta inosservanza ed erronea applicazione della legge, nonchè vizio di motivazione in relazione all’art. 410 c.p.p., commi 2 e 3.

Rileva il ricorso che T.C. ha sporto una querela contro il fratello Te.Ca. per il reato di cui all’art. 368 c.p. a seguito di una denuncia da quest’ultimo, presentata in data 20 marzo 2006 presso la Procura della Repubblica del Tribunale di S. Maria C.V., nel corpo della quale il ricorrente veniva ingiustamente accusato dal germano, pur sapendolo innocente, di aver violato i vincoli connessi al sequestro esistente su di un fondo di sua proprietà.

Il P.M. avanzava richiesta di archiviazione sostenendo la irrilevanza penale dei fatti denunciati dall’indagato in data 20/03/06.

Il 23 gennaio 2009 la parte offesa formulava rituale opposizione evidenziando a suo dire la superfluità delle investigazioni suppletive posto che l’espressione calunniosa si evinceva chiaramente dal corpo della querela sporta dal sig. Te.Ca..

Si rappresentava, infine, che "il Te.Ca. ha accusato ingiustamente il fratello di non rispettare i provvedimenti dell’A.G. pur essendo egli a conoscenza del temporaneo dissequestro dell’area concesso al T.C. al fine di prelevare la merce ivi depositata". L’elemento soggettivo della denunciata calunnia, quindi, veniva ravvisato nella dettagliata conoscenza, da parte dell’imputato, della vicenda processuale del fratello.

Rileva ancora il ricorso:

a) che il Gip competente ha disposto l’archiviazione de plano rilevando l’omessa indicazione delle investigazioni suppletive così condividendo le ragioni sostenute dal PM limitandosi a richiamarle;

b) che, in caso di opposizione all’archiviazione da parte della persona offesa, il G.I.P. può emettere decreto di archiviazione de plano solo dopo aver esaminato ed adeguatamente motivato prima in ordine alla ammissibilità della richiesta e poi, e solo nel caso in cui la richiesta non sia ammissibile, in ordine all’infondatezza della notizia di reato;

c) che nel caso di specie il G.I.P. si è limitato a dichiarare inammissibile la opposizione alla richiesta di archiviazione poichè non risulterebbero indicate le indagini suppletive da esperire, disattendendo l’orientamento giurisprudenziale che sancisce la non indispensabilità di segnalare le indagini suppletive al fine di rendere ammissibile l’opposizione;

d) che l’indicazione dell’investigazione suppletiva non è richiesta a pena di inammissibilità e che la disciplina apprestata dall’art. 410 c.p.p. commi 1, 2 e 3, è idonea a tutelare le ragioni della persona offesa, sia nel caso in cui questa intenda contrastare carenze e lacune investigative, sia quando l’opposizione sia basata su una valutazione dei fatti ovvero su ragioni di diritto diverse da quelle poste a base della richiesta di archiviazione del P.M. (si cita in proposito: Cass. Pen. Sez. 2^, n. 35346/2007);

e) che il G.I.P. ha condiviso le argomentazioni avanzate dal P.M. in merito alla irrilevanza penale dei fatti denunciati dal Te.

C., senza addurre alcuna motivazione in relazione agli assunti difensivi indicati nel corpo dell’opposizione

Motivi della decisione

Il Procuratore generale presso questa Corte ha concluso per l’inammissibilità del ricorso considerato che l’opposizione presentata è stata dichiarata ritualmente inammissibile congiuntamente alla infondatezza della "notitia criminis" come si desume per relationem dalla richiesta di archiviazione. Ritiene il Collegio che il ricorso sia infondato. E’ noto che nel nostro sistema l’art. 410 c.p.p. prevede un dispositivo equilibrato in forza del quale, attraverso il meccanismo dell’opposizione alla richiesta di archiviazione, si cerca, da un lato, di rendere effettivo il principio di obbligatorietà dell’azione penale, in ipotesi di inerzie e lacune investigative del pubblico ministero, e, dall’altro, si tende ad evitare la presentazione di istanze di prosecuzione delle indagini meramente pretestuose o dilatorie, offrendosi in tali ipotesi al giudice lo strumento per disporre de plano l’archiviazione (cfr. Corte Cost., 11 aprile 1997 n. 95).

Il rito camerale, con il contraddittorio delle parti, è necessario, pertanto, in due ipotesi:

1) garanzia dell’accusato, quando il giudice ritenga infondata la richiesta di archiviazione;

2) a garanzia della persona offesa, quando la sua opposizione contenga una specifica richiesta investigativa (cfr. 14 dicembre 1998, Massone).

Pertanto, qualora sia stata proposta opposizione alla richiesta di archiviazione del pubblico ministero, il G.I.P., ai sensi dell’art. 410 c.p.p., può disporre l’archiviazione con provvedimento "de plano" esclusivamente in presenza di due precise condizioni che legittimano l’inammissibilità dell’opposizione: a) l’omessa indicazione dell’oggetto dell’investigazione suppletiva; b) l’infondatezza della notizia di reato. Condizioni entrambe la cui sussistenza – come avvenuto nella specie, sia pure in forma sintetica – esige adeguata motivazione che non si risolva nella mera sintetica riproduzione del dettato normativo.

Inoltre, ai fini della delibazione di ammissibilità dell’opposizione, al giudice compete di valutare solo la specificità della richiesta, quanto all’indicazione del tema e della fonte di prova, ma non anche la rilevanza delle indagini richieste (Sez. 4^, sentenza 14456/07).

Ne consegue che il giudice per le indagini preliminari può deliberare "de plano" sull’inammissibilità dell’opposizione della persona offesa alla richiesta di archiviazione del P.M., non solo nel caso in cui non siano state indicate investigazioni suppletive, ma anche quando queste vengano ritenute irrilevanti, non già sotto il profilo prognostico del loro esito, bensì per il difetto di incidenza concreta sul tema della decisione, in quanto esse appaiano finalizzate ad approfondire gli stessi temi di indagine già esaminati e giudicati inidonei a ritenere configurabile il reato denunciato (Cass. pen. sez. 1, 23687/2010 Rv. 247428 Massime precedenti Conformi: N. 11524 del 2007 Rv. 236520).

Ritiene la Corte che il G.I.P. abbia fatto buon governo dei principi dianzi indicati, in assenza di una precisa indicazione delle investigazioni suppletive espletande ed avuto riguardo alle argomentazioni del P.M. e fondanti la richiesta di archiviazione, avuto riguardo alla non-corretta lettura dei fatti accertati, i quali non risultano integrare fattispecie di rilievo penale e neppure l’ipotesi di cui all’art. 368 cod. pen..

Si tratta di argomentazione ragionevole priva di incoerenze logiche e non suscettibile di censure in questa sede, attesa la corretta applicazione delle regole di diritto che informano l’istituto dell’archiviazione.

Il ricorso pertanto risulta infondato, valutata la conformità del provvedimento alle norme stabilite, nonchè apprezzata la tenuta logica e coerenza strutturale della giustificazione che è stata formulata. Consegue il rigetto del ricorso e la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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