Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 24-11-2010) 22-01-2011, n. 2229

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di Appello di Ancona ribadiva la responsabilità di C.M. per il delitto di calunnia, per avere denunciato in un primo tempo lo smarrimento di un assegno, in realtà, consegnato a L.L. a garanzia di pagamenti a costui dovuti per prestazioni professionali e successivamente avere incolpato il prenditore dell’indebita appropriazione, di abusivo riempimento e di fraudolenta negoziazione del titolo. Riduceva la pena ad anni due di reclusione, applicando l’istituto della continuazione tra le due distinte denunce, e negava il chiesto beneficio delle attenuanti generiche.

Ricorre il difensore della C. e deduce che la Corte ha, con motivazione viziata da erronea interpretazione di legge, ritenuta la sussistenza del delitto di calunnia; la imputata, infatti, con la sua denuncia, intendeva esclusivamente bloccare la circolazione del titolo ed ignorava le conseguenze della sua non veritiera dichiarazione, conseguenze, peraltro, concernenti il meccanismo procedimentale/processuale, derivato dalla presentazione delle querele-denuncia, la cui ignoranza era scusabile: invoca, pertanto, l’applicazione dell’art. 47 c.p., comma 3. Con un secondo motivo, insiste per la insussistenza del dolo, giacchè la tesi, che il giudice distrettuale asseriva essere inverosimile, e che cioè l’assegno fosse stato dato solo in garanzia, era,invece,oltre che confermata dai testi escussi, logica e verosimile; inoltre, non vi era stata nessuna concreta offesa al corretto andamento della giustizia; infine, rileva che il fatto denunciato avrebbe riguardato una appropriazione indebita da parte del L., in relazione al quale la imputata aveva la ragionevole convinzione della di lui colpevolezza. Con il terzo motivo, il difensore si duole della mancata concessione delle generiche, non sorretta da adeguata motivazione.

Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato.

1. Integra il delitto di calunnia la falsa denuncia dello smarrimento di assegni bancari, attribuendosi in tal modo al legittimo portatore l’appropriazione o l’impossessamento o la ricezione illecita dei titoli, ed irrilevante dovendosi ritenere, ai fini della consumazione del reato, la circostanza che nella denuncia non sia stato accusato alcun soggetto determinato, quando il destinatario dell’accusa sia implicitamente, ma agevolmente, individuabile sulla base degli elementi ivi contenuti.

2. Il dolo, in detta fattispecie, e sempre per costante giurisprudenza, è diretto e perchè possa escludersi la consapevolezza dell’innocenza del denunciato, occorre accertare che il denunciante abbia agito basandosi su circostanze di fatto non solo veritiere, ma la cui forza rappresentativa sia tale da indurre una persona di normale cultura e capacità di discernimento a ritenere la colpevolezza dell’accusato. (fra le tante e più recenti Sez. 6, Sentenza n. 3964 del 06/11/2009).

3. Fatte queste premesse in diritto, nessuna censura può muoversi alla impugnata sentenza, che ha sottolineato, con motivazione rappresentativa delle circostanze probatorie in atti, adeguatamente esposta e priva di salti logici, che la C. era pienamente consapevole della falsità dei fatti denunciati, per ben due volte, poichè ella stessa aveva confessato di aver denunciato lo smarrimento benchè sapesse di aver dato l’assegno al suo commercialista e poi,di averlo querelato per i rimanenti reati, per impedire che costui portasse all’incasso le somme ivi indicate.

In relazione ai motivi di appello, concernenti poi la natura di garanzia impropria data alla cessione del titolo, il giudice distrettuale ha dato una adeguata risposta, pervenendo ad un giudizio di inverosimiglianza degli asseriti abusi ascritti al prenditore, rilevando che proprio la proposizione di una doppia denuncia, di cui la prima al solo fine di bloccare il pagamento dell’assegno, smentiva la conclusione di accordi sottostanti.

La ricorrente, sul punto, in realtà propone censure in fatto, opponendo una propria valutazione delle , prove e una ricostruzione della vicenda diversa e alternativa rispetto a quelle assunte con la sentenza impugnata. Prospetta, di conseguenza, una revisione del giudizio di merito incompatibile con il controllo di legittimità, il quale ha fisiologicamente per oggetto la verifica della struttura logica della sentenza e non può, quindi, estendersi all’esame e alla valutazione degli elementi di fatto acquisiti alla causa, riservati alla competenza del giudice di merito (Cass., Sez. U., 2 luglio 1997 n. 6402, ric. Dessimone; Sez. 3A, 12 febbraio 1999 n. 3539, ne Suini).

4. Il richiamo, poi, alla ignoranza della legge quale errore rilevante ex art. 47 c.p., comma 3 è palesemente infondato, giacchè le norme processuali in quanto regolano lo svolgimento delle indagini e sono tese a garantire un ordinato procedere, non attengono al precetto penale e non lo integrano, sicchè si è del tutto al di fuori della ipotesi cui la ricorrente si richiama.

5. Parimenti inammissibile è il motivo relativo alla mancata concessione delle attenuanti generiche atteso che la Corte ha motivatamente fatto riferimento alla personalità negativa della C., gravata da precedenti penali, con apprezzamento di fatto che si sottrae al controllo di questa Corte e che peraltro la ricorrente ha solo genericamente contestato.

In conseguenza, il ricorso è da dichiarare inammissibile e la ricorrente è da condannare al pagamento delle spese processuali ed al versamento in favore della cassa delle ammende della somma di Euro mille.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla somma di Euro mille a favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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