Cass. civ. Sez. I, Sent., 18-02-2011, n. 4048 Ammissione al passivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Con ricorso depositato il 15.4.2009 A.A. ha proposto opposizione allo stato passivo del fallimento Delta Cab s.r.l. esponendo di aver lavorato alle dipendenze della fallita fino alla dichiarazione di fallimento e di aver maturato il diritto alle retribuzioni per i mesi di dicembre 2006, gennaio e febbraio 2007 nonchè al t.f.r. per tutto il periodo di lavoro prestato e che la domanda, accolta per il t.f.r., era stata per il resto rigettata per mancata prova della messa a disposizione delle energie lavorative e per mancata certificazione della non opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto. Evidenziava di aver quotidianamente offerto la prestazione lavorativa alla società fallita, la quale con comunicato aziendale del 12.12.2006 aveva invitato i lavoratori, a partire dal 13.12.2006, a godere di istituti quali ferie, festività e permessi, perfezionando le procedure di messa in mobilità con decorrenza dal 16.2.2007 (data dei licenziamenti). Ciò premesso l’opponente ha chiesto l’ammissione al passivo per le somme corrispondenti alle retribuzioni relative ai mesi di dicembre 2006, gennaio e febbraio 2007, in via privilegiata, oltre interessi e rivalutazione come per legge.

Con decreto depositato l’11.11.2009 il tribunale ha respinto l’opposizione osservando che:

a) in primo luogo la ricorrente non aveva offerto prova della definitività del decreto ingiuntivo ottenuto in data 7.3.2007 (in relazione alle retribuzioni maturate per i mesi di dicembre 2006 e gennaio 2007). La ricorrente, dopo aver allegato la copia del decreto ingiuntivo (non dichiarato provvisoriamente esecutivo), aveva omesso di dimostrare non solo la rituale notifica dello stesso alla società ingiunta ma anche l’esistenza di una valida ed efficace dichiarazione di esecutività (ovvero di dimostrare altrimenti – attraverso il rituale certificato – la definitività del titolo ottenuto, in conseguenza dell’omessa impugnazione del titolo da parte della resistente), con la conseguenza che, in difetto di prova della definitività del decreto ingiuntivo, non poteva in effetti porsi quest’ultimo a fondamento del provvedimento di ammissione allo stato passivo. b) in secondo luogo, in relazione alla mancata prova della messa a disposizione, per il periodo indicato, delle energie lavorative, occorreva partire dal presupposto che in base al comunicato del 12.12.2006 i lavoratori avrebbero dovuto considerarsi "collocati in godimento di istituti quali ferie, festività e permessi ancora a credito" e cioè in fattispecie astrattamente suscettibili di generare il diritto alla retribuzione (il diritto concretamente rivendicato, fino al mese di febbraio 2007, attraverso l’istanza di ammissione al passivo).

Sennonchè dall’esistenza della predetta comunicazione, rivolta a tutti i lavoratori e quindi anche alla ricorrente, non poteva inferirsi automaticamente la concreta fruizione da parte dell’interessata degli istituti richiamati, in primo luogo avendo quest’ultima omesso di dimostrare l’effettiva ed attuale esistenza del diritto (e cioè di non aver consumato il periodo di ferie in altro momento, nonchè la reale possibilità di avvalersi di festività e permessi in quanto non fruiti in altro periodo), ma soprattutto avendo la ricorrente operato nell’atto introduttivo una ricostruzione dei fatti totalmente incompatibile con l’operatività in concreto degli istituti richiamati (ferie, festività e permessi), sostenendo di aver offerto nel periodo indicato la prestazione lavorativa, ponendosi concretamente a disposizione dell’azienda, prospettazione questa incompatibile con la fruizione di ferie, festività e permessi.

Non potendo il diritto alla retribuzione scaturire dunque dalla concreta operatività degli istituti menzionati nel comunicato del 12.12.2006, andava valutata la pretesa della ricorrente di fondare il credito sulla "messa a disposizione", nel periodo in oggetto, delle proprie energie lavorative, la cui dimostrazione era stata però affidata ad una prova per testi formulata in modo del tutto generico ("vero che dal mese di dicembre 2007 al gennaio 2008 i lavoratori, compreso il ricorrente, hanno offerto la loro prestazione lavorativa alla Delta Cab che dal canto suo l’ha sempre rifiutata per la mancanza di materie prime") e senza il dovuto richiamo a circostanze storiche o fattuali idonee a rendere concreta e specifica l’eventuale deposizione del teste.

Considerato che al dipendente che cessi l’esecuzione delle prestazioni lavorative non spetta la retribuzione, finchè non provveda ad offrire la prestazione lavorativa determinando una "mora accipiendi" del datore di lavoro (nè è riconoscibile al lavoratore stesso il risarcimento del danno commisurato alle retribuzioni perdute, posto che dalla regola generale di effettività e corrispettività delle prestazioni deriva che, al di fuori di espresse deroghe legali o contrattuali, la retribuzione spetta soltanto se la prestazione di lavoro viene eseguita, salvo che il datore di lavoro versi in una situazione di "mora accipiendi" nei confronti del dipendente) e non potendo nel caso di specie ritenersi integrato tale presupposto (per le indicate carenze probatorie), la domanda doveva essere rigettata.

2. – Contro il decreto del tribunale A.A. ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi. La curatela intimata non ha svolto difese.

2.1.- Con il primo motivo la ricorrente denuncia "Violazione artt. 1206, 1256, 1258, 1463 e 1464 c.c.; violazione e falsa applicazione dell’art. 92 del CCNL Metalmeccanici in relazione all’art. 360, comma 1, punto 3".

Deduce che ai fini della fondatezza della domanda, sarebbe stato sufficiente considerare, così come affermato dallo stesso Tribunale in altra composizione, che, essendo rimasta incontroversa la circostanza dell’avvenuto licenziamento dell’ A. solo in data 16.02.2007, nessun onere gravava su quest’ultima, diversamente da quanto affermato dal Giudice Delegato, di provare la circostanza di aver posto a disposizione della Delta Cab s.r.l. in bonis le proprie energie lavorative fino alla data del licenziamento (e, quindi, anche per il periodo 1-16 febbraio 2007).

Deduce, in sintesi, che il dipendente "sospeso" non è tenuto a provare d’aver messo a disposizione del datore di lavoro le sue energie lavorative nel periodo in contestazione, in quanto, per il solo fatto della sospensione unilaterale del rapporto di lavoro, la quale realizza un’ipotesi di mora credendi, il prestatore, a meno che non sopravvengano circostanze incompatibili con la volontà di protrarre il rapporto suddetto, conserva il diritto alla prestazione retributiva (invoca Cass. 16.04.2004, n. 7300), come previsto dall’art. 92 (Sospensione del lavoro) del CCNL Metalmeccanici, secondo il quale "In caso di sospensione dal lavoro per fatto dipendente dal datore di lavoro ed indipendente dalla volontà del lavoratore, il lavoratore ha diritto alla retribuzione di fatto per tutto il periodo della sospensione". 2.2.- Con il secondo motivo la ricorrente denuncia "violazione e falsa applicazione della L. 5 gennaio 1953, n. 4, artt. 1 e 2 e dell’art. 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 3;

Violazione e falsa applicazione dell’art. 2709 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c, comma 3".

Deduce che ha errato il tribunale nel non attribuire valore ai documenti prodotti ai fini della prova del rapporto intercorso tra il ricorrente e la Delta Cab s.r.l., posto che le scritture contabili fanno prova contro l’imprenditore e, inoltre, la L. 5 gennaio 1953, n. 4, art. 2 stabilisce che le singole annotazioni sul prospetto paga debbono corrispondere esattamente alla registrazione eseguita sui libri di paga o registri equipollenti, per lo stesso periodo di tempo.

2.3.- Con il terzo motivo la ricorrente denuncia vizio di motivazione in ordine alla ritenuta non definitività del decreto ingiuntivo, concesso in data 6.03.2007, notificato in data 17.03.2007 e quindi in epoca di gran lunga anteriore alla dichiarazione di fallimento intervenuta in data 6.11.2008.

L’esclusione del credito per le retribuzioni, infine, contrasta con l’ammissione definitiva del credito per T.F.R. per lo stesso periodo lavorativo indicato in domanda, e cioè dal 13.10.1997 al 16.02.2007.

Se è stato riconosciuto il diritto al T.F.R. fino alla data del licenziamento, sarebbe stato logico e corretto riconoscere, in favore della richiedente, anche il diritto alle ultime tre mensilità, considerato, peraltro, che nessuna contestazione sulla durata del rapporto era stata sollevata dal curatore.

3.- Osserva preliminarmente la Corte che l’eccezione di inammissibilità del ricorso formulata dal P.G. all’odierna udienza di discussione è fondata, posto che non risulta prodotto in atti l’avviso di ricevimento della raccomandata con la quale il ricorso è stato notificato a mezzo posta e non essendosi costituita la curatela intimata. Invero, le Sezioni unite hanno da tempo precisato che "la produzione dell’avviso di ricevimento del piego raccomandato contenente la copia del ricorso per cassazione spedita per la notificazione a mezzo del servizio postale ai sensi dell’art. 149 c.p.c., o della raccomandata con la quale l’ufficiale giudiziario da notizia al destinatario dell’avvenuto compimento delle formalità di cui all’art. 140 c.p.c., è richiesta dalla legge esclusivamente in funzione della prova dell’avvenuto perfezionamento del procedimento notificatorio e, dunque, dell’avvenuta instaurazione del contraddittorio. Ne consegue che l’avviso non allegato al ricorso e non depositato successivamente può essere prodotto fino all’udienza di discussione di cui all’art. 379 c.p.c., ma prima che abbia inizio la relazione prevista dal comma 1 della citata disposizione, ovvero fino all’adunanza della corte in camera di consiglio di cui all’art. 380-bis c.p.c., anche se non notificato mediante elenco alle altre parti ai sensi dell’art. 372 c.p.c., comma 2. In caso, però, di mancata produzione dell’avviso di ricevimento, ed in assenza di attività difensiva da parte dell’intimato, il ricorso per cassazione è inammissibile, non essendo consentita la concessione di un termine per il deposito e non ricorrendo i presupposti per la rinnovazione della notificazione ai sensi dell’art. 291 c.p.c.; tuttavia, il difensore del ricorrente presente in udienza o all’adunanza della corte in camera di consiglio può domandare di essere rimesso in termini, ai sensi dell’art. 184-bis c.p.c., per il deposito dell’avviso che affermi di non aver ricevuto, offrendo la prova documentale di essersi tempestivamente attivato nel richiedere all’amministrazione postale un duplicato dell’avviso stesso, secondo quanto previsto dalla L. n. 890 del 1982, art. 6, comma 1" (Sez. U, Sentenza n. 627 del 14/01/2008).

Pertanto, essendo mancata anche la richiesta del difensore di restituzione nel termine, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Nulla va disposto in ordine alle spese, stante l’assenza di attività difensiva della curatela intimata.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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