Cass. civ. Sez. I, Sent., 18-02-2011, n. 4045 Regolamenti comunali e provinciali; Accertamento, opposizione e contestazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Open Space srl chiedeva che il Tribunale di Milano condannasse il Comune di quella città al risarcimento in suo favore del danno cagionato con il diniego, tardivamente manifestato, ovvero dopo della formazione del silenzio assenso sulla rituale richiesta di autorizzazione, della posa in opera di impianti monopali per affissioni pubblicitarie. Tale diniego si era espresso nell’apposizione sugli impianti suddetti, già installati, di strisce recanti la scritta "affissione abusiva". Il Comune resisteva ed otteneva di chiamare in causa la spa Assitalia, sua assicuratrice per responsabilità civile verso i terzi.

Assitalia si costituiva e resisteva, eccependo tuttavia la tardività della chiamata in causa. Il Tribunale di Milano rigettava la domanda.

L’appello della soccombente veniva respinto dalla Corte di merito.

Per ciò che rileva in questa sede, il secondo giudice riteneva anzitutto infondate le generiche doglianze relative al preteso abuso del Comune, ovvero all’illegittimità del cosiddetto diniego successivo alla scadenza del termine per la formazione dell’assenso.

Riteneva peraltro che laddove si tratti di concessione di utilizzo di beni appartenenti al demanio comunale, in via di principio l’autorizzazione non possa essere concessa senza una valutazione esplicita da parte della Pubblica Amministrazione delle esigenze di carattere generale.

Richiamava sul punto la giurisprudenza del giudice amministrativo.

Quindi riteneva che l’apposizione della scritta "pubblicità abusiva" fosse stata del tutto legittima e negava pertanto il presupposto del richiesto risarcimento, ovvero l’ingiustìzia del danno preteso.

Ricorre per cassazione con atto articolato su cinque motivi la Open Space.

Resistono con distinti controricorsi il Comune di Milano e la spa Assitalia. Quest’ultima ha depositato memoria.

Motivi della decisione

1. E’ infondato il primo motivo di ricorso con il quale la Open Space sostiene la nullità della sentenza milanese, ai sensi dell’art. 132 c.p.c., comma 1, e art. 161 c.p.c., essendo stata essa depositata il 29 ottobre 2004, e, come risulta dai timbri in calce, deliberata invece all’incirca due mesi dopo ovvero il 20 dicembre 2004.

Osserva infatti il collegio che la sentenza, come risulta dagli atti nel fascicolo di ufficio, è stata pubblicata il 29 ottobre 2004, munita di formula esecutiva il 22 dicembre 2004, e come tale ritualmente notificata anche all’odierna ricorrente, il 22 dicembre 2004. Quella del 20 dicembre 2004, che si legge in calce alla sentenza, quale data della delibera, appare frutto di errore materiale correggibile. Ciò che peraltro rileva nella specie, ai sensi dell’ultima parte dell’art. 156 c.p.c., è che la sentenza, in quanto tale assolutamente completa, ha consentito una corretta notificazione. L’atto dunque ha raggiunto lo scopo ad onta della irregolarità menzionata.

2. E’ anzitutto infondata in parte la seconda doglianza, anch’essa di nullità della sentenza impugnata, formulata ai sensi dell’art. 169 c.p.c., secondo la quale la Corte milanese avrebbe esaminato la documentazione prodotta dal Comune ritenendola utile alla decisione, benchè l’ente stesso non abbia depositato fascicolo e memorie conclusive nei termini.

Anzitutto,infatti, parte della cosiddetta documentazione esaminata dalla corte di merito illegittimamente, a dire della ricorrente, è costituita da copie di provvedimenti del giudice amministrativo relative alla questione di cui si discuteva. Si trattava dunque di giurisprudenza, la cui esibizione, e non produzione, non incontra i limiti invocati dalla ricorrente.

Quindi la censura è inammissibile perchè la ricorrente non allega nemmeno il pregiudizio che da tale irregolarità sarebbe derivato nei suoi confronti. Detta doglianza dunque manca di autosufficienza.

3. E’ inammissibile il terzo motivo mediante il quale, in modo del tutto generico,la ricorrente lamenta che la Corte milanese non ha tenuto conto dei documenti da essa prodotti, benchè ne abbia ritenuto ammissibile la produzione. La censura,che non precisa la rilevanza che avrebbe avuto la documentazione non esaminata, manca di qualunque contenuto valutabile in questa sede.

4. Sono infondati i due motivi ultimi con i quali la ricorrente, allegando la violazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 24 e degli artt. 46, 6, e 48 del Regolamento comunale sulla pubblicità, afferma la illegittimità dell’apposizione della scritta "pubblicità abusiva", atteso che essa avvenne dopo della maturazione del termine del silenzio assenso ed altresì attesa la mancanza di una previsione legale di siffatta forma di reazione da parte della P.A..

Osserva infatti il collegio, anzitutto, che è giurisprudenza costante anche della Corte di Cassazione, dalla quale non vi sono motivi per discostarsi, la inapplicabilità alla materia delle affissioni pubblicitarie nel territorio comunale dell’istituto del silenzio assenso (cass n. 4869 del 2007, da ultima). Inapplicabilità che, dunque, rende non autorizzata e per ciò stesso abusiva la pubblicità di cui si tratta.

Non vi fu pertanto diniego tardivo da parte del Comune ma una attività doverosa di repressione dell’illecito ai sensi dell’art. 97 Cost..

E’ inammissibile pertanto la residua ed in parte ripetitiva doglianza in quanto del tutto generica e carente di autosufficienza. La ricorrente non chiarisce le ragioni di diritto a supporto della sua diagnosi di arbitrarietà e di illegalità relativa a detta reazione di tipo ripristinatorio, la quale segue ad una attività che si inserisce nell’uso di beni pubblici senza la richiesta autorizzazione. Quindi essa non indica il pregiudizio specifico che da tale attività, appunto ripristinatoria della legalità, le sarebbe derivato.

5. Il ricorso deve essere respinto. La ricorrente deve essere condannata alle spese del giudizio nei confronti del Comune di Milano. Ricorrono giusti motivi per compensarle invece nei confronti della Assicuratrice Assitalia, la quale si è costituita in giudizio a fronte di una soccombenza solo eventuale del Comune, senza essere chiamata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida in Euro 1500,00 per onorari e Euro 200,00 per esborsi, nonchè al pagamento delle spese generali ed accessori come per legge, in favore del Comune di Milano. Compensa le spese tra la ricorrente e spa Assitalia.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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