Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 15-12-2010) 24-01-2011, n. 2312

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Provvedimento impugnato e motivi del ricorso – I presenti ricorrenti sono stati giudicati responsabili – in qualità di amministratori del impresa artigiana Ferilli Rocco s.n.c. – realizzato, e comunque gestito, sul fondo agricolo di loro proprietà, una discarica non autorizzata di rifiuti non pericolosi costituiti da marmi, piastrelle, mattoni, refrattari ed altro materiale residuo della lavorazione del marmo.

Avverso tale decisione, i ricorrenti hanno proposto ricorso, tramite il difensore, deducendo:

1) vizio di motivazione nella parte in cui respinge la richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale finalizzata a stabilire l’esatta ubicazione della p.lla 104 del f. 18 del Catasto di Presicce e la sua eventuale coincidenza con il terreno raffigurato nelle fotografie acquisite al fascicolo, essa, infatti, non trovandosi vicino alla marmeria non poteva formare oggetto di sversamento dei rifiuti;

2) violazione di legge con riferimento al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 183. E’ stato, infatti, accertato che i terreni oggetto di sequestro non sono di proprietà dei ricorrenti, nè è emersa prova della loro disponibilità. Inoltre, come detto, i terreni erano distanti per poter essere utilizzati al fine di gestire una discarica e gli stessi rifiuti rinvenuti in loco non sono riconducibili alla lavorazione del marmo; infine, è risultato che i terreni erano privi di recinzione sì che chiunque avrebbe potuto effettuare gli sversamenti. Conseguentemente, non è configurabile la condotta criminosa ipotizzata;

3) violazione di legge, vizio di motivazione, travisamento del fatto.

Tali censure si appuntano verso quella parte della sentenza ove si afferma che la responsabilità degli imputati va individuata nel fatto di avere essi stessi condotto i carabinieri sui fondi indicandoli come luoghi deputati a raccogliere gli scarti della lavorazione, in realtà, si ribatte che la decisione si fonda su dichiarazioni di alcuni testi che, per giunta, sono anche state snaturate e, comunque sono prive dia attendibilità e confutate dalle risultanze documentali (si citano le parole del teste G. A., S.A. e del m.llo D.N.). Si ribatte, in ogni caso che, anche ammesso che taluno degli imputati abbia potuto indicare i luoghi agli agenti, in ogni caso, si sarebbe raggiunta la prova dello stoccaggio non anche quella della produzione e smaltimento;

4) violazione di legge e vizio di motivazione anche nella parte in cui è stata confermata la confisca del terreno;

5) intervenuta prescrizione del reato. Dal momento che i fatti risultano accertati il 20.6.05 ed il decreto di rinvio a giudizio è stato emesso il 23.9.06, sia che si applichi la pregressa che la attuale disciplina, il reato sarebbe prescritto.

I ricorrenti concludono invocando l’annullamento della sentenza impugnata.

Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato e, come tale inammissibile.

2.1. (quanto al primo motivo). E’ stato reiteratamente asserito anche da questa S.C. (Sez. 1^ n. 8511/92, Russo Rv 191507; Sez. 6^ n. 6873/93, Rizzo, Rv. 195141; Sez. 6^ 15.3.96, Riberto, Rv. 205673) che la rinnovazione del dibattimento nel giudizio di appello è un istituto di carattere eccezionale al quale può farsi ricorso esclusivamente quando il giudice ritenga, nella sua discrezionalità, di non poter decidere allo stato degli atti "sicchè non può essere censurata la sentenza nella quale siano indicati i motivi per i quali la riapertura dell’istruttoria dibattimentale non si reputi necessaria".

Orbene, nella specie, i giudici di merito hanno ritenuto di escludere il presupposto della indispensabilità "in quanto è del tutto irrilevante stabilire la esatta posizione della particella 104 del foglio 18 dell’NCT del Comune di Presicce rispetto all’opificio di proprietà della ditta "Fenili Rocco s.n.c", così come se tale particella sia raffigurata nelle fotografie acquisite al fascicolo del dibattimento. Risulta per certo che fu F.R. ed i suoi figli, dallo stesso chiamati ad intervenire, a condurre i carabinieri sui due terreni dove venivano depositati e smaltiti i rifiuti derivanti dalla lavorazione del marmo (v. test. M.llo D.N. G.)".

Trattasi, all’evidenza, di motivazione congrua e logica, ancorata alle risultanze processuali e, quindi, incensurabile.

2.2. (quanto al secondo motivo). Il presente motivo è inficiato dall’equivoco di fondo di ritenere che questa S.C. possa operare una nuova valutazione delle risultanze processuali per trame conclusioni diverse, ancorchè astrattamente possibili e logiche. Il punto è che questo tipo di apprezzamento è riservato esclusivamente al giudice di merito e diventa censurabile, in sede di legittimità, solo nel momento in cui, della propria valutazione, il giudice non dia alcuna spiegazione ovvero ne dia una apparente, contraddittoria o manifestamente illogica.

Tali sono, infatti, i soli profili entro cui può espletarsi il controllo di legittimità di questa S.C. ai fini della verifica del vizio di cui all’art. 606 c.p.p., lett. e). Nè vale la mera denominazione formale del vizio denunciato come violazione di legge – come qui avvenuto – posto che, in concreto, non si fa altro che chiedere al giudice di legittimità una rilettura degli atti probatori per pervenire ad una diversa interpretazione degli stessi in un’ottica più favorevole alla tesi difensiva dei ricorrenti.

Ed infatti, un vizio della motivazione non da luogo a violazione di legge (art. 606, lett. b), tranne che nei casi di mancanza assoluta di motivazione (o di motivazione meramente apparente) mentre l’illogicità manifesta può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui alla lett. e) dell’art. 606, stesso Codice (SU, 28.1.04, Bevilacqua, Rv. 226710).

In tale ottica, però, la verifica della decisione impugnata da esito positivo perchè, a ben vedere, tutti i motivi qui dedotti sono già stati vagliati e disattesi argomentatamene sulla base di dati processuali considerati e commentati in modo coerente e logico. In particolare, i giudici di merito, dopo avere ricordato gli esiti del sopralluogo dei carabinieri, sottolineano che "più di qualsiasi testimonianza, i rilievi fotografici eseguiti dai carabinieri all’atto del sequestro dimostrano inequivocamente che i due terreni in (OMISSIS) e di salve furono utilizzati come discarica di rifiuta. L’assunto è confortato dal dato obiettivo che tra i molteplici e vari materiali ivi rinvenuti vi erano "imballaggi vari di cartone e plastica, nastri di imballaggio con impresso "Marmerie Ferilli di Salve" e che "il terreno in (OMISSIS) (fatte le visure catastali) risultò di proprietà di Fe.Gi.

R.". 2.3. (quanto al terzo motivo). Anche questo motivo, come il precedente, è manifestamente infondato perchè si risolve in uno sforzo di ottenere da questa S.C. un nuovo esame attuale. Il giudice di legittimità (che è giudice della motivazione e dell’osservanza della legge) non può divenire giudice del "contenuto della prova" non competendogli un controllo (riservato esclusivamente al giudice di merito) sul significato concreto di ciascun elemento probatorio.

L’unico apprezzamento consentito e sulla logicità della motivazione quale desumibile dal testo del provvedimento impugnato. E’ pertanto inattaccabile sul piano logico la motivazione in esame quando rammenta il ruolo decisivo svolto dal fatto di essere stato lo stesso imputato F.R. a condurre i CC. Presso la discarica. Ne e pertinente l’obiezione secondo cui la cosa costituirebbe, al massimo, dimostrazione di un’attività di stoccaggio perchè, a tal fine, sarebbe stato necessario anche fornire la prova (mancante) della finalità di reimpiego dei materiali "stoccati". 2.4 (quanto al quarto motivo). Il quanto motivo e inammissibile per la sua evidente, mera, assertività cui fa da contraltare l’ovvio rilievo che, la decisione impugnata ha giustamente confermato la confisca del terreno utilizzato come discarica "quale conseguenza della sentenza di condanna (D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 3)". 2.5 (quanto al quinto motivo). E infine, palesemente erroneo quanto asserito dai ricorrenti nel quinto motivo. Essendo il fatto e antecedente l’8.12.05 deve applicarsi la pregressa disciplina in tema di prescrizione con il risultato che il termine massimo di 4 anni e mezzo decorreva il 20.12.09, successivamente, quindi alla decisione impugnata.

Alla presente declaratoria di inammissibilità, seguono, per legge (art. 616 c.p.p.), la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, ciascuno, al versamento a favore della cassa delle Ammende, della somma di Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Visti gli artt. 615 e ss. c.p.p. dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, ciascuno, al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di Euro 1000.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *