Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 02-12-2010) 24-01-2011, n. 2307 Riparazione per errore giudiziario; Riparazione per ingiusta detenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Con ordinanza in data 8.1.2009 la Corte di Appello di Napoli, in accoglimento dell’istanza di riparazione per ingiusta detenzione avanzata da F.S., liquidata al medesimo la somma di Euro 28,677,56 di cui Euro 13.677,56 per i 58 giorni di detenzione carceraria, Euro 9.000,00 a ristoro delle conseguenze personali della detenzione ed Euro 6.000,00 per quelle familiari.

Avverso tale ordinanza ricorre per cassazione il difensore di fiducia di F.S. limitatamente alla quota della somma liquidata relativa alle conseguenze personali e a quelle familiari, deducendo la violazione dell’art. 315 c.p.p., comma 3, e art. 643 c.p.p., comma 1, e la manifesta illogicità e contradeittorietà della motivazione in ordine alla determinazione del quantum relativo alle predette voci.

Il Procuratore generale in sede, all’esito della requisitoria scritta, ha concluso per il rigetto del ricorso.

E’ stata depositata una memoria da parte dell’Avvocatura Generale dello Stato nell’interesse del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Altra memoria difensiva è stata presentata nell’interesse del ricorrente.

Il ricorso è infondato e dev’essere rigettato.

Nella quantificazione dell’equa riparazione per l’ingiusta detenzione deve utilizzarsi un metodo composito fondato su due criteri concorrenti: quello aritmetico, uguale per tutti, costituito dalla moltiplicazione del numero di giorni d’ingiusta detenzione subita per il quantum giornaliero (Euro 235,82) derivante dal rapporto tra il tetto massimo dell’indennizzo ex art. 315 c.p.p., e il termine massimo di custodia cautelare ex art. 303 c.p.p., comma 4, lett. c);

e quello equitativo, costituito dall’attribuzione di rilevanza, ai fini dell’aumento dell’importo derivante dal calcolo aritmetico, agli eventuali, ulteriori effetti pregiudizievoli, personali, familiari, professionali e sociali che siano scaturiti dalla detenzione ingiusta, col solo limite del tetto massimo ex art. 315 c.p.p., comma 2, (Cass. pen. Sez. Un. n. 24287/2001; Sez. 4^, 16.6.2006, n. 11950).

Inoltre, il giudice, nel liquidare con criterio equitativo il quantum dell’indennizzo dovuto, non è tenuto ad una analitica motivazione in riferimento ad ogni specifica voce di danno, essendo sufficiente che dia conto dei profili pregiudizievoli apprezzati e di tutte le circostanze che hanno condotto alla conclusiva determinazione equitativa dell’indennizzo; determinazione che si rende suscettibile di sindacato sulla motivazione solo sotto il profilo della intrinseca ragionevolezza del risultato cui è pervenuta (Cass. pen., Sez. 4^, 2.12.2005, n. 6282): infatti, la delicatezza della materia e le difficoltà per l’interessato di provare nel suo preciso ammontare la lesione patita ha indotto il legislatore a non prescrivere al giudice l’adozione di rigidi parametri valutativi, lasciandogli, al contrario, sia pure entro i confini della ragionevolezza e della coerenza, ampia libertà di apprezzamento delle circostanze del caso concreto.

Orbene, la liquidazione di Euro 9.000,00 per le conseguenze personali della detenzione e di Euro 6.000,00 per quelle familiari, risulta effettuata sulla base di una congrua motivazione che ha adeguatamente valutato i nocumenti patiti sul piano psicologico dall’istante e dai suoi familiari nonchè il discredito che ne derivò per il delitto di cui era stato accusato (corruzione) anche nei rapporti con i colleghi nonchè a causa della diffusione della vicenda tramite organi televisivi e di stampa, la compromissione della reputazione e la protrazione della sospensione dal servizio dalle funzioni di vice ispettore della Polizia di Stato e il trasferimento d’ufficio.

Nè si dimentichi che la somma liquidata ha natura meramente indennitaria e non risarcitoria (Cass. pen. Sez. 4^, 21.6.2005 n. 30317, Rv. 232025) e che comunque è stata liquidata una somma di gran lunga superiore a quella spettante per effetto del semplice criterio nummario.

Nè possono ritenersi a sufficienza provati peculiari patimenti che imponessero ex se un corrispondente e particolarmente elevato indennizzo, peraltro di indefinita consistenza.

Il ricorso dev’essere, pertanto, rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Devono intendersi integralmente compensate le spese tra le parti, attesi giusti motivi traibili dalle peculiarità della vicenda.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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