Cass. civ. Sez. II, Sent., 18-02-2011, n. 4008 Distanze legali tra costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto notificato il 24 giugno 2005, C.E. e B. C. ricorrono, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza n. 3894 della Corte di appello di Roma, depositata il 15 settembre 2004, che, in parziale accoglimento dell’appello proposto da L.F., P.C., P.R. e P.S., proprietari confinanti, li aveva condannati a demolire la struttura di copertura del terrazzo del proprio immobile, in quanto non conforme alla distanza legale indicata nel piano regolatore del comune di (OMISSIS), ed altresì confermato la pronuncia di primo grado contenente l’ordine di demolizione del corpo aggiunto di fabbrica posto nella parte nord del piano terra, statuendo altresì a loro carico il risarcimento del danno. In particolare, il giudice di secondo grado motivò la propria decisione affermando che la copertura del terrazzo costituiva una costruzione in senso proprio, dotata dei caratteri di stabilità e di solidità, come tale soggetta alla normativa in materia di distanze legale;

dichiarò poi inammissibile, in quanto avanzata per la prima volta in appello dopo che la parte era rimasta contumace in primo grado, l’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dalla convenuta B.C., per non essere la stessa comproprietaria dell’immobile, essendo coniugata con il C. in regime di separazione dei beni. Gli intimati L.F., P. C., P.R. e P.S. non si sono costituiti.

Motivi della decisione

Il primo motivo di ricorso denunzia "Falsa applicazione di norme di diritto", censurando al sentenza impugnata per avere dichiarato inammissibile per novità l’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dalla convenuta B. per la prima volta in sede di appello nonostante che l’eccezione stessa, trattandosi di questione rilevabile d’ufficio dal giudice, non rientrasse nel divieto stabilito dall’art. 345 cod. proc. civ. Il motivo è infondato.

Costituisce orientamento costante della giurisprudenza di questa Corte il principio che la sussistenza della legittimazione ad agire ed a contraddire alla domanda va riscontrata da parte del giudice esclusivamente alla stregua della fattispecie materiale e giuridica prospettata dall’azione, prescindendo, quindi, dalla effettiva titolarità del rapporto dedotto in causa; ne discende che, a differenza della legitimatio ad causam (il cui eventuale difetto è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio), intesa come il diritto potestativo di ottenere dal giudice, in base alla sola allegazione di parte, una decisione di merito, favorevole o sfavorevole, l’eccezione relativa alla concreta titolarità del rapporto dedotto in giudizio attiene al merito, sicchè essa non è rilevabile d’ufficio, ma rimane affidata alla disponibilità delle parti, le quali, per farla valere proficuamente, devono formularla tempestivamente (Cass. n. 11284 del 2010; Cass. n. 14468 del 2008;

Cass. n. 20819 del 2006). In applicazione di tale principio, la decisione della Corte romana, che ha ritenuto attinente al merito e quindi soggetta al divieto del ius novorum in appello l’eccezione sollevata dalla B. di non titolarità del fondo confinante, appare corretta, trattandosi di contestazione che investe la stessa titolarità del rapporto giuridico dedotto in giudizio, non risolvibile sulla base della mera prospettazione della domanda.

Il secondo motivo di ricorso, che denunzia "Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione", censura la decisione impugnata: a) per avere qualificato la copertura del terrazzo in questione come costruzione in contrasto con le risultanze della consulenza tecnica d’ufficio, che affermava che la struttura aveva i caratteri della provvisorietà; b) per avere ordinato la demolizione della copertura del terrazzo in assenza di prova certa del fatto che essa fosse stata eseguita in epoca successiva all’approvazione nel 1976 della nuova disciplina comunale che fissava la distanza minima dal confine in 10 metri; c) per non avere tenuto conto, nella valutazione e liquidazione del danno, della considerazione del consulente tecnico circa il generale degrado della zona a causa dell’abusivismo edilizio. Il mezzo è infondato.

La prima censura non può essere accolta in quanto, per giurisprudenza costante di questa Corte, ai fini dell’osservanza delle norme in materia di distanze legali stabilite dall’art. 873 cod. civ. o da norme regolamentari integrative, la nozione di "costruzione" comprende qualsiasi opera non completamente interrata avente i caratteri della solidità ed immobilizzazione rispetto al suolo (Cass. n. 22127 del 2009; Cass. n. 25837 del 2008). Il carattere della provvisorietà, elemento che, in difetto di ulteriori specificazioni, si risolve in una mera presunzione di carattere temporale, non incide pertanto sulla nozione di costruzione, la quale si caratterizza unicamente per le sue caratteristiche edificatorie.

La seconda censura è infondata avendo il giudice a qua congruamente motivato la statuizione relativa alla tettoia richiamando l’accertamento del consulente tecnico d’ufficio, secondo cui essa era stata edificata sicuramente dopo il 1976, vate a dire nel vigore del regolamento edilizio comunale in concreto applicato. La terza censura è invece inammissibile per genericità, limitandosi ad invocare soltanto una situazione di locale abusivismo edilizio, senza illustrarne le caratteristiche, la diffusione e l’epoca in cui sarebbe sorto, sicchè questa Corte, all’evidenza, non è in condizione di valutare, nemmeno in astratto, se tale situazione poteva essere nella specie influente nella valutazione del danno. Il ricorso va pertanto respinto.

Nulla si dispone sulle spese, non avendo le parti intimate svolto attività difensiva.

P.Q.M.

rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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