Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 01-12-2010) 24-01-2011, n. 2290

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 25.6.2007 il Tribunale di Arezzo in composizione monocratica affermava la colpevolezza di M.R. in ordine al (capo A) delitto di cui all’art. 624 c.p., art. 61 c.p., n. 7 e 11 (per essersi impossessata, abusando del suo ruolo di ragioniera ed addetta all’amministrazione della s.r.l. Maglificio Confezioni Katy, al fine di profitto, della tessera Bancomat e relativo codice segreto, appartenenti al titolare M.M.) e (capo B) del reato di cui agli artt. 81 e 12 D.L. 2 maggio 1991, n. 143 (ora D.Lgs. n. 231 del 2007, art. 55, comma 9: per aver effettuato 58 abusivi prelievi in contanti presso sportelli automatici bancario o postali e 10 operazioni di "pago-bancomat", con la tessera bancomat di cui al capo precedente, per un importo complessivo non inferiore, come ritenuto in sentenza, ad Euro 15.000,00), condannandola, con circostanze attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti, alla pena (condonata) di anni 2 di reclusione ed Euro 1.000,00 di multa oltre al risarcimento di danno in favore della costituita parte civile, alla quale veniva altresì assegnata una provvisionale immediatamente esecutiva.

La Corte di Appello di Firenze, con sentenza in data 26.10.2009, in parziale riforma della predetta pronuncia dei Tribunale aretino, escludeva l’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 7 contestata per il capo A) e (ritenuta la improcedibilità per difetto di querela del reato di furto aggravato ai sensi dell’art. 61 c.p., n. 11, come da sola motivazione) rideterminava la pena per il residuale reato di cui al capo B), in mesi 10 di reclusione ed Euro 500,00 di multa.

Avverso tale ultima sentenza ricorre per cassazione il difensore di fiducia di M.R. deducendo i seguenti motivi:

1. la violazione di legge in relazione agli artt. 79, 178 e 552 c.p.p. ribadendo l’eccezione di tardività della costituzione della parte civile formulata sia reiteratamente nel giudizio di primo grado sia con l’atto d’appello essendo la stessa avvenuta solo all’udienza del 3.5.2007 dopo che (in data 11.2.2007) era stato aperto il dibattimento, ammesse le prove e tenute già due udienze, a seguito dell’accoglimento, all’udienza del 16.3.2007 e sull’opposizione della difesa dell’imputato, della deduzione del difensore della p.o. Katy Confezioni s.r.l. che aveva chiesto che la stessa fosse rimessa in termini per la costituzione, assumendo che il decreto di citazione a giudizio era stato erroneamente notificato alla parte e non presso il difensore di fiducia come imposto dall’art. 33 disp. att. c.p.p.:

inoltre alla p.o. veniva concesso anche un rinvio per potersi costituire;

2. la violazione di legge in relazione agli artt. 539 e 540 c.p.p., avendo erroneamente il Tribunale e poi la Corte (che l’aveva condiviso) concesso la provvisionale provvisoriamente esecutiva, senza la specifica richiesta della parte civile che si era limitata a chiedere, in sede di conclusioni scritte, la provvisoria esecutorietà delle statuizioni civili;

3. il difetto di motivazione in relazione alle due suddette doglianze;

4. la violazione di legge in relazione all’art. 192 c.p. e art. 530 c.p., comma 2, art. 533 c.p.p., comma 1, attesa la progressiva duplice integrazione della denunzia-querela che inizialmente non riportava alcunchè in ordine alla sottrazione dall’abitazione di M.M. del bancomat (di pertinenza del figlio, N., e da questi mai utilizzata bensì riposta in un cassetto della camera da letto) che, unitamente ad ulteriori circostanze, avrebbero dovuto far propendere per l’assoluzione ai sensi del capoverso dell’art. 530 c.p.p..

Motivi della decisione

Il ricorso, che deve ritenersi diretto, ai sensi dell’art. 586 c.p.p., comma 1, anche avverso l’ordinanza dibattimentale del 16.3.2007 con la quale è stata rilevata la nullità relativamente alla difesa, assistenza e rappresentanza della p.o. e degli atti successivi ammettendone la costituzione di parte civile, è parzialmente fondato e merita accoglimento per quanto di ragione.

La prima censura concernente, assieme alla terza, l’eccezione di tardività della costituzione della parte civile, già formulata in appello dopo che invano la difesa dell’imputata vi si era opposta tempestivamente in primo grado, è fondata.

In effetti, la sostanziale restituzione in termini per la costituzione di parte civile (comunque esorbitante da ogni previsione normativa) è stata erroneamente concessa, essendo la notifica effettuata a mani della persona offesa, anzichè presso il difensore, pienamente valida in quanto idonea a garantire la conoscenza dell’atto.

Infatti, è stato affermato da questa Corte che "la notifica effettuata a mani della persona offesa, anzichè presso il difensore, è valida in quanto idonea a garantire la conoscenza dell’atto. Ciò in conformità alla "ratto" dell’art. 33 disp. att. c.p.p., il quale – disponendo che il domicilio della persona offesa dal reato che abbia nominato un difensore si intende eletto presso quest’ultimo – ha inteso soddisfare esigenze di speditezza e di economia processuale e non già creare un assetto di garanzie a tutela della persona offesa (che risulterebbe di più ampio spessore rispetto a quello delineato dal legislatore nei confronti dell’imputato) ed in conformità al principio generale elaborato dalla giurisprudenza, in materia di notifiche, in virtù del quale alla certezza legale è pariordinata la certezza storica" (Sez. 6, n. 1574 del 29.3.2000, Rv.

217132 ed altre successive conformi).

Consegue la palese irritualità dell’ammissione della costituzione della parte civile, ben oltre il termine di cui all’art. 79 c.p.p., comma 1, stabilito a pena di decadenza (comma 2) e, quindi, senza rimedio, al punto che ne è esclusa la possibilità perfino in caso di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale per mutamento del giudice (Sez. 5, n. 29233 del 18.2.2004, Rv. 228702).

Attesa la ritenuta tempestività della formulazione ad opera della difesa della relativa eccezione nel giudizio di primo grado, vanamente reiterata in appello, ne deriva l’illegittimità e nullità della detta costituzione di parte civile e delle conseguenti statuizioni civili che (a prescindere dalla fondatezza anche dell’ulteriore censura sub 2 della premessa) devono essere, pertanto, eliminate.

E’, invece, infondata l’ultima doglianza che si risolve in censura di puro fatto relativa alla valutazione del dato probatorio effettuato dal giudice di merito, pur essendo ammantata da una pretesa violazione di legge. Il giudizio di cassazione, invero, anche a seguito del nuovo testo dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), come modificato dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, con la ivi prevista possibilità per la Cassazione di apprezzare i vizi della motivazione anche attraverso gli "atti del processo", rimane pur sempre giudizio di legittimità e non si trasforma in un ennesimo giudizio di merito sul fatto. In questa prospettiva, non è tuttora consentito alla Corte di Cassazione di procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito: consegue che non possono essere insinuati in questa sede perplessità o dubbi probatori, ampiamente superati dai giudici di merito con congrua ed corretta motivazione, con la ricostruzione della vicenda che ha stimato la progressiva integrazione della denuncia-querela come graduale ricostruzione della vicenda riscontrata dalla deposizione di M.F., altro dipendente (assieme all’imputata) dell’ufficio commerciale da cui fu trafugata la tessera bancomat e relativo PIN, e dalle puntuali indagini svolte dal Mar.llo Ma.Fa. per individuare l’utilizzatore della tessera in questione.

Conclusivamente, la sentenza impugnata nonchè a quella di primo grado devono essere annullate senza rinvio limitatamente alle statuizioni civili che vanno, quindi, espunte, con rigetto del ricorso nel resto. Si deve, infine, provvedere, ai sensi degli artt. 130 e 547 c.p.p., trattandosi di omissione la cui eliminazione non comporta nullità di sorta, non implica alterazioni essenziali dell’atto ed emerge dal testo del provvedimento impugnato, alla rettifica del dispositivo della sentenza de qua con l’espressa menzione della declaratoria d’improcedibilità in ordine al reato sub A) per difetto di querela nei termini precisati nel qui sottostante dispositivo.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e quella di primo grado limitatamente alle statuizioni civili; statuizioni che elimina.

Rigetta nel resto il ricorso dell’imputata.

Corregge il dispositivo della sentenza impugnata con l’aggiunta dopo la frase "Euro 500,00 di multa" della frase: "dichiara non doversi procedere nei confronti dell’imputata in ordine al reato sub A) perchè l’azione penale non poteva essere iniziata per mancanza di querela".

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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