Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 01-12-2010) 24-01-2011, n. 2288

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 25.11.2009, la Corte di Appello di Firenze confermava quella in data 28.2.2008 del Tribunale di Lucca con la quale D.A. era stato dichiarato colpevole del reato di furto aggravato (dalla destrezza, commesso il (OMISSIS)) di un portafogli contenente Euro 10 in contanti, carta banco-posta e documenti vari, sottraendoli, dall’interno della borsa detenuta da C.D., e condannato, con la circostanza attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4 equivalente all’aggravante, alla pena di mesi otto di reclusione ed Euro 300,00 di multa.

A fondamento della condanna il Tribunale prima e la Corte poi, ponevano le dichiarazioni della persona offesa C.D., della teste B.L., collega della predetta, e del verbalizzante N.A., cosi ricostruendo i fatti: "Il (OMISSIS), verso le ore 11.00, la C. – addetta amministrativa presso una ditta – riceveva la visita di un corriere, il quale le diceva di dover depositare merce in magazzino e che, recatosi già lì, non vi aveva trovato nessuno; la donna allora si allontanava per qualche minuto, lasciando l’uomo da solo nella stanza. In quel frangente, entrava nello stesso ufficio la B., la quale notava il soggetto nelle immediate vicinanze di un attaccapanni, posto nella zona riservata al pubblico; su questo era appesa la borsa della C., che, in quel momento, "stava oscillando". Alla vista della B., l’uomo si allontanava dall’attaccapanni, passeggiando all’interno dell’ufficio. All’incirca verso le 12.00, la C. scopriva che qualcuno le aveva sottratto il portafogli dalla borsa; avvisava pertanto la collega, la quale le riferiva quanto aveva visto in ufficio in assenza della prima.

La persona offesa recuperava infine il bene sottrattole, ovviamente privo del danaro contenuto; si trattava peraltro di una somma molto modesta, nella misura di Euro dieci".

Avverso tale sentenza ricorre per Cassazione il difensore di fiducia di D.A., deducendo i seguenti motivi.

1. La manifesta illogicità della motivazione in relazione alla valutazione degli indizi come gravi, precisi e concordanti; assumendo che, dal momento che nessuno aveva visto alcuno impossessarsi del portafogli della C. sottraendolo con destrezza dalla di lei borsa, il Giudice a quo aveva ignorato talune circostanze (la borsa era appesa ad un attaccapanni nella zona riservata al pubblico, la B. non aveva avuto sospetti su alcuno, era decorsa un’ora circa tra il momento in cui il D. era stato visto all’interno dei locali della ditta e quello in cui la C. si era accorta della sottrazione, il D. ignorava, appena giunto nei locali dell’esistenza della borsa appesa all’attaccapanni) che rendevano gl’indizi tutt’altro che gravi, precisi e concordanti.

2. La manifesta illogicità della motivazione in relazione al bilanciamento della concessa circostanza attenuante di cui all’art. 62 c.p., comma 1, n. 4 e della contestata aggravante e della recidiva con criterio di mera equivalenza.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile essendo le censure aspecifiche o manifestamente infondate.

Invero, è innegabile la sostanziale aspecificità delle censure laddove si sono limitate a riproporre in questa sede pedissequamente le medesime doglianze rappresentate dinanzi alla Corte territoriale e da quel giudice disattese con motivazione ampia e congrua, immune da vizi ed assolutamente plausibile.

Infatti, nella giurisprudenza di legittimità è stato affermato il seguente principio di diritto: "è inammissibile il ricorso per Cassazione fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero, dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. e), all’inammissibilità" (Cass. pen. Sez. 4, 29.3.2000, n. 5191 Rv. 216473 e successive conformi, quale: Sez. 2, 15.5.2008 n. 19951, Rv. 240109). La Corte territoriale, invero, ha fornito adeguata risposta alle censure suddette, richiamando la motivazione della sentenza di primo grado e ribadendo tutti gl’indizi convergenti sulla persona del D. come unico possibile autore del furto. Ha osservato, nel valutare le deposizioni dei testi assunti come chiare, precise, logiche, non contraddittorie, quanto al profilo cronologico che, prima dell’arrivo dell’imputato, la C. aveva ricevuto altre tre – quattro persone, senza però mai allontanarsi dalla stanza; in tal modo, pertanto, aveva avuto sempre sotto controllo la propria borsa, appesa all’attaccapanni. Dopo la visita del D., invece, nessun altro cliente, o corriere, o fornitore di sorta, si era presentato in ufficio.

Di particolare rilievo, inoltre, le parole della B.: questa, entrata nell’ufficio proprio mentre la collega si era recata in magazzino, aveva notato il prevenuto accanto all’attaccapanni, e che la borsa lì appesa stava oscillando. Ed allora, atteso che in quel momento nella stanza non vi era nessun altro, questo particolare "moto" doveva ragionevolmente esser riferito proprio al D., cioè al contatto che questi aveva avuto con la borsa nel prelevarne il portafogli.

Di converso, le circostanze indicate dal ricorrente non sono affatto tali da scalfire o alterare in alcun modo il logico e corretto ragionamento seguito dai giudici di merito sulla scorta delle inequivocabili emergenze fattuali sopra riportate, trattandosi di circostanze oggettive ben note ai Giudici di merito che sono state indubbiamente tenute nel debito conto – senza certo giungere ad alterare il quadro probatorio – in sede di apprezzamento della gravità e concordanza degli elementi indiziar. Quanto al giudizio di bilanciamento di mera equivalenza tra la concessa circostanza attenuante e quella aggravante, non sussiste certo alcuna incongruenza tra l’affermata "non trascurabile gravità del fatto" che ha portato alla scelta del detto criterio e la "speciale tenuità" del danno patrimoniale arrecato alla persona offesa, che ha consentito il riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 62 c.p., comma 1, n. 4, dal momento che la gravità è riferita al fatto nel suo complesso (luogo in cui si trovava l’oggetto trafugato, modalità esecutive, qualità delle persone, etc.) mentre la speciale tenuità (deve essere, cioè, non solo tenue, ma di minima rilevanza economica) del danno "patrimoniale" è di natura oggettiva e specificatamente concerne, nei reati contro il patrimonio o che comunque lo offendono, il valore commerciale medio della Ves" al momento dell’illecita sottrazione.

Consegue l’inammissibilità del ricorso e, con essa, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che, alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si ritiene equo determinare in Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *