Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 22-12-2010) 25-01-2011, n. 2345

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza 15.9.2009 il giudice del tribunale di Napoli dichiarò C.S. e G.S. colpevoli del reato di cui al D.L. 6 novembre 2008, n. 172, art. 6, conv. nella L. 30 dicembre 2008, n. 210, per avere sversato i liquami provenienti dallo spurgo di un pozzo nero nelle acque prospicienti la Grotta Azzurra, e li condannò alla pena di anni 2 e mesi 8 di reclusione ciascuno, oltre al risarcimento del danno in favore delle parti civili.

Proposto appello, gli imputati rinunciarono a tutti i motivi escluso quello concernente la determinazione della pena.

La corte d’appello di Napoli, con la sentenza in epigrafe, negò le attenuanti generiche ma, in considerazione del comportamento processuale, ridusse la pena ad anni 2 di reclusione.

Il C. propone ricorso per cassazione deducendo contraddittorietà della motivazione in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche, derivante dal fatto che la corte d’appello dapprima, per escludere le attenuanti generiche, ha attribuito prevalenza alla gravità del fatto e subito dopo, per ridurre la pena, ha dato rilievo alla personalità del reo.

Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato in quanto non è dato scorgere alcuna contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione laddove ha negato la concessione delle attenuanti generiche, in considerazione della gravità del fatto (consistente nello scarico di rifiuti speciali in acque marine), del contesto temporale dell’azione (nel pieno della stagione estiva), del luogo di svolgimento (a pochi metri da una delle principali bellezze naturali, quali la Grotta azzurra), e del notevole danno cagionato, ed ha poi diminuito la pena inflitta dal giudice di primo grado, in considerazione del comportamento tenuto dall’imputato nel giudizio di appello.

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi.

In applicazione dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi che possano far ritenere non colpevole la causa di inammissibilità del ricorso, al pagamento in favore della cassa delle ammende di una somma, che, in considerazione delle ragioni di inammissibilità del ricorso stesso, si ritiene congruo fissare in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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