T.A.R. Puglia Lecce Sez. I, Sent., 19-01-2011, n. 91 Detenzione abusiva e omessa denuncia Porto abusivo di armi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con provvedimento 1° settembre 2009, prot. n. Cat. 6F/2009, nr. 39, la Questura di Lecce revocava la licenza e il libretto di porto di fucile per uso caccia intestati al ricorrente, sulla base della seguente motivazione: "vista la nota Cat. M1 del 12.5.2009 del Commissariato P.S. di Gallipoli con la quale si comunica che il predetto è stato denunciato per uccisione di animali altrui, porto abusivo di armi, accensioni ed esplosioni pericolose; Considerato che lo S., per la denuncia di cui innanzi, non dà affidamento di non abusare delle armi"; con il successivo provvedimento 21 ottobre 2009 prot. n. 0051533, la Prefettura di Lecce, per i medesimi fatti, disponeva il divieto, per lo S., di detenere armi munizioni e materiale esplodente ai sensi dell’art. 39 del T.U.L.P.S. 18 giugno 1931 n. 773.

Gli atti meglio specificati in epigrafe erano impugnati dal ricorrente per: 1) violazione, falsa ed erronea interpretazione ed applicazione degli artt. 10, 11 e 43 del TULPS, eccesso di potere per carenza e/o difetto di istruttoria, errore sui presupposti di diritto e di fatto; 2) violazione, falsa ed errata applicazione dell’art. 43 TULPS sotto altro profilo, eccesso di potere per erronea valutazione dei presupposti; 3) violazione, falsa ed erronea applicazione dell’art. 7 della l. 241 del 1990, eccesso di potere per erronea valutazione; 4) eccesso di potere per erronea valutazione dei presupposti in fatto, travisamento dei fatti, carenza assoluta di istruttoria, difetto di motivazione.

Si costituivano le Amministrazioni intimate, controdeducendo sul merito del ricorso.

Alla camera di consiglio del 13 gennaio 2010, la Sezione respingeva, con l’ordinanza n. 18, l’istanza di tutela cautelare proposta dal ricorrente, sulla base della seguente motivazione: "considerato che le modalità ed i tempi di uccisione del cane pitbull escludono che il ricorrente abbia agito in un contesto di esercizio di difesa della persona (e neppure di altri animali), sia di intervento a protezione immediata della sicurezza pubblica; Considerato che l’azione del ricorrente è stata tale da non dare certezza di non abuso dell’arma".

All’udienza del 15 dicembre 2010 il ricorso passava quindi in decisione.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e deve pertanto essere respinto.

In punto di fatto deve, infatti, rilevarsi come la reale ricostruzione dei fatti che hanno dato origine ai provvedimenti impugnati sia notevolmente diversa da quella prospettata da parte ricorrente, sulla base del verbale di assunzione di informazioni da persona a conoscenza di circostanze utili ex art. 391 ter c.p.p..

A base dei fatti è l’uccisione di un cane di razza pitbull di proprietà del Sig. Vincenzo Borrega avvenuta in data 2 aprile 2009, in Gallipoli, località Lido Pizzo ad indiscussa opera del ricorrente.

A questo proposito, la ricostruzione dei fatti proposta in ricorso appare tesa a riportare l’uccisione in discorso alla necessità di difendere l’incolumità fisica di un cane (un setter inglese) di proprietà dello S. e del ricorrente stesso dalla violenta ed incontenibile aggressione da parte del citato pitbull (si veda, a questo proposito, la dichiarazione del Sig. Claudio Caputo assunta dal difensore del ricorrente, ai sensi dell’art. 391ter c.p.p.).

Al contrario, la nota 12 maggio 2009 prot. 677 Catg. 1/09 All. 8 del Commissariato P.S. di Gallipoli contiene una versione dei fatti completamente differente; in particolare, i vicini di casa del Borrega dichiaravano che "verso le ore 19,00 di quella sera si era a loro presentato uno sconosciuto (poi individuato nello S.) sopraggiunto alla guida di una grossa autovettura nera, il quale asseriva che quel PITBULL aveva poco prima aggredito il suo cane di razza SETTER e che per questo meritava di morire. Impressionati dall’atteggiamento dello sconosciuto che nella circostanza non era armato, i vicini (trattasi di due ragazze minorenni…), entravano in casa e, appena richiusa la porta, udivano l’esplosione di un solo colpo di arma da fuoco".

In buona sostanza, pertanto, la ricostruzione dei fatti operata dalla Polizia giudiziaria, sulla base delle dichiarazioni dei vicini di casa del Borrega (soggetti che non appaiono titolari di alcun interese che possa sminuirne l’attendibilità), si pone radicalmente in contrasto con quella del ricorrente ed evidenzia un contesto in cui, al momento dell’uccisione del pitbull, era ormai cessata la situazione di pericolo per il cane di proprietà dello S. (che era stato addirittura già portato dal Veterinario) e per lo stesso ricorrente; si è trattato pertanto di un’uccisione che non può essere ritenuta scriminata in alcun modo dalle cause di giustificazione della legittima difesa o dello stato di necessità che contengono entrambe l’elemento costitutivo di uno stato di pericolo che, nella fattispecie, era indiscutibilmente cessato.

Con tutta evidenza, si è pertanto trattato di un comportamento caratterizzato da indubbia gravità e che rientra certamente in quella valutazione prognostica in ordine alla non affidabilità del soggetto titolare di autorizazione che è alla base degli istituti della revoca del porto d’armi e del divieto di detenzione: "con riferimento alla revoca della licenza di porto d’armi ex art. 11 del r.d. n. 773 cit., la giurisprudenza non richiede un oggettivo ed accertato abuso nell’uso delle armi, essendo sufficiente che il soggetto non dia affidamento di non abusarne e risultando, perciò, legittima – nonostante non ricorra alcuna delle ipotesi direttamente descritte dalla legge – la revoca dell’autorizzazione in base al motivato convincimento dell’Amministrazione circa la prevedibilità dell’abuso dell’autorizzazione" (Consiglio Stato, sez. VI, 4 giugno 2010, n. 3558; 6 aprile 2010, n. 1925; T.A.R. Trentino Alto Adige Trento, sez. I, 31 maggio 2010, n. 148).

In considerazione del carattere necessariamente preventivo e prognostico del giudizio posto a base dei provvedimenti di revoca del porto d’armi e di divieto di detenzione, la Sezione non può poi non condividere e fare proprio il tradizionale insegnamento giurisprudenziale in ordine alla non necessità di attendere la definizione del procedimento penale ed alla possibilità di disporre i provvedimenti amministrativi preventivi sulla base della ricostruzione dei fatti (come già rilevato, in questo caso, largamente attendibile) posta a base della denuncia penale (T.A.R. Calabria Reggio Calabria, 27 aprile 2004, n. 396; Consiglio Stato, sez. IV, 30 agosto 1996, n. 1112).

Il carattere di urgenza, connaturato ai provvedimenti in materia di possibile abuso nell’uso delle armi, porta poi a ritenere non necessario, in accordo con la giurisprudenza prevalente, l’invio della comunicazione di inizio procedimento: "il provvedimento di revoca del porto d’armi, in quanto rimedio finalizzato dall’art. 39, t.u. 18 giugno 1931 n. 773 a salvaguardare la collettività dal pericolo dell’uso delle armi da parte di un soggetto, che si ritiene capace di abusarne, ha di per sé il carattere dell’urgenza, per cui rientra fra gli atti per i quali l’art. 7, l. 7 agosto 1990 n. 241 consente di prescindere dalla previa comunicazione di avvio del procedimento" (T.A.R. Piemonte Torino, sez. II, 15 aprile 2010, n. 1922; 11 marzo 2008, n. 391; T.A.R. Puglia Bari, sez. II, 29 agosto 2005, n. 3616).

Il ricorso deve pertanto essere respinto; sussistono ragioni per procedere alla compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce – Sezione Prima

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge, come da motivazione.

Compensa le spese di giudizio tra le parti.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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