Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 02-12-2010) 25-01-2011, n. 2390

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con la sentenza della Corte di appello di Milano del 5 luglio 2002, confermativa della pregressa decisione del Tribunale di Milano del 7 novembre 2001, J.G. è stata condannata alla pena di anni 2 di reclusione ed Euro 206,58 di multa per il delitto di furto aggravato e tale condanna definitiva è entrata nel computo del provvedimento di esecuzione di pene concorrenti, emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale dei Minorenni di Trieste del 16 novembre 2009. 2. Avverso tale sentenza ha proposto richiesta il difensore dell’imputata chiedendo di essere rimessa in termini, ai sensi dell’art. 175 c.p.p., per poter proporre ricorso per Cassazione non avendo mai avuto contezza di tale procedimento svoltosi, peraltro, in contumacia dell’imputata.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile per tardività. 2. In diritto, l’art. 175 c.p.p., comma 2 bis prevede che la richiesta per restituzione in termini, nei confronti di una sentenza contumaciale, onde proporre impugnazione, debba essere presentata, a pena di decadenza, nel termine di trenta giorni da quello in cui l’imputato abbia avuto effettiva conoscenza del provvedimento da sottoporre all’impugnazione.

3. In fatto, questa volta, risulta che la ricorrente abbia avuto piena contezza della sentenza della Corte di appello di Milano del 5 luglio 2002 nel momento in cui le venne notificato il provvedimento di esecuzione di pene concorrenti, emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Trieste e scaturente proprio dalla esecutività, tra le altre, delle indicata sentenza della Corte territoriale lombarda.

La notifica del suindicato provvedimento di esecuzione è stata, infatti, effettuata a mani dell’imputata stessa dalla Compagnia dei Carabinieri di Este (PD) in data 1 aprile 2010, come ricavabile dalla copia del verbale di elezione di domicilio e nomina di difensore di fiducia, allegata all’odierno ricorso.

Al punto n. 6 del provvedimento di esecuzione delle pene si nota chiaramente l’indicazione della sentenza di cui si chiede la restituzione in termini ai fini dell’impugnazione.

Il deposito del presente ricorso il 3 maggio 2010, come ricavatale dal timbro del protocollo generale di questa Corte, appare pertanto avvenuto oltre trenta giorni dopo la conoscenza del provvedimento da impugnare.

4. Questa Corte, inoltre, pacificamente insegna come il concetto di "effettiva conoscenza" del provvedimento, per l’impugnazione del quale l’interessato richiede la restituzione nel termine, non può che intendersi nel senso di sicura consapevolezza della sua esistenza e precisa cognizione dei suoi estremi (autorità decidente, data, oggetto), collegata o alla comunicazione formale di un atto (come ad esempio la notificazione di un ordine di carcerazione) o allo svolgimento di un’attività procedimentale (come la richiesta di una copia) che consenta di individuare senza equivoci il momento in cui detta conoscenza si è verificata, determinando la conoscibilità del contenuto integrale del provvedimento da impugnare e la decorrenza del termine di trenta giorni per la proposizione dell’istanza di restituzione (v., da ultimo, Cass. Sez. 2, 22 gennaio 2010 n. 5443 e Sez. 1, 15 giugno 2010 n. 32984).

Tale necessità di certezza nell’individuazione del dies a quo – che verrebbe frustrata ove si dovesse avere riguardo al momento in cui l’interessato, secondo scansioni cronologiche modulate su esigenze proprie, abbia deciso di prendere cognizione del provvedimento emesso a suo carico – deriva direttamente dalla natura eccezionale dell’istituto, strettamente collegato alla decorrenza dei termini per impugnare e dunque necessariamente soggetto alla stessa logica, la quale pretende la individuazione certa di un momento di conoscenza dell’esistenza dell’atto, a prescindere dalla cognizione completa del suo contenuto e dei suoi eventuali vizi, nonchè la concessione di un termine perentorio per effettuare le relative verifiche e proporre le opportune doglianze.

L’aspirante alla restituzione del termine per impugnare che, rimasto contumace, non abbia avuto notizia del procedimento a suo carico e del provvedimento all’esito emesso, è dunque onerato della dimostrazione della tempestività della domanda rispetto al momento della effettiva conoscenza dell’atto (intesa nel senso più su delineato).

Deve quindi rappresentare al Giudice, con il corredo della relativa documentazione o l’indicazione dei diversi elementi dimostrativi, di avere rispettato il termine di cui all’art. 175 c.p.p., comma 2 bis, e, di questo, consentire così la verifica (v. Cass. Sez. 5, 31 marzo 2010 n. 19072).

5. Il che non è avvenuto nel caso di specie per cui il ricorso va, in conclusione, dichiarato inammissibile e la ricorrente condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 500,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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