Cass. pen. Sez. V, Ord., (ud. 01-12-2010) 25-01-2011, n. 2388

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale della libertà di Bologna, con ordinanza del 14 settembre 2010, ha confermato l’ordinanza del 30 agosto 2010 del GIP di Bologna con la quale era stata applicata la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di S.A. e S. M.C., indagati per i delitti di riduzione in schiavitù e induzione alla prostituzione in danno di F.P..

2. Avverso tale ordinanza hanno proposto ricorso per Cassazione entrambi gli imputati lamentando una motivazione illogica, incompleta e insufficiente nonchè una violazione di legge sia quanto alla sussistenza dei gravi indizi per l’applicazione della misura cautelare sia quanto l’esatta individuazione del reato di cui all’art. 600 c.p. ascritto agli imputati.

3. Sono stati, inoltre, presentati motivi aggiunti, ai sensi dell’art. 311 c.p.p., prima dell’udienza avanti la Corte.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è, all’evidenza, inammissibile.

2. Le doglianze dei ricorrenti tendono infatti a rendere accreditabile una diversa ricostruzione delle emergenze di causa sulla base di ipotesi le quali, a prescindere dal relativo grado di plausibilità, non possono essere devolute all’apprezzamento del Giudice di legittimità.

La Cassazione, infatti, non valuta i risultati delle prove nè persegue la ricostruzione più aderente ad essi ma è deputata unicamente a verificare che il ragionamento seguito dal Giudice di merito sia razionale e non soffra di vistose incertezze su elementi decisivi.

3. Tutto ciò premesso si osserva come l’inquadramento della fattispecie ascritta agli imputati sotto la rubrica dell’art. 600 c.p. (riduzione in schiavitù) è stata correttamente operata nell’impugnata ordinanza e rientra perfettamente nei parametri approntati nella materia dalla pacifica giurisprudenza di legittimità (v. oltre la giurisprudenza citata, da ultimo Cass. Sez. 5, 15 aprile 2010 n. 18072 e Sez. Ili 27 maggio 2010 n. 24269).

L’impugnata ordinanza ha, altresì, dato lungamente conto delle tesi defensionali degli imputati, con motivazione logica e correttamente espressa (v. da pagina 4 a pagina 7 del provvedimento impugnato).

4. Del pari la sussistenza delle esigenze cautelari è stata improntata non solo ai principi in genere applicabili alle misure personali (v. oltre la giurisprudenza citata, da ultimo Cass. Sez. 5, 17 aprile 2009 n. 21441) ma e stata, del pari, calibrata alla gravità dei fatti ascritti e alla personalità degl’imputati (v. da pagina 8 a pagina 10 dell’ordinanza).

5. Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile e i ricorrenti condannati ciascuno di essi al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 500,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Deve procedersi, altresì, alle comunicazioni di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p..

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 500,00 in favore della Cassa delle Ammende. Art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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