T.A.R. Sicilia Palermo Sez. II, Sent., 19-01-2011, n. 100 Lavoro subordinato; Stranieri

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Con ricorso notificato il 23 luglio 2010 e depositato il successivo giorno 27, il cittadino extracomunitario N.C. ha impugnato il decreto 6 maggio 2010, con il quale il Questore di Palermo ha respinto la domanda di rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato, già rilasciato per motivi familiari (istanza presentata il 19 settembre 2007).

Il ricorrente ha chiesto l’annullamento, previa sospensiva, dell’atto impugnato, deducendo i seguenti motivi:

1) Violazione degli artt. art. 3, 7 e 10 bis della legge n. 241/1990 – Eccesso di potere per difetto di motivazione, sviamento e violazione dei precetti di logica e imparzialità;

2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 4, comma 3, del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286 – Eccesso di potere per violazione di circolare e per omessa ponderazione dell’interesse pubblico;

3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma 5, del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286 – Eccesso di potere per illogicità manifesta e disparità di trattamento.

L’Avvocatura dello Stato, costituitasi per l’Amministrazione dell’Interno intimata, non ha prodotto scritti difensivi.

Con ordinanza n. 814 del 9 settembre 2010, è stata accolta la domanda incidentale di sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato.

Alla pubblica udienza dell’11 gennaio 2010, su conforme richiesta dei difensori delle parti, il ricorso è stato posto in decisione.

Il ricorso merita accoglimento.

Ed invero, va condivisa la censura dedotta con il secondo motivo d’impugnazione (violazione e falsa applicazione dell’art. 4, comma 3, del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286 – eccesso di potere per violazione della Circolare n. 300/C/2003/1851/P/12.222 del 9 settembre 2003 e per omessa ponderazione dell’interesse pubblico).

Il Collegio, infatti, non ha motivo per discostarsi da quanto statuito da questa Sezione in fattispecie analoga alla presente con sentenza n. 756 del 8 marzo 2007, nella quale si è affermato che da una sentenza di condanna rislanete nel tempo non possono farsi discendere automaticamente effetti ostativi al rilascio del permesso di soggiorno.

In particolare, deve ritenersi che le sentenze di condanna a carico di un extracomunitario divenute irrevocabili prima dell’entrata in vigore della l. 30 luglio 2002, n. 189 non obbligano automaticamente l’Autorità di polizia alla revoca del permesso di soggiorno in possesso del destinatario o al suo diniego alla scadenza, ma costituiscono solo un elemento della valutazione complessiva, da effettuarsi ai sensi dell’art. 5 comma 5, D.lgs. n. 286 del 1998, che spetta al Questore e che deve estendersi, come del resto affermato nella predetta Circolare del Ministero dell’Interno, all’esame della condotta complessiva del soggetto, del suo inserimento sociale e della sua condizione familiare nel nostro paese, da esternarsi, in quanto discrezionale, con apposita motivazione (cfr., altresì, T.A.R. Friuli Venezia Giulia Trieste, 11 gennaio 2006, n. 2; Cons. Stato, sez. VI, 10 ottobre 2009, n. 6383, secondo cui "L’affermazione costituisce applicazione del più generale principio, insito nell’irretroattività della legge penale, della certezza delle conseguenze dei comportamenti individuali, che verrebbe vulnerato dalla sopravvenuta rilevanza negativa automatica di una condotta che, all’epoca della sua commissione, non determinava ex se l’impossibilità di conseguire il rinnovo del permesso di soggiorno, anche se costituiva elemento concorrente di valutazione dell’opportunità di concederlo".

Parimenti fondato è il terzo motivo di gravame (violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma 5, del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286 – eccesso di potere per illogicità manifesta e disparità di trattamento), no avendo l’Amministrazione tenuto conto della sopravvenuta posizione lavorativa dell’interessato.

Dispone, invero, il citato art. 5, comma 5, che " il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 22, comma 9, e sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio".

Come ha recentemente ribadito questa Sezione (v. sentenze 13 marzo 2007 n. 787, 5 febbraio 2010 nn. 1553 e 1580), la disposizione è pacificamente interpretata nel senso che essa impone all’Amministrazione di prendere in considerazione tutte quelle circostanze sopravvenute, sino al momento di adozione del provvedimento, che possano influire sul rilascio di un titolo di soggiorno, impedendo, al ricorrere di esse, l’emissione di provvedimenti di revoca (cfr., altresì, Cons. Stato, sez. VI, 29 ottobre 2008, n. 5424, 10 febbraio 2010, n. 683; T.A.R. Sicilia, sez. III, 21 aprile 2008 n. 488, 4 giugno 2008 n. 739; T.A.R. Lombardia – Milano, sez. III, 15 maggio 2009, n. 3746).

Deve, inoltre, ritenersi che la valutazione della sussistenza dei requisiti per il rinnovo debba essere riferita non tanto al momento in cui viene presentata la domanda di rinnovo del permesso di soggiorno, ma al momento in cui l’Autorità Amministrativa è chiamata a pronunciarsi. In altri termini occorre far riferimento non alla situazione pregressa dello straniero, ma alle sue condizioni attuali (Cass. Civ., Sez. I, 3 febbraio 2006, n. 2417; T.A.R. Sicilia, sez. II, 17 dicembre 2009, n. 2027).

Discende da quanto appena detto che l’Autorità di Polizia procedente avrebbe dovuto, in ogni caso, tenere conto della situazione attuale del cittadino extracomunitario ricorrente, per valutare la sussistenza di situazioni nuove e diverse rispetto a quelle pregresse, che avrebbero consentito una favorevole delibazione dell’istanza del predetto. Nella specie, il ricorrente ha comprovato in giudizio di avere lavorato nel corso degli anni con il versamento dei relativi contributi e di essersi inserito nel tessuto sociale (e tale prova avrebbe potuto fornire all’Amministrazione se fosse stato instaurato un valido contraddittorio).

Per le suesposte considerazioni e assorbito quant’altro, il ricorso va accolto, con compensazione, tuttavia, delle spese di giudizio, ricorrendo giusti motivi connessi alla particolare natura della controversia e considerato l’avvenuto accoglimento della domanda cautelare.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione seconda, accoglie il ricorso in epigrafe indicato (n. 1355/2010) e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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