Cass. civ. Sez. III, Sent., 21-02-2011, n. 4212 Nullità

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Svolgimento del processo

Con sentenza n. 1283, notificata il 5 gennaio 2006, la Corte di appello di Firenze – confermando sul punto la sentenza emessa in primo grado dal Tribunale di Siena – ha accolto l’azione revocatoria proposta da N.B. contro N.P. e Pa.

(acquirenti) e contro C.G. e R.P. (venditrici), avente ad oggetto la compravendita di una palazzina e di un appezzamento di terreno.

Va premesso che N.P. e Pa. hanno acquistato gli immobili non direttamente dal soggetto di cui l’attore si afferma creditore, B.M., ma da coloro ai quali il debitore li aveva inizialmente trasferiti: in particolare, hanno acquistato la palazzina (con rogito 6 giugno 1986) dalla C. (legata al B. da matrimonio religioso) ed il terreno (con rogito 30 luglio 1986) dalla R. (futura nuora del B.), alla quale questi l’aveva trasferita con atto 26 febbraio 1986.

Il Tribunale di Siena ha dichiarato nulli per simulazione assoluta gli atti di vendita dal B. alla C. ed alla R., ed inefficaci ai sensi dell’art. 2901 cod. civ., gli acquisti degli odierni ricorrenti.

La Corte di appello ha confermato sul punto la decisione di primo grado, che aveva oggetto molto più ampio, essendo stata la causa riunita ad altra, promossa da altro creditore del B..

P. e Ne.Pa. propongono nove motivi di ricorso per cassazione.

Resiste N.B. con controricorso.

Gli altri intimati non hanno depositato difese.

Le parti costituite hanno depositato memoria.

Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione dell’art. 295 cod. proc. civ., sul rilievo che la Corte di appello non ha sospeso il giudizio, benchè siano pendenti ben due cause aventi ad oggetto l’accertamento dell’insussistenza del credito a cautela del quale il N.B. ha proposto azione revocatoria, il cui esito è da ritenere pregiudiziale.

Con il secondo motivo denunciano violazione dell’art. 1344 c.c., e segg., artt. 1422, 2901 e 2907 cod. civ., nonchè omessa motivazione su di un punto decisivo della controversia, per non avere la Corte di appello rilevato anche d’ufficio che l’asserito credito del N. B. aveva causa illecita, avendo egli stesso ammesso di avere incassato un assegno che gli era stato rilasciato in garanzia.

Con il terzo motivo lamentano violazione degli artt. 2697 e 2901 cod. civ., art. 480 cod. proc. civ., u.c., nella parte in cui la Corte di appello ha ritenuto sussistente la qualità di creditore del N. B., sull’erroneo rilievo che il B. ed i convenuti non avrebbero contestato la suddetta qualità. Per contro, essi avevano negato l’esistenza del credito, invitando l’attore a fornirne la prova: prova che era a suo carico, trattandosi di presupposto per la proponibilità dell’azione.

2.- I tre motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, perchè tutti attengono all’accertamento della qualità di creditore del N., non sono fondati.

In primo luogo la pendenza di un giudizio sull’esistenza del credito non è causa di sospensione necessaria del processo avente ad oggetto l’esercizio di azione revocatoria poichè non ne costituisce l’indispensabile antecedente logico-giuridico e non configura l’eventualità di un conflitto di giudicati (Cass. civ. S.U. 18 maggio 2004 n. 9440).

Ed invero, l’accoglimento della domanda conduce ad un accertamento di inopponibilità dell’atto dispositivo al creditore, accertamento che, per il carattere strumentale della revocatoria rispetto alla conservazione della garanzia patrimoniale, ha natura condizionale, nel senso che, qualora successivamente il creditore veda negata la sua qualità, gli effetti della revoca sostanzialmente si risolvono (cfr. Cass. civ. Sez. 3^, 14 settembre 2007 n. 19289).

In secondo luogo la Corte di appello ha ritenuto sufficientemente dimostrata dagli atti di causa la configurabilità nei confronti del N. di una posizione creditoria quanto meno eventuale o sottoposta a condizione, e ciò è sufficiente a legittimare il titolare all’esercizio dell’azione revocatoria (Cass. civ. Sez. 3^, 27 gennaio 2009 n. 1968).

Quanto poi all’efficacia probatoria delle circostanze dalle quali la Corte di appello ha dedotto il suo convincimento, trattasi di valutazione discrezionale che la sentenza impugnata ha congruamente e logicamente motivato e che non è suscettibile di riesame in questa sede di legittimità, considerato che il ricorso non dimostra illogicità od incongruenze dell’iter logico ed argomentativo che sta alla base della decisione, ma piuttosto indirizza le censure al merito della soluzione adottata.

Quanto all’eccezione di nullità del titolo da cui deriva il credito, su cui si lamenta l’omessa pronuncia, l’eccezione non risulta proposta nei gradi di merito e non può essere presa in esame in questa sede.

Pur essendo la nullità rilevabile di ufficio, occorre che siano tempestivamente dedotti in giudizio e dimostrati – e costituiscano oggetto di discussione in contraddittorio fra le parti – i presupposti di fatto su cui l’eccezione si fonda (nella specie, la natura del rapporto in forza del quale l’assegno è stato rilasciato, il contesto in cui è stato messo all’incasso, e così via) . Nulla di ciò risulta nel caso in esame.

3.- Con il quarto motivo i ricorrenti lamentano violazione di legge e vizi di motivazione nella parte in cui la Corte di appello ha ritenuto dimostrato il fatto che l’atto di disposizione revocato abbia arrecato pregiudizio ai creditori.

Assumono che era onere dell’attore in revocatoria fornire la prova dell’eventus damni, e che nella specie lo stesso creditore ha prodotto in giudizio un documento da cui risulta che il B. era titolare di un cospicuo patrimonio e di beni immobili per oltre un L. miliardo. La Corte di appello avrebbe disatteso l’efficacia di tale dichiarazione confessoria sulla base di altra documentazione non significativa.

3.1.- Il motivo non è fondato.

La Corte di appello ha correttamente rilevato che l’eventus damni può consistere anche nella sola variazione qualitativa del patrimonio del creditore, qualora essa renda più difficoltosa la realizzazione del credito, e che ciò indubbiamente vale con riferimento al trasferimento di beni immobili, soprattutto se trattasi di beni di un certo rilievo economico, quali un’intera palazzina con appezzamento di terreno.

La Corte di appello ha soggiunto che gli altri beni di proprietà del B. erano anch’essi sottoposti ad esecuzione forzata e che lo stesso B. aveva dichiarato – in sede di interrogatorio formale – che al momento della conclusione dei contratti si trovava in situazione di dissesto economico.

Trattasi di motivazione sufficiente a giustificare la decisione.

Anche a prescindere dalla considerazione che – qualora il pregiudizio per i creditori sia implicito nella stessa natura dell’atto di trasferimento, come nel caso di specie – è onere del convenuto in revocatoria, e non dell’attore, dimostrare che il rimanente patrimonio del debitore sarebbe stato sufficiente a soddisfare il credito.

4.- Con il quinto, il sesto, il settimo e l’ottavo motivo – che possono essere congiuntamente esaminati – i ricorrenti lamentano violazione di legge e vizi di motivazione, nelle parti in cui la sentenza impugnata ha ritenuto dimostrata la mala fede degli acquirenti. Denunciano violazione dell’art. 1147 cod. civ., per cui la buona fede deve essere presunta, ed assumono che la Corte di appello ha omesso di considerare che Pa. e N.P. non hanno acquistato dal diretto debitore, ma da soggetti terzi, e che hanno acquistato nell’estate 1996, cioè in data anteriore al sorgere del credito.

La circostanza che il difensore degli acquirenti N., avv. Vitaletti, abbia prestato la sua collaborazione alla venditrice R.P., all’atto della riscossione degli assegni versati in pagamento del prezzo, con destinazione del denaro al pagamento dei debiti scaduti del B., non sarebbe significativa, nè idonea a dimostrare la dolosa preordinazione dell’atto a frodare i creditori.

La Corte di appello avrebbe poi disatteso il principio per cui non sono revocabili gli atti il cui corrispettivo sia stato utilizzato per il pagamento di debiti scaduti.

5.- I motivi non sono fondati.

Essi mettono in discussione gli accertamenti in fatto e le valutazioni di merito della Corte di appello circa la sussistenza dei presupposti per l’accoglimento dell’azione revocatoria, anche qui sulla base di considerazioni di merito, che manifestano il dissenso dalla soluzione adottata, ma che non dimostrano vizi logici o giuridici, o comunque insufficienza ed incongruenze, della motivazione.

La sentenza impugnata ha analiticamente esposto le circostanze dalle quali ha tratto il convincimento che i terzi acquirenti fossero a conoscenza sia del credito del N.B., sia del carattere pregiudizievole per i creditori del loro acquisto, e che siano stati consapevoli e partecipi degli espedienti posti in essere dal loro difensore per porre gli atti di trasferimento al riparo dalle azioni revocatorie.

Ha rilevato che gli stessi acquirenti hanno provveduto al pagamento del mutuo gravante sugli immobili, sebbene il relativo obbligo fosse stato assunto dalla venditrice, senza poi esercitare il diritto di rivalsa; che l’acquisto degli immobili è avvenuto allo stesso prezzo che le venditrici avevano in precedenza pagato; che lo stesso avvocato che li ha assistiti nell’acquisto ha poi collaborato con le venditrici, provvedendo a cambiare gli assegni versati in pagamento del prezzo ed a riversare il denaro contante su cinque libretti di risparmio al portatore, che sono stati successivamente estinti da persona sconosciuta e comunque non identificabile con le parti venditrici.

La convinzione della Corte di appello che gli acquirenti abbiano così consapevolmente partecipato al disegno di non fare apparire chi fosse il destinatario definitivo del denaro risulta così congruamente motivata.

Nè i ricorrenti hanno offerto argomenti, o richiamato documentazione, idonei a fornire una spiegazione dei suddetti comportamenti, o comunque atta a dimostrare che il prezzo è stato da loro effettivamente pagato.

6.- Il nono motivo, che censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha posto a carico dei ricorrenti tutte le spese processuali, non è fondato, essendo essi risultati completamente soccombenti.

7.- Il ricorso deve essere rigettato.

8.- Le spese del presente giudizio, liquidate nel dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali in favore del resistente costituito, liquidate complessivamente in Euro 5.200,00. di cui Euro 200,00 per esborsi ed e Euro 5.000,00 per onorari; oltre al rimborso delle spese generali ed agli accessori previdenziali e fiscali di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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