Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 25-11-2010) 25-01-2011, n. 2380

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 26/3/2010 il Giudice monocratico presso il Tribunale di Modena, convalidava l’arresto nei confronti di M. I., eseguito dai CC. Nella quasi flagranza del reato di furto aggravato, fatto avvenuto in data (OMISSIS).

Nel provvedimento il Giudice rilevava che i CC. avevano notato l’auto nella quale poi avevano individuato l’imputato e la moglie, mentre si era allontanata da un cantiere.

A bordo della vettura erano stati trovati quattro rotoli di rame, che l’imputato aveva ammesso di aver sottratto dal cantiere.

Il giudice aveva evidenziato altresì che sussisteva la violenza sulle cose, essendo stato tranciato il cavo di rame dalla gru dove era installato.

Avverso tale provvedimento proponeva ricorso per Cassazione il difensore, deducendo la violazione dell’art. 391 c.p.p. ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lettere b) c) ed e).

A riguardo evidenziava che il predetto imputato era stato tratto in arresto per fatto ontologicamente diverso da quello per il quale era stato poi rinviato a giudizio e condannato, previa modifica dell’imputazione.

Rilevava sul punto che dalla relazione fatta dall’agente che aveva eseguito l’arresto e dagli atti del procedimento era emerso che nessuna effrazione del cancello di ingresso del cantiere era stata realizzata, e che la parte lesa aveva precisato che l’imputato era entrato utilizzando le chiavi del cancello delle quali conosceva la collocazione.

A seguito di rilievi difensivi il Giudice aveva modificato quindi la rubrica, contestando l’aggravante di cui all’art. 625 c.p., n. 2, dovuta al fatto che uno dei rotoli di rame era stato tranciato dalla gru.

In base a tali elementi la difesa sosteneva che il fatto era del tutto diverso da quello inizialmente contestato.

Riteneva dunque errata la convalida avvenuta secondo quanto richiesto dal PM. D’altra parte evidenziava che lo stesso giudice non aveva possibilità, in sede di giudizio di convalida dell’arresto, di modificare la rubrica. Infine assimilava, nel vizio di correlazione, il principio di cui all’art. 521 c.p.p. previsto per la sentenza, al vizio della convalida dell’arresto, che non riteneva sanata.

Per tali motivi il ricorrente chiedeva l’annullamento della convalida di cui si tratta.

– Il PG. in Sede chiede con requisitoria in atti dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.

Motivi della decisione

Il ricorso deve ritenersi manifestamente infondato.

Il provvedimento di convalida attiene unicamente alla esistenza delle condizioni che legittimano l’arresto in flagranza, e non resta inficiato da una successiva modifica della rubricarne si verifichi in sede dibattimentale. v. Cass. Sez. 6, 15 maggio 1997, n. 631-PM in proc. Messi A. rv.208121 – ove si enuncia il principio per cui "Nel richiedere la convalida dell’arresto il P.M. non è tenuto nè a formulare l’imputazione, nè a motivare in ordine alle ragioni su cui la richiesta si fonda, essendo la convalida esclusivamente strumento di verifica della regolarità della condotta della Polizia giudiziaria.

La formulazione dell’incolpazione e la motivazione sono invece indispensabili per l’ulteriore richiesta di emissione di misura cautelare" art. 390 c.p.p..

Peraltro deve rilevarsi che secondo giurisprudenza di questa Corte relativa all’art. 391 c.p.p.. "In tema di convalida dell’arresto,il giudice deve pronunciarsi sulla sussistenza dei presupposti che hanno giustificato il provvedimento restrittivo indipendentemente dalle diverse conclusioni prese dal rappresentante del PM in udienza."(v.

Cass. Sez. 5 – sentenza n. 2542 del 5-6-2000, RV 216363.

Nel caso di cui si tratta ,peraltro,il "fatto"dedotto in giudizio,non era diverso, bensì trattasi di una modalità della condotta rilevata in concreto dal giudice procedente, idonea a modificare la originaria ipotesi di reato, senza smentirne l’oggettività.

Conseguentemente le censure articolate dalla difesa si rivelano fondate su presupposti evidentemente smentiti dalla risultanze richiamate dallo stesso ricorrente e contrastanti con il legittimo esercizio del potere di convalida dell’arresto nel provvedimento impugnacene si pone in sintonia con i canoni giurisprudenziali di legittimità.

Ogni ulteriore deduzione-quale la pretesa assimilazione dell’ipotesi di cui si tratta al principio di correlazione tra accusa e sentenza,resta superata dai precedenti rilievi.

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, ed il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma che si ritiene di determinare in Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *