T.A.R. Campania Napoli Sez. V, Sent., 20-01-2011, n. 394 Misure di prevenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Preliminarmente rileva il Collegio che sussistono i presupposti per l’emanazione di una sentenza in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 del D.L. vo 2 luglio 2010, n. 104, in quanto il contraddittorio è integro, non si ravvisano ragioni per accertamenti istruttori ed i difensori presenti alla Camera di Consiglio del 13 gennaio 2011 sono stati interpellati in proposito e non hanno opposto alcuna obiezione; tanto perché il ricorso è manifestamente fondato.

Ciò premesso attraverso tale mezzo M.A., ha impugnato, chiedendone l’annullamento, l’ordinanza in epigrafe indicata, con la quale il Questore della Provincia di Napoli, visti gli artt. 1 e 2 L. 27.12.1956, n. 1423, come modificati dagli artt. 2 e 3 Legge 3.8.1988, n. 27, aveva disposto il rimpatrio con foglio di via obbligatorio del M. dal Comune di San Giuseppe Vesuviano, per un periodo di tre anni, con divieto di farvi ritorno senza la preventiva autorizzazione del Questore.

La citata decisione questorile consegue ad un’attività di controllo effettuata da personale dipendente della Questura di Napoli, tesa alla prevenzione dei reati contro il patrimonio e la persona, nei pressi della Banca Popolare Vesuviana "ove si registrano numerose rapine a clienti che escono dalla citata Banca", in occasione della quale avevano proceduto al "fermo e controllo di un veicolo targato AN438OG condotto dal medesimo M.A., ove poco prima era stato fermato e controllato un suo amico S.G., pregiudicato, gli stessi all’atto del controllo, e gli stessi, all’atto del controllo non davano alcuna giustificazione valida in ordine alla loro presenza in quel centro".

Sul punto il parte ricorrente asserisce di avere vanamente rappresentato nelle controdeduzioni ex art. 10 L. n. 241/1990, conseguenti alla comunicazione di avvio del procedimento che la sua presenza nel Comune di San Giuseppe Vesuviano non era dovuta a intenti delinquenziali, ma era giustificata unicamente dall’esigenza di incontrare il fidanzato della figlia, ormai prossima alle nozze, nell’abitazione, in corso di ristrutturazione, ove i due giovani sarebbero andati a vivere, facendo così perdere ogni rilevo all’ulteriore circostanza addotta di non svolgere in quel centro alcuna attività lavorativa lecita.

A sostegno del gravame l’interessato ha, quindi, dedotto in un’unica censura profili di violazione di legge (artt. 1 e 2 L. n. 1423/1956 e ss.mm.) e di eccesso di potere (assoluta carenza dei presupposti, vizio di motivazione e difetto di istruttoria).

Il ricorso è fondato e merita, come tale, di essere accolto.

Deve premettersi in punto di diritto che, ai fini dell’adozione del foglio di via obbligatorio nei confronti di chi si trovi fuori dei luoghi di residenza, il Questore deve accertare la sussistenza di due presupposti necessariamente concorrenti, e cioè: che si tratti di un soggetto inquadrabile – sulla base di elementi di fatto – in una delle categorie previste dall’art. 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (individui da ritenersi abitualmente dediti a traffici delittuosi; individui la cui condotta e tenore di vita inducano a ritenere che vivano abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose; individui da ritenersi, per il loro comportamento, dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica) e che lo stesso soggetto risulti pericoloso per la sicurezza pubblica ex art. 2 l. cit.("Qualora le persone indicate nell’articolo precedente siano pericolose per la sicurezza pubblica e si trovino fuori dei luoghi di residenza, il Questore può rimandarvele con provvedimento motivato e con foglio di via obbligatorio, inibendo loro di ritornare, senza preventiva autorizzazione ovvero per un periodo non superiore a tre anni, nel Comune dal quale sono allontanate"; in tema cfr., ex multis, T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, n. 3239/2004; T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. I, n. 2684/2003).

Ne discende di conseguenza, che il provvedimento di rimpatrio emesso dal Questore deve fare riferimento agli elementi di fatto sui quali si basa il giudizio di appartenenza dell’interessato ad una delle categorie indicate nell’art. 1 della legge n. 1423 del 1956 ed indicare le ragioni che inducono a ritenerlo socialmente pericoloso, non essendovi coincidenza tra la appartenenza ad una delle categorie di cui al predetto art. 1 legge cit. e la pericolosità per la sicurezza pubblica ex art. 2 stessa legge (cfr. T.A.R. Campania, Sez. V, 27.4.2006, n. 7278).

In particolare, il rimpatrio con foglio di via obbligatorio – costituendo una misura di polizia diretta a prevenire reati, piuttosto che a reprimerli – presuppone pursempre un giudizio di pericolosità per la sicurezza pubblica il quale, pur non richiedendo prove compiute della commissione di reati, considerata la sua incidenza sull’habeas corpus, e sulle libertà fondamentale dell’uomo, deve necessariamente essere fondato su un rigoroso accertamento dei concreti comportamenti attuali dell’interessato, ossia su episodi di vita che, secondo il prudente apprezzamento dell’Autorità di Polizia, rivelino oggettivamente un’apprezzabile probabilità che il soggetto, rientrante in una delle categorie previste dall’art. 1 della legge n. 1423 del 1956, possa commettere reati.

Orbene, facendo applicazione dei surriferiti principi giurisprudenziali, nel caso in esame l’impugnato provvedimento non corrispondente al su indicato parametro e criterio di legittimità sotto i dedotti profili di difetto di motivazione e di carenza di istruttoria, in relazione ad entrambi i requisiti di legittimità individuati negli artt. 1 e 2 della citata legge n. 1423/1956.

In particolare, con riguardo alla previsione di cui al citato art. 1, il M. non è riconducibile ad alcuna delle categorie di cui all’art. 1, limitandosi, sul punto, l’Autorità di P.S. ad asserire che:"al C.E.D. il predetto annovera pregiudizi penali per: reati contro la persona, assicurazione obbligatoria, inosservanza provvedimenti dell’autorità, furto e falsi in genere".

Tuttavia nell’individuare tale elementi di controindicazioni non si è tenuto conto che trattasi di tre precedenti assai datati nel tempo, risalendo all’epoca in cui il ricorrente aveva un’età compresa tra i diciotto ed i ventidue anni e dei quali il più recente risale a ben trentasei anni or sono ("radunata sediziosa", commessa in data 24.8.1970 e sanzionata con reclusione per mesi 2 e giorni 20; "furto continuato in concorso " e "falsità in titolo di credito continuato in concorso", commessi in data 78.5.1972 e sanzionati con reclusione per anni 1 e mesi 6 e, rispettivamente, per mesi 7 poi oggetto di indulto per mesi 11 di reclusione; "minaccia continuata in concorso", commesso il 15.7.1974 e sanzionato con giorni 20 di reclusione), in ogni caso tali da non consentire di ritenerlo persona "abitualmente dedita a traffici delittuosi" ovvero che "viva abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose", mentre, allo stato – come da certificazione versata in atti – non risultano carichi pendenti.

Inoltre, in relazione all’ulteriore profilo di prognosi di pericolosità sociale contemplata ex art. 2 della L. n. 1423 del 1956, che giustifica, sul piano oggettivo, l’irrogazione della misura di prevenzione de qua, va rilevato che trattasi di una valutazione ampiamente discrezionale, che sfugge al sindacato di legittimità del Giudice Amministrativo se non sotto i profili dell’abnormità dell’iter logico, dell’incongruenza della motivazione e del travisamento della realtà fattuale (cfr., ex multis, T.A.R. Campania Napoli, Sez. IV, 358/2005; 616/2005; T.A.R. Marche, 204/2003; T.A.R. Puglia, Bari, Sez. II, 3265/2002; Consiglio di Stato, IV Sezione, 27 maggio 2002, n. 2931).

Al riguardo, nella fattispecie, può darsi ingresso al sindacato giurisdizionale sulla valutazione operata dall’Autorità di Pubblica Sicurezza, non essendosi dato "conto e dimostrazione della sua pericolosità per la sicurezza pubblica", sulla base di elementi di fatto connotati da concretezza ed attualità, non essendosi considerato che il M. non si trovava nel Comune di San Giuseppe Vesuviano nell’imminenza di delinquere, ma la sua presenza in quel Comune poteva trovare adeguata giustificazione dalla necessità di preparare le nozze di una delle figlie con un giovane di quel Comune; inoltre circostanze di non poco peso sono che il ricorrente è impiegato presso il Consorzio Unico di Bacino per le province di Napoli e Caserta, la moglie esercita un’impresa commerciale regolarmente iscritta al R.E.C. ed alla C.C.I.A.A. di Napoli ed, infine, le tre figlie sono una praticante avvocato e le altre due impegnate negli studi universitari.

Pertanto, nel mancato riscontro di significativi indici di pericolosità sociale, resta dimostrata l’insussistenza anche del secondo requisito oggettivo ex art. 2 L. n. n. 1423 del 1956, sopra individuato, costituito dalla pericolosità sociale del soggetto destinatario della misura di prevenzione, desunto da una valutazione complessiva della sua personalità tale da lasciar presumere che nel futuro possa reiterare condotte antisociali, requisito che deve essere necessariamente sussistente, ai fini della legittimità del foglio di via obbligatorio.

Per i suesposti motivi, il ricorso risulta fondato e, come tale, merita accoglimento, con conseguente annullamento dell’impugnata ordinanza questorile.

Sussistono giusti motivi per disporre la integrale compensazione delle spese giudiziali.

P.Q.M.

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA CAMPANIA, V^ Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’ordinanza del Questore della Provincia di Napoli del 19 giugno 2010.

Compensa tra le parti le spese processuali.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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