Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 18-11-2010) 25-01-2011, n. 2370 Falsità in foglio bianco

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il provvedimento impugnato veniva disposta archiviazione del procedimento penale a carico di ignoti per il reato di cui all’art. 486 c.p. in danno di G.F., commesso, secondo la querela da quest’ultimo presentata, allorchè la Banca Antonveneta di Castelfranco, abusando di disposizioni sottoscritte in bianco dal G., avrebbe effettuato movimentazioni in danno della s.r.l.

Solenergy spostando disponibilità finanziarie da un conto corrente garantito ad altro viceversa non garantito del quale si intendeva ridurre l’esposizione.

Il ricorrente lamenta carenza di motivazione del provvedimento e conseguente violazione del contraddicono, ai sensi degli artt. 409 e 410 cod. proc. pen., per la mancata fissazione dell’udienza camerale a seguito dell’opposizione al decreto.

Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato.

Nel provvedimento impugnato, pronunciato a seguito di opposizione proposta dal querelante G., si osservava che gli elementi di prova indicati dall’opponente quali oggetto di indagine suppletiva erano manifestamente irrilevanti a fronte dei dati acquisiti, segnatamente la querela e gli atti alla stessa allegati; che in particolare lo stesso G. dichiarava di aver rilasciato alla banca disposizioni in bianco per consentire la movimentazione del conto, tanto escludendo la necessità che le disposizioni stesse dovessero essere emesse alla presenza del querelante e, di conseguenza, la configurabilità del reato di cui all’art. 486 cod. pen., per il quale il procedimento era stato iscritto; che, quanto al diverso reato di cui all’art. 640 cod. pen. adombrato in via subordinata dal querelante, le doglianze dell’opponente non possono avere ad oggetto fattispecie di reato non ipotizzate dal pubblico ministero; e che comunque la sussistenza di raggiri era esclusa dall’essere il G. a conoscenza della possibilità di movimentazione dei conti e comunque consapevole già dal 2005, come pure esposto nella querela, della prassi dell’istituto di credito di versare somme sul conto non garantito e dell’essere per questa via consentito il mantenimento degli affidamenti.

Nel ricorso e nella memoria successivamente presentata dalla difesa del ricorrente, rammentata la natura degli atti di investigazione suppletiva richiesti in sede di opposizione, diretti ad accertare presso l’istituto di credito la presenza di disposizioni sottoscritte a garanzia di operazioni, a confrontare le operazioni intercorrenti fra i due conti interessati verificandone le giustificazioni anche con accertamento tecnico, ad acquisire una nota esplicativa della banca non trasmessa al pubblico ministero dalla polizia giudiziaria, ad accertare le ragioni della mancata escussione dei funzionari dell’istituto di credito ed a sentire gli indagati, il curatore fallimentare ed il consulente nel procedimento civile pendente, si rileva che la motivazione sull’ultroneità di dette investigazioni sarebbe apparente, risolvendosi nella mera affermazione di irrilevanza degli accertamenti; che questi ultimi non possono essere ritenuti superflui per il solo fatto che la parte offesa abbia tollerato una prassi scorretta, il che non rende quest’ultima lecita;

e che il giudicante avrebbe trascurato di individuare una condotta penalmente rilevante di artifici e raggiri nella richiesta dell’istituto di credito di rilasciare disposizioni in bianco con l’intesa, poi non rispettata, di riempire i documenti alla presenza del ricorrente.

Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la motivazione del provvedimento impugnato è completa ed esaustiva, vertendo la stessa su un argomento dirimente, rappresentato dal consapevole e non contestato rilascio, da parte del querelante, di disposizioni in bianco delle quali era prevedibile, per le conoscenze ammesse dallo stesso G., l’utilizzo da parte dell’istituto di credito per movimentazioni a copertura dei conti non garantiti. La conclusione che il giudicante traeva da questo elemento, nel senso dell’impossibilità di ravvisare nell’operazione le condotte criminose ipotizzate dal querelante, è assolutamente coerente laddove dette condotte sono caratterizzate dal carattere abusivo o fraudolento, escluso dalla cosciente adesione ad una determinata prassi a prescindere dalla regolarità o meno di quest’ultima.

Logicamente incompatibili con il predetto argomento sono le istanze che sottostavano alle richieste di approfondimento investigativo del ricorrente, dirette a conseguire risultati comunque inidonei a superare i rilievi del giudicante sull’irrilevanza penale dei fatti;

e tale incompatibilità logica, come più volte affermato da questa Corte (v. per tutte Sez. 4 del 24.10.2005, n. 1149, imp. Mirabilia, Rv. 233187), implica il rigetto delle deduzioni difensive ed attribuisce alla motivazione carattere di completezza.

Il provvedimento oggetto di ricorso veniva pertanto specificamente e congruamente motivato sull’infondatezza della notizia di reato, il che consentiva l’adozione de plano del provvedimento stesso (Sez. 5 del 21.4.2006, n. 16505, imp. De Bellis, Rv. 234453). Non sussistendo alcuna violazione del contraddittorio nella procedura che aveva esito nel provvedimento in esame, il ricorso avverso lo stesso deve ritenersi proposto in assenza dei requisiti previsti dall’art. 127 c.p.p., comma 5, richiamato in tema dall’art. 409 c.p.p., comma 6 (Sez. 4 dell’8.4.2008, n. 22297, imp. Pregadio, Rv. 239889), e ne deve di conseguenza essere dichiarata l’inammissibilità, seguendone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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