T.A.R. Emilia-Romagna Bologna Sez. I, Sent., 20-01-2011, n. 44 Detenzione abusiva e omessa denuncia Porto abusivo di armi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

1.Il ricorrente ha impugnato il provvedimento in epigrafe indicato di revoca della licenza di porto di fucile motivata con riferimento alla detenzione di sostanze stupefacenti, sia pure ad uso personale, deducendone l’illegittimità.

Si è costituita in giudizio, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura dello Stato che ha chiesto il rigetto del ricorso.

L’istanza cautelare è stata accolta con ordinanza 329 del 2001 e la causa è stata trattenuta in decisione all’odierna udienza.

2. Il ricorso è infondato

Dall’analisi dell’art. 39 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza, approvato con R.D. 1861931, n. 773 ("il Prefetto ha facoltà di vietare la detenzione delle armi, munizioni e materie esplodenti, denunciate ai termini dell’articolo precedente, alle persone ritenute capaci di abusarne"), posto a fondamento del divieto di detenzione d’armi decretato nei confronti del sig. P., emerge chiaramente che il potere riconosciuto in capo all’Autorità in siffatta materia è connotato da elevata discrezionalità, in considerazione delle finalità per cui lo stesso è attribuito. Il fine è, infatti, la tutela dell’ordine pubblico, non solo in caso di accertata lesione, ma anche in caso di pericolo di lesione, sicché, si tratta di un potere attribuito anche con fini di prevenzione della commissione di illeciti a tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, mirando a comprovare, pertanto, non già che non siano stati commessi reati ascrivibili al soggetto, bensì che questi garantisca, per la sua ordinaria condotta di vita, la sicura affidabilità circa il buon uso delle armi. Ne consegue che il divieto di detenzione di armi, munizioni, esplosivi non richiede un oggettivo ed accertato abuso nell’uso delle armi, essendo sufficiente che il soggetto non dia affidamento di non abusarne (Consiglio di Stato, sez. VI, 10 maggio 2006, n. 2576).Non è in sostanza richiesta nessuna particolare correlazione tra il tipo di comportamento assunto a riferimento per la formulazione del giudizio prognostico di inaffidabilità e la conseguente decretazione di divieto di detenzione delle armi. Non va dimenticato, peraltro, che nel nostro ordinamento non sono previste e tutelate posizione di diritto soggettivo in ordine alla detenzione e al porto di armi, costituendo, anzi, tali situazioni delle eccezioni al divieto di portare armi di cui all’art. 669 c.p. e all’art. 4, comma 1, L. 19.4.1975 n. 110. Nella sentenza n. 440 del 16.12.1993 la Corte Costituzionale ha avuto occasione di ribadire tale principio: "Il porto d’armi non costituisce un diritto assoluto, rappresentando invece eccezione al normale divieto di portare armi, e può divenire operante solo nei confronti di persone riguardo alle quali esiste perfetta e completa sicurezza circa il buon uso delle armi stesse in modo da scagionare dubbi e perplessità sotto il profilo dell’ordine pubblico e tranquilla convivenza della collettività, dovendo essere garantita anche l’intera e restante massa dei consociati sull’assenza di pregiudizi sulla loro incolumità".La normativa in materia richiede, dunque, che "la persona sia esente da mende e al di sopra di ogni sospetto o indizio negativo" e che in capo ad essa "esista la completa sicurezza circa il buon uso delle armi" (ex multis C.d.S., VI, 5 aprile 2007, n. 1528), atteso "il diritto del cittadino alla propria incolumità è certamente prevalente e prioritario rispetto a quello, del tutto eccezionale, di portare e detenere armi, sì che questo potrà essere soddisfatto soltanto nell’ipotesi in cui, riscontrando il possesso degli altri requisiti prescritti dalla legge, non sussista alcun pericolo che il soggetto possa abusare delle armi stesse" (Tar Piemonte, II, 4 novembre 2009, n. 2507) e che l’Autorità dispone del potere di "vietare la detenzione delle armi… ogni qualvolta si possa ragionevolmente ritenere che l’interessato sia parzialmente capace di abusarne" (Tar Piemonte, II, 17 dicembre 2009, n. 3588).Orbene, ciò precisato, non vi è dubbio che l’esistenza di tale pericolo vada desunta e prudentemente valutata in relazione ad ogni manifestazione comportamentale del soggetto. Nel caso di specie, il provvedimento per cui è causa è stato adottato sull’assunto che siano venuti meno in capo al signor P. i requisiti di affidabilità richiesti per la detenzione di armi, desunti dal comportamento tenuto dallo stesso (detenzione di sostanza stupefacente per uso personale). La condotta ascritta al ricorrente è stata ritenuta incompatibile con la detenzione di armi e tale valutazione non appare censurabile sotto il profilo amministrativo ed induce il Collegio a ritenere che il provvedimento gravato sia immune dalle censure sollevate, atteso che l’uso di sostanze stupefacenti, denotando in maniera univoca il concreto pericolo di abuso dell’arma, giustifica non solo il divieto di detenzione (in tal senso T.A.R. Piemonte Torino, sez. II, 29 aprile 2010, n. 2137; T.A.R. Sardegna Cagliari, sez. I, 26 marzo 2010, n. 394;Tar Lombardia, Milano, III, 29 maggio 2009, n. 3875), ma anche l’omissione della comunicazione di avvio del procedimento. Come tutti i provvedimenti in materia, essendo preordinato alla salvaguardia dell’incolumità delle persone, ha, infatti, di per sé il carattere dell’urgenza ed è caratterizzato da particolari esigenze di celerità, per il quale può essere anche omessa la comunicazione dell’avvio del procedimento, prevista dall’art. 7, legge 7 agosto 1990, n. 241, in quanto ispirato dall’esigenza ineludibile di privare quanto prima delle armi un soggetto ritenuto capace di non farne un uso corretto (in tal senso C.d.S., VI, 7 febbraio 2007, n. 509; C.d.S., VI, del 9 magio 2006, n. 2528; T.A.R. Piemonte Torino, sez. II, 29 aprile 2010, n. 2137; Tar Toscana, 3 aprile 2008, n. 494).

Parimenti non sussiste la violazione dedotta dell’articolo 75 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.

La norma prevede che colui che detenga sostanze stupefacenti in dosi inferiori a quelle fissate per la configurazione dell’illecito penale "è sottoposto, per un periodo non inferiore a un mese e non superiore a un anno,…, a una o più delle seguenti sanzioni amministrative" tra le quali figura ": b) sospensione della licenza di porto d’armi..". Infatti, l’applicazione di detta disposizione ha carattere automatico e natura sanzionatoria mentre la revoca del porto di fucile costituisce espressione di un potere generale la cui applicazione non è automatica ma frutto di una valutazione discrezionale dell’Amministrazione e, quindi, espressione di un potere del tutto compatibile con la citata sanzione di cui all’articolo 75 del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.

3.Per tali ragioni il ricorso va respinto.

4.Sussistono giustificate ragioni per la compensazione tra le parti delle spese di causa atteso il carattere non univoco della giurisprudenza sulla questione controversa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’ Emilia Romagna (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, respinge il ricorso in epigrafe indicato.

Spese compensate

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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