Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 09-11-2010) 25-01-2011, n. 2359 Aggravanti comuni danno rilevante

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 4/6/2010 il Giudice Monocratico del Tribunale di Treviso applicava – ai sensi dell’art. 444 c.p.p. su richiesta concorde delle Parti, nei confronti di R.A., imputato del reato di cui all’art. 624 c.p. e art. 625 c.p., n. 2, la pena di mesi sei di reclusione e multa di Euro 140,00 concedendo l’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6 ritenuta equivalente alle aggravanti ed alla recidiva.

Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, deducendo il difetto di motivazione in ordine alla sussistenza dei presupposti di cui all’art. 129 c.p.p..

A riguardo osservava che la motivazione sul punto si esauriva in una formula stereotipa, così da integrare la ipotesi della motivazione meramente apparente, non desumendosi dalla stessa l’iter logico seguito dal giudice nella valutazione della assenza delle condizioni per il proscioglimento immediato dell’imputato, e l’effettiva conoscenza del fascicolo del PM. A sostegno del gravame la difesa menzionava pronunzie della giurisprudenza di legittimità e concludeva chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata.

Il PG. in Sede chiedeva dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.

Motivi della decisione

La Corte rileva che i motivi di ricorso risultano inammissibili.

Invero, come stabilito dalla giurisprudenza di legittimità "Nel giudizio definito ex art. 444 c.p.p. è inammissibile per genericità l’impugnazione nella quale sia stata lamentata la mancata verifica o comunque l’omissione di motivazione in ordine alla sussistenza di cause di non punibilità, ove la censura non sia accompagnata dalla indicazione specifica delle ragioni che avrebbero dovuto imporre al Giudice l’assoluzione o il proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p." (v. Cass. 3^ Pen., 1-6-2000,n. 1693 – Petruzzelli R. – RV 216583.

Alla luce di tale principio devono ritenersi genericamente formulate, nella specie, le censure attinenti ai vizi della motivazione resa ai sensi dell’art. 444 c.p.p. nella impugnata sentenza, tenuto conto che, come rilevato dal PG. nella requisitoria, in tal caso "L’obbligo di motivazione deve ritenersi assolto con una sia pur sintetica indicazione dell’effettuata verifica e positiva valutazione dei termini dell’accordo intervenuto fra le parti" e peraltro l’adesione del prevenuto al patteggiamento "comporta una implicita ammissione del fatto che esime il giudice dal pieno accertamento della sua responsabilità, permettendogli invece il mero – accertamento negativo – di insussistenza di cause di non punibilità" (come evidenziato dalla Corte Costituzionale con la sentenza richiamata dal PG. n. 155 del 1996).

Per tali motivi va dichiarata l’inammissibilità del ricorso ed il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle Ammende, che si determina in Euro 1500,00 (millecinquecento).

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende (millecinquecento).

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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