T.A.R. Piemonte Torino Sez. II, Sent., 22-01-2011, n. 56 Stranieri

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ricorso depositato in data 5 luglio 2003, la signora I.J. ha chiesto a questo Tribunale Amministrativo Regionale l’annullamento, previa sospensione cautelare, del decreto in data 15 aprile 2003 – prot. n. 253/2003, con cui il Questore della Provincia di Torino ha rigettato l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per attesa occupazione da lei presentata.

Il diniego è sorretto dalla circostanza che la ricorrente, oltre ad essere priva di reddito sufficiente per poter permanere sul territorio nazionale, risulta gravata da un precedente provvedimento espulsivo.

La straniera ne contesta, tuttavia, la legittimità, deducendo la violazione di legge con riferimento agli artt. 5 e 6 L. 40/98 e s.m., l’eccesso di potere per mancanza dei presupposti, la mancata considerazione di circostanze essenziali e la contraddittorietà.

Il Ministero dell’Interno, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Torino, si è costituito in giudizio per resistere al ricorso, deducendone l’inammissibilità e l’infondatezza.

All’esito dell’udienza camerale del 26 maggio 2004 questa Sezione, con ordinanza n. 670/2004, ha respinto l’istanza cautelare contenuta nel ricorso.

La causa, a seguito della rituale presentazione dell’istanza di fissazione d’udienza presentata dalla ricorrente dopo il ricevimento dell’avviso di perenzione ultraquinquennale, è stata chiamata alla pubblica udienza del 15 dicembre 2010 e, quindi, trattenuta per la decisione.

Il ricorso è infondato e va respinto.

Il Collegio non ha motivo, infatti, per discostarsi dalle considerazioni già svolte in sede cautelare, atteso che, nonostante le argomentazioni difensive svolte dalla ricorrente, resta incontroversa la sussistenza a suo carico (sotto l’alias di "E.S."), alla data di adozione del provvedimento in questione, di un valido ed efficace decreto di espulsione dal territorio nazionale, emesso dal Prefetto di Torino in data 8/11/1999, che costituisce di per sé ragione sufficiente per negare il rinnovo del permesso di lavoro, non potendo lo straniero colpito da tale tipo di provvedimenti entrare e/o permanere nel territorio nazionale ed ottenere il rilascio del permesso di soggiorno.

Al riguardo occorre osservare, in punto di diritto, che l’articolo 5, comma 5 del Decreto Legislativo del 25 luglio 1998, n. 286 dispone che " il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato…"

Dalla richiamata normativa si evince, quindi, che il procedimento di rilascio del permesso di soggiorno è subordinato ad un duplice accertamento, in quanto bisogna verificare che sussistano i requisiti richiesti per il rilascio del titolo e, inoltre, tener conto di eventuali circostanze ostative all’ingresso e/o al soggiorno nel territorio dello Stato.

E tra queste ultime particolare rilievo assume la sussistenza di un provvedimento espulsivo a carico dell’istante.

La normativa vieta, infatti, allo straniero espulso di entrare nel territorio dello Stato, a meno che non abbia ottenuto una speciale autorizzazione o sia trascorso il periodo di divieto di ingresso, che, a norma dell’art. 13, comma 14, del citato decreto legislativo, opera per di dieci anni, salvo che nel decreto sia indicato un termine più breve, decorrente, ai sensi dell’articolo 19 del D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394, dalla data di esecuzione dell’espulsione, attestata dal timbro d’uscita dal territorio nazionale munito dell’indicazione del valico di frontiera e della data, ovvero da ogni altro documento comprovante l’assenza dello straniero dal territorio dello Stato.

Ciò indipendentemente dalle modalità dell’espulsione; sia che si tratti di espulsione con intimazione a lasciare il territorio dello Stato entro un dato termine, sia che si versi in ipotesi di espulsione con accompagnamento coattivo. La trasgressione del divieto è punita dall’articolo 13, comma 13, del decreto legislativo n. 286/1998, come modificato dalla legge 222/02.

Dal complesso delle disposizioni citate è, quindi, agevole evincere che l’espulsione è ontologicamente incompatibile con l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato, in quanto costituisce il "non requisito" di ammissione per antonomasia.

Non pare, dunque, possa dubitarsi che il decreto gravato, seppur con estrema sinteticità, dia sufficiente contezza delle ragioni poste alla base della sua adozione, avuto particolare riguardo al fatto che l’esistenza di un provvedimento di espulsione è elemento sufficiente per negare il permesso di soggiorno o il suo rinnovo.

Non risulta, peraltro, in alcun modo documentato che la ricorrente abbia fatto richiesta di speciale autorizzazione al rientro nel territorio dello Stato ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. 286/1998 e s.m.i. o che, come lasciato intendere nel ricorso, l’espulsione sia stata revocata.

Ne deriva che, anche in virtù di quanto evidenziato, nessuna violazione di legge o eccesso di potere pare possano addebitarsi all’Amministrazione.

In definitiva, il ricorso è infondato nei termini dianzi esposti e deve essere respinto.

Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come indicato nella parte dispositiva.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, Sezione II, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio a favore dell’Amministrazione resistente, che vengono liquidate nell’importo complessivo di Euro 1.000,00 (mille/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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