Cons. Stato Sez. IV, Sent., 24-01-2011, n. 503

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il presente ricorso per revocazione avverso la sentenza di questa Sezione n. 4450/2010 parte ricorrente deduce i seguenti motivi:

– 1. Errore di fatto relativo all’asserita esistenza di una variante allo strumento urbanistico del Comune di Genova.

Con questo motivo si lamenta che la sentenza impugnata, al punto 7.2 della parte in diritto – concernente censure dedotte a pag. 16 del secondo motivo del ricorso di primo grado – così argomenta: "Quanto invece agli atti impugnati col ricorso, essi si sono caratterizzati per l’attivazione del procedimento finalizzato alla variante dello strumento urbanistico, disposta all’esito della conferenza di servizi, convocata ai sensi dell’art 14 ter della legge n. 241 del 1990. La Sezione ritiene dunque decisivo, per escludere i dedotti profili di eccesso di potere, che vi sia stato un procedimento di variante allo strumento urbanistico". Pertanto quelle censure sono state respinte in base al convincimento dell’esistenza di una variante dello strumento urbanistico comunale, attuata nel corso della Conferenza di Servizi.

Sul medesimo presupposto sono stati respinti (nei punti 7.9, 7.10 e 7.11) i motivi nono, decimo, undicesimo, dodicesimo, tredicesimo, quattordicesimo, quindicesimo e sedicesimo del ricorso di primo grado, con i quali erano dedotte altre censure di violazione di prescrizioni del P.U.C. o di difetto di motivazione ed eccesso di potere in ordine all’applicazione di quelle prescrizioni.

Al contrario di quanto dedotto in sentenza, assume parte ricorrente che l’esistenza di una variante al P.U.C. era sicuramente esclusa dalla lettura degli atti del giudizio, né era mai stata oggetto di discussione tra le parti nel corso dello stesso giudizio.

Infatti, negli elaborati del progetto approvato, nei verbali della Conferenza dei Servizi e negli atti allegati ai verbali, non vi sarebbe stato, secondo parte ricorrente, alcun cenno all’attivazione di un procedimento finalizzato alla variante dello strumento urbanistico.

Al contrario, vi sarebbero anzi ripetute affermazioni della conformità del progetto al P.UC. in una serie di atti quali:

– la "Relazione di conformità urbanistica", elaborata dalla S.P. e facente parte del progetto, laddove non si è segnalata alcuna esigenza di variante al P.U.C. e si è invece affermata la conformità allo stesso piano dell’intervento progettato, affermandosi, in particolare, che "l’intervento ricade in zona: FFa Servizi soggetti a controllo ambientale; Tf Impianti tecnologici. Entrambe le destinazioni consentono la realizzazione di parcheggi pubblici interrati, come risulta dall’estratto della cartografia del PUC "allegato A";

– la relazione della Direzione Territorio, Mobilità, Sviluppo Economico ed Ambiente del Comune di Genova, del 7/7/2004, ove si dà atto che "il Comune ha espresso il proprio favore all’ipotesi di utilizzazione delle aree comprese tra via Carcassi, salita della Tosse e salita della Misericordia per realizzare parcheggi, verde pubblico e servizi connessi con il progetto di sostegno al commercio tipico dei Centri Integrati di Via e conformi al PUC";

– il verbale della conferenza servizi del 4 maggio 2007, nel quale le amministrazioni procedenti – proprio per controdedurre a talune osservazioni, le quali segnalavano la non conformità del progetto agli strumenti urbanistici – richiamano una relazione del settore Pianificazione urbanistica e il parere espresso dall’Ufficio Assetto del verde del Comune, in cui si esprimevano pareri favorevoli, attestandosi la rispondenza del progetto alle norme del PUC.

Per escludere l’esistenza di un procedimento di variante allo strumento urbanistico sarebbe inoltre decisiva la circostanza che in nessun atto difensivo dell’Amministrazione comunale e della controinteressata S.P. si sarebbe prospettata in qualche modo l’attuazione di una simile variante.

Sarebbe, infatti, impossibile ritenere che il Comune e la controinteressata avrebbero omesso di segnalare nel corso del giudizio l’esistenza di una variante allo strumento urbanistico dello stesso Comune, cioè di un fatto che sarebbe stato di per sé dirimente per la definizione di gran parte delle censure dedotte dai ricorrenti.

La sentenza impugnata sarebbe, dunque, in parte qua, conseguenza dì un errore di fatto, consistente nella supposizione dell’esistenza di una variante al piano urbanistico generale del Comune, espressamente dichiarata " decisiva" al punto 7.2 della parte in diritto della motivazione, la cui insussistenza sarebbe, al contrario, incontrastabilmente esclusa dagli atti e dai documenti di causa.

Con ulteriore motivo di revocazione (omessa pronuncia) si lamenta che la sentenza oggetto di revocazione non si sarebbe espressa sulla domanda di accertamento della nullità degli atti impugnati, riproposta in grado d’appello con ricorso incidentale del 12/3/2010.

I ricorrenti avevano, infatti, espressamente riproposto anche la domanda di accertamento della nullità – già dedotta in primo grado con le memorie del 21/7/2009 e 22/10/2009, non esaminata dal TAR Liguria – sia perché era stata accertata l’illiceità della concessione approvata nel 1990 e, di conseguenza, dei successivi provvedimenti e contratti che avevano a proprio presupposto quella concessione, sia per il venir meno dell’imputabilità degli atti all’Amministrazione comunale per interruzione del rapporto organico, sia perché gli artt. 81 e 86 del Trattato CE. comportano la sanzione della nullità dei contratti conclusi da pubbliche amministrazioni in violazione della garanzia della concorrenza fra le imprese comunitarie.

L’omissione di pronuncia su tale punto configurerebbe, dunque, un’errata percezione dei petita avanzati dai ricorrenti, dimostrata ulteriormente dal fatto che la sentenza impugnata, laddove ha riportato i motivi di ricorso, non avrebbe neppure dato atto della sussistenza della domanda di nullità; ciò avrebbe comportato la mancanza totale di valutazione su un punto decisivo, che, per giurisprudenza costante, configura errore di fatto revocatorio.

Si è costituita in giudizio la società S.P. per contestare con ampia memoria l’ammissibilità della proposta revocazione.

Alla pubblica udienza del 21 dicembre 2010 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

1 – Con la decisione della IV Sez., n. 4450/2010, di cui si chiede la revocazione in questa sede, è stato accolto il ricorso in appello proposto dalla s.r.l. Società S.P., per l’annullamento della sentenza del TAR Liguria sezione I n. 03280/2009, resa tra le parti, concernente l’approvazione di un progetto definitivo per la realizzazione di un parcheggio interrato in comune di Genova.

La sentenza del TAR aveva riconosciuto fondato ed assorbente il profilo della violazione delle deliberazioni consiliari comunali n. 1378 e n.1379/1987, con le quali il Comune di Genova aveva approvato la localizzazione ed il dimensionamento di sette parcheggi pubblici a corona del centro cittadino, tra i quali il parcheggio denominato dell’Acquasola; conseguentemente aveva accolto il ricorso, annullando tutti gli atti amministrativi inerenti la realizzazione dell’opera, successivi all’atto di transazione, approvato dalla giunta comunale con la delibera di data 20 dicembre 2002, intercorso a seguito di una lunga controversia tra il comune e la società concessionaria dell’esecuzione e gestione del parcheggio in questione.

In particolare, oggetto della pronuncia di annullamento era il provvedimento finale in data 8 agosto 2008, di cui all’art. 14 ter, comma 9, della legge n. 241 del 1990 (emesso a seguito di conferenza dei servizi 26/03) e recante l’ approvazione del progetto definitivo.

Avverso la sentenza del TAR proponeva appello la società Società S.P. S.r.l..

Con la sentenza qui contestata la Sezione ha ritenuto che fosse errata la tesi, propugnata dai confinanti e vicini al realizzando parcheggio con il loro ricorso al TAR e da questo recepita, dell’illegittimo stravolgimento – quantitativo e qualitativo – dell’originario progetto ed annessa concessione, ad opera dell’atto transattivo e dei conseguenti provvedimenti relativi ad un nuovo e diverso progetto dell’opera..

In particolare, la stessa sentenza, dopo un’accurata ricostruzione della complessissima ed annosa vicenda, ha osservato che la prospettazione di un indebito mutamente delle previsioni iniziali fosse da respingere, in quanto, con specifico riferimento alla legislazione regolante la realizzazione dei parcheggi in aree urbane, la concessione è subordinata alla stipula di una apposita convenzione diretta, tra l’altro, a garantire l’equilibrio economico della gestione" (art.5 della legge n.122 del 1989).

Rispetto a tale sistema normativo ha ritenuto la Sezione del tutto logico, oltreché legittimo, che, in vista del soddisfacimento di interessi generali, il Comune potesse perseguire una diversa regolamentazione di un originario rapporto concessorio, mediante variazioni concordate del suo contenuto originario, tra le quali ben potevano ricomprendersi ed assumere rilievo economicofinanziario strumentale sia l’aumento della consistenza dell’opera e del numero (da 400 a 463) dei posti macchina inizialmente previsti – ciò che incide anche sulla dislocazione e quindi sull’entità del servizio pubblico offerto – sia la durata temporale del rapporto stesso.

Tutto ciò considerato, la Sezione ha ritenuto di escludere che, nella specie, le pur considerevoli modificazioni progettuali e temporali predisposte e realizzate tramite gli atti impugnati, integrassero un vizio di sviamento di potere, erroneamente ravvisato dal TAR, poiché nel corso del procedimento le modifiche delle soluzioni progettuali iniziali erano state valutate per contemperare gli interessi pubblici e privati coinvolti dall’esecuzione dell’opera.

La stessa sentenza è passata quindi ad esaminare l’appello incidentale dei privati confinanti e vicini, ritenuto a sua volta infondato e perciò respinto.

Al riguardo, la sentenza d’appello ha osservato, tra l’altro, che, come pure era stato pacificamente riconosciuto dalle parti, l’originaria concessione era stata oggetto di numerose contestazioni, caratterizzate anche dall’attivazione di un processo penale, che si è concluso con la condanna di un assessore, e che gli atti impugnati col ricorso di primo grado si fossero caratterizzati per l’attivazione del procedimento finalizzato alla variante dello strumento urbanistico, disposta all’esito della conferenza di servizi, convocata ai sensi dell’art. 14 ter della legge n. 241 del 1990.

E’ su questa affermazione che si appunta il motivo revocatorio, come meglio riportato in punto di fatto.

Il motivo è inammissibile.

In via preliminare va qui ribadito, secondo il costante orientamento della Sezione, che l’istituto della revocazione è rimedio eccezionale, che non può convertirsi in un terzo grado di giudizio.

L’orientamento costante di questo Consiglio, infatti, è nel senso che la "svista" che autorizza e legittima la proposizione – ai sensi dell’art. 395, n. 4 c.p.c. – del rimedio, tendenzialmente eccezionale anche nei casi di c.d. revocazione ordinaria (cfr. Cass., n. 1957/1983), della revocazione, è rappresentata o dalla mancata esatta percezione di atti di causa, ovvero dall’omessa statuizione su una censura o su una eccezione ritualmente introdotta nel dibattito processuale.

Secondo, infatti, il principio enunciato dall’Adunanza Plenaria con la nota decisione 22 gennaio 1997, n. 3, pacificamente seguito dalla giurisprudenza successiva e ribadito anche di recente (Cons. St., sez. IV, 8 giugno 2009, n. 3499; sez. IV, 23 settembre 2008, n. 4607; sez. IV, 19 ottobre 2006, n. 6218; Sez. IV, 16 maggio 2006, n. 2781), non v’è dubbio che l’errore di fatto revocatorio debba cadere su atti o documenti processuali.

Conseguentemente, non sussiste vizio revocatorio se la dedotta erronea percezione degli atti di causa – che si sostanzia nella supposizione dell’esistenza di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, ovvero nella supposizione dell’inesistenza di un fatto, la cui verità è positivamente stabilita – ha costituito un punto controverso e, comunque, ha formato oggetto di decisione nella sentenza revocanda, ossia è il frutto dell’apprezzamento, della valutazione e dell’interpretazione delle risultanze processuali da parte del giudice (cfr, ex plurimis, Cons. St., sez. VI, 5 giugno 2006, n. 3343; Cass. Civ., Sez. II, n. 2214 del 12 marzo 1999).

Anche recentemente questo Consiglio ha avuto modo di riaffermare che:

" secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale (ex plurimis, C.d.S., sez. VI, 9 febbraio 2009, n. 708; 17 dicembre 2008, n. 6279; C.d.S., sez. IV, 23 settembre 2008, n. 4607; 16 settembre 2008, n. 4361; 20 luglio 2007, n. 4097; e meno recentemente, 25 agosto 2003, n. 4814; 25 luglio 2003, n. 4246; 21 giugno 2001, n. 3327; 15 luglio 1999, n. 1243; C.G.A., 29 dicembre 2000, n. 530) l’errore di fatto, idoneo a fondare la domanda di revocazione ai sensi dell’art. 81 n. 4 del R.D. 17 agosto 1907 n. 642 e dell’art. 395 n. 4 C.P.C., deve rispondere a tre distinti requisiti, consistenti: a) nel derivare da una pura e semplice errata od emessa percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio, la quale abbia indotto l’organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto di fatto, facendo cioè ritenere esistente un fatto documentalmente escluso o inesistente un fatto documentalmente provato; b) nell’attenere ad un punto non controverso e sul quale la decisione non abbia espressamente motivato; c) infine, nell’essere stato un elemento decisivo della decisione da revocare, necessitando cioè un rapporto di causalità tra l’erronea supposizione e la pronuncia stessa.

L’errore di fatto revocatorio si configura, quindi, come un abbaglio dei sensi, per effetto del quale si determina un contrasto tra due diverse proiezioni dello stesso oggetto, l’una emergente dalla sentenza e l’altra risultante dagli atti e documenti di causa; esso può essere apprezzato solo quando risulti da atti o documenti ritualmente acquisiti agli atti del giudizio, con esclusione, quindi, delle produzioni inammissibili.

È stato pertanto ritenuto inammissibile il rimedio della revocazione per un errore di percezione rispetto ad atti o documenti non prodotti ovvero per un errore di fatto la cui dimostrazione avviene mediante deposito di un documento prodotto per la prima volta in sede di revocazione (sez. V, 16 novembre 2010, n. 8061; cfr., analogamente, sez. IV, 13 ottobre 2010, n. 7487).

Per contro, sono vizi logici e dunque errori di diritto quelli consistenti nell’erronea interpretazione e valutazione dei fatti o nel mancato approfondimento di una circostanza risolutiva ai fini della decisione (sez. V, 21 ottobre 2010, n. 7599).

Neppure va dimenticato che l’errore di fatto deve essere elemento determinante della decisione, la quale "è l’effetto" del primo. Di conseguenza, l’errore revocatorio può ammissibilmente essere invocato solo quando vi sia un rapporto di causalità necessaria fra l’erronea od omessa percezione fattuale e documentale e la pronuncia in concreto adottata dal Giudice. Con l’ulteriore conseguenza della non rilevanza dell’errore quando la sentenza si fondi su fatti, seppur erronei, che non siano decisivi in se stessi ai fini del decidere, ma debbano essere valutati in un più ampio e complesso quadro probatorio (Cass., n. n. 6367/1996; n. 6656/1997; n. 8118/1998).

Tali precisazioni circa i limiti rigorosi dell’azione per revocazione sono indispensabili per evitare che tale, ripetesi eccezionale, istituto processuale possa, nei fatti, dilatare a dismisura e ad arbitrio delle parti il giudizio di merito, attraverso un uso distorto ed abusivo che trasformi la revocazione in un ulteriore grado di giudizio.

Nella specie, la domanda di revocazione si fonda su un preteso errore di fatto, costituito dall’avere ritenuto esistente un procedimento di variante urbanistica che, al contrario, non esisteva.

Si tratta, tuttavia, di una censura che attiene alla valutazione dei fatti ed atti di causa, dai quali la sentenza revocanda ha tratto la conclusione dell’esistenza di una variante: conclusione "decisiva" per confutare le numerose censure (motivi da 8 a seguire del ricorso di primo grado), riproposte, con la stessa numerazione di cui al gravame innanzi al TAR anche in grado d’appello dai privati proprietari con apposito controricorso e ricorso incidentale, di violazione delle prescrizioni del PUC.

La Sezione, infatti, ha ritenuto di ravvisare dalla documentazione versata in atti un procedimento di variante connesso all’esito positivo (con l’approvazione del progetto del parcheggio) della Conferenza di Servizi convocata ai sensi dell’art. 14 ter, comma 9, della legge n. 241 del 1990, all’epoca dei fatti ancora vigente, in quanto solo recentemente abrogato dalla lettera f) del comma 2 dell’art. 49, D.L. 31 maggio 2010, n. 78.

La sentenza, pertanto, non è affatto il frutto di una svista o di un’invenzione del giudice, ma solo la valutazione degli atti di causa, dalla quale è scaturita la conclusione, del tutto corretta, che l’approvazione del progetto di opera pubblica costituisce variante alle previsioni dello strumento urbanistico (Cons. Stato, sez. IV, 16 marzo 2010, n. 1540).

Anche il motivo di revocazione costituito dall’omessa pronuncia sulla domanda di nullità dell’originario rapporto concessorio del 1990 tra comune e la società Sistema parcheggi, nonché di tutti gli atti successivi e conseguenti è inammissibile.

Infatti, una volta assodato che il parcheggio contestato può essere legittimamente realizzato, i proprietari confinanti o vicini che non volevano quell’opera sono terzi – e perciò indifferenti e privi di interesse – rispetto ai rapporti tra amministrazione e soggetto attuatore dell’intervento; il tutto, poi, senza considerare che il profilo di nullità era stato sollevato in primo grado soltanto con memoria (lo dicono gli stessi ricorrenti nel loro controricorso a pag. 24) e, pertanto, esso era inammissibile sotto ulteriore profilo.

Il ricorso per revocazione va, pertanto, dichiarato inammissibile.

Le spese possono compensarsi, in relazione alla complessità degli atti di causa.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta),

definitivamente pronunciando sul ricorso per revocazione come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile..

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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