Cons. Stato Sez. IV, Sent., 24-01-2011, n. 501

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con il permesso di costruire n.146/2005 del 18/10/2005, il Comune di Chioggia autorizzava la realizzazione di un impianto di distribuzione carburanti lungo la strada statale Romea, al Km 84+ 700 in favore dalla Società F. S.r.l.; e tale provvedimento veniva impugnato innanzi al Tar per il Veneto dalla Società V. S.r.l., proprietaria di un altro impianto di distribuzione carburanti situato ad un kilometro di distanza, sulla corsia opposta di scorrimento del traffico veicolare.

Il Comune di Chioggia rilasciava poi il permesso di costruire n.212/2007 di variante in corso d’opera al progetto iniziale e autorizzava l’installazione dell’impianto stesso.

Intanto la Società V. presentava all’Amministrazione comunale un richiesta di riesame in autotutela del permesso di costruire, con conseguente annullamento dell’atto de quo e a tale istanza il Comune rispondeva negativamente con atto n.11166 del 27/2/2007.

La V. impugnava tale provvedimento e l’adito Tar con sentenza n..1417/2007 accoglieva il proposto gravame, annullando la determinazione de qua.

La predetta Società impugnava, con altro autonomo ricorso, il permesso di costruire n.212/2007 sopra citato e il Tar per il Veneto con sentenza n.2427/2007 accoglieva anche questo ricorso, sul rilievo che il certificato di destinazione urbanistica datato 24/1/2007 era ostativo all’ammissibilità della realizzazione dell’impianto in contestazione.

Le predette sentenze nn.1417/2007 e 2427/2007 venivano impugnate, con due distinti atti d’appello dalla controinteressata Società F. al Consiglio di Stato, che, con decisione di questa Sezione n.4639 del 17/6/2008, accoglieva i proposti gravami, rigettando, in riforma delle sentenze impugnate, i ricorsi di primo grado.

La società V. ha quindi proposto ricorso per revocazione della decisione n.4639/2008, ai sensi dell’art.395 n.2 c.p.c., in ragione del fatto che il giudice di appello avrebbe giudicato in base a prove riconosciute o comunque dichiarate false dopo la sentenza.

In particolare, secondo la V. S.r.l., nella specie ricorrerebbe l’ipotesi normativa di cui al citato punto 2 dell’art.395 c.p.c, in quanto il documento costituito da un nuovo certificato di destinazione, redatto e sottoscritto dall’allora dirigente ad interim del Settore Urbanistica del Comune di Chioggia (prodotto nel giudizio di appello) e che era stato decisivo ai fini dell’accoglimento dei gravami, si appaleserebbe, sulla scorta di elementi istruttori insorti successivamente alla decisione, "erroneo e quindi falso ideologicamente".

Di qui, secondo la ricorrente società V., la sussistenza dei presupposti di fatto e di diritto per farsi luogo alla revocazione della decisione di che trattasi.

Si costituito sono costituiti in giudizio il Comune di Chioggia e la controinteressata F. S.r.l., che hanno eccepito l’inammissibilità del proposto rimedio giurisdizionale.

All’udienza del 21 dicembre 2010 la causa è stata trattenuta in decisione.

Tanto premesso, il ricorso per revocazione è da considerarsi inammissibile.

Come si ripete, parte ricorrente, nell’invocare l’applicazione del disposto di cui al punto 2 dell’art.395 del codice di procedura civile, deduce la falsità ideologica di documenti, in particolare, di un documento, quello rappresentato dal certificato di destinazione urbanistica datato 30/10/2007, che inficerebbe, in ragione del suo non veritiero contenuto, le statuizioni assunte da questa Sezione con la decisione n.4639/08.

In particolare la falsità sarebbe evincibile, anzi "attestata"(come espressamente affermato in ricorso) da due circostanze documentali:

la relazione dell’attuale dirigente dell’Ufficio urbanistico del Comune di Chioggia del 15/4/2010;

la dichiarazione dello stesso dirigente che a suo tempo ha sottoscritto il CDU in contestazione.

Ora osserva il Collegio che nella specie non è affatto rinvenibile la condizione di falsità di documenti o prove in base alle quali sarebbe stato (erroneamente) reso il giudizio.

In primo luogo si osserva che alcuna falsità materiale o ideologica risulta essere stata riconosciuta e/o dichiarata in via giurisdizionale, né in sede civile né in sede penale, nei confronti del certificato comunale datato 30/10/2007, non potendo certo valere come attestazione di falsità dell’atto quella derivante dalle affermazioni o presunzioni denunciate da una parte interessata, senza che abbiano un avallo ufficiale di riconoscimento.

D’altra parte, come pure già fatto presente nella decisione di cui si chiede la revocazione nei confronti del documento ritenuto falso (quanto al suo contenuto), non risulta sia stata presentata querela di falso volta appunto ad invalidare le risultanze in esso certificate, per non dire come all’uopo alcuna rilevanza può avere la circostanza per cui sull’intera vicenda vi è stata trasmissione degli atti all’Autorità Giudiziaria da parte del Segretario Generale del Comune.

Quanto sopra evidenziato, circa l’assenza di un accertamento giudiziale di riconoscimento o dichiarazione di falsità, vale di per sé a smentire la tesi, fatta valere dalla ricorrente.

In ogni caso dallo stesso esame di quelli che sono stati indicati come elementi istruttori rivelatori di falsità non è possibile desumere alcuna falsità ideologica.

Invero, quanto alla relazione del Dirigente Settore del Territorio del Comune di Chioggia, in data 15 aprile 2010, in essa, come da lettura logicosistematica nonché letterale del suo contenuto, ci si limita, dopo una dettagliata esposizione della problematica, a formulare una valutazione di non conformità del permesso di costruire n.146/2005 alla disciplina urbanisticoedilizia con conseguente dubitabilità della legittimità di tale provvedimento, ma da quanto rilevato ed osservato dal sottoscrittore di tale nota non è possibile inferire alcun attestato di falsità ideologica del CDU del 30/10/2007.

Altrettanto dicasi per le dichiarazioni provenienti dal sottoscrittore di tale certificato, presenti nelle note datate 27 gennaio 2009 e 9 novembre 2010, di riscontro alle richieste di chiarimenti del difensore della Società V., in cui vi è solo l’ammissione di aver apportato delle puntualizzazioni relative al carattere di genericità del certificato del tipo di quello in questione, ma ciò non sta certo a significare una confessione di attestazione di falsità delle risultanze recate dal documento.

Insomma, l’ipotesi di falsità ideologica, come contemplata dall’art.480 del codice penale ("il pubblico ufficiale che nell’esercizio delle sue funzioni attesta falsamente, in certificati o autorizzazioni amministrative, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità") nella fattispecie non è rinvenibile; se così è, neppure sono sussistenti i presupposti di fatto e di diritto (la condizione di falsità) richiesti dall’art.395 punto 2 c.p.c. indispensabili per giustificare l’ammissibilità del ricorso per revocazione.

Le spese e competenze del presente giudizio vanno poste a carico della parte soccombente e vengono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta),

definitivamente pronunciando sul ricorso per revocazione, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.

Condanna la V. S.r.l. al pagamento delle spese e competenze del presente giudizio, che liquida complessivamente in euro 12.000,00 (dodicimila/00), di cui euro 6.000,00 (seimila/00) in favore del Comune di Chioggia e gli altri 6.000,00 (seimila/00) euro in favore della F. S.r.l., il tutto oltre le rispettive IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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