Cass. civ. Sez. Unite, Ord., 24-02-2011, n. 4455 Competenza e giurisdizione del giudice amministrativo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

C.G., C.P., C.T. convenivano in giudizio, nel 2005, dinanzi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere la società Interporto Sud Europa s.p.a., la Regione Campania, il Comune di Marcianise, la Provincia di Caserta, esponendo: che erano nudi proprietari e F.A. usufruttuaria di un’area, sita nel Comune di Marcianise, riportata nel locale catasto al foglio 25, particella 34, della estensione di complessivi mq. 40.060; che detta area era stata interessata dal progetto di cui all’accordo di programma, sottoscritto in data 2.4.1996 tra Regione Campania, Provincia di Caserta, Comune di Marcianise, Comune di Maddaloni ed Interporto Sud Europa s.p.a., approvato con decreto del presidente della Giunta Regionale della Campania n. 14555 del 3.10.1996 per la "Costruzione delle strutture interportuali del Polo Maddaloni- Marcianise dell’Interporto Marcianise-Nola"; che per l’attuazione del predetto accordo di programma il Comune di Marcianise, con Decreto 19 gennaio 2000, n. 1330, aveva: a) fissato i termini L. n. 2359 del 1865, ex art. 13, per il compimento dei lavori e delle espropriazioni; b) autorizzato l’Interporto Sud Europa all’occupazione temporanea e d’urgenza della predetta area per un periodo di cinque anni dall’immissione in possesso, intervenuta in data 15.4.2000; che l’accordo di programma aveva regolato in modo espresso la dichiarazione di pubblica utilità delle opere e di indifferibilità ed urgenza dei relativi lavori, stabilendo che le deliberazioni di ratifica dei Consigli Comunali di Marcianise e Maddaloni avrebbero conferito al progetto urbanistico particolareggiato approvato valore di strumento urbanistico esecutivo, con consequenziale conferimento del carattere di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza alle opere in esso previste;

che per il Comune di Marcianise l’iter di ratifica fu completato con deliberazione del Consiglio Comunale in data 18 ottobre 1996; che, nel caso in esame, i termini di cui alla L. n. 2359 del 1865, art. 13, dovevano essere contenuti nell’accordo di programma o, al più, nella delibera di ratifica del Consiglio Comunale; che detti atti erano privi dei suddetti termini, essendo previsto nell’accordo di programma soltanto un arco temporale di dieci anni per la realizzazione delle opere; che la mancanza iniziale della indicazione dei termini iniziali per il compimento delle opere e dei termini iniziali e finali per il compimento delle espropriazioni viziava in radice la dichiarazione di pubblica utilità contenuta nell’accordo di programma, non sanata dal fatto che detti termini fossero, poi, stati fissati dal Sindaco di Marcianise con il decreto che autorizzò l’occupazione di urgenza, in quanto al riguardo era carente di potere; che la mancanza di una valida dichiarazione di pubblica utilità legittimava gli attori a chiedere la restituzione del fondo ed il risarcimento di danni; tanto premesso chiedevano la condanna di tutti i convenuti, in solido tra loro, alla restituzione del fondo ed al risarcimento dei danni patiti.

Avendo il Comune di Marcianise, nel costituirsi in giudizio, eccepito il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, gli attori summenzionati hanno proposto regolamento preventivo di giurisdizione, chiedendo a questa Suprema Corte di dichiarare che la controversia in questione appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario. Il Comune di Marcianise e la società Interporto Sud Europa hanno resistito con controricorso. Tutte le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione

Devesi esaminare preliminarmente la eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 6, dal Comune di Marcianise per mancata esposizione sommaria dei fatti e per la omessa specifica indicazione degli atti e dei documenti posti a fondamento del ricorso.

L’eccezione è infondata.

I ricorrenti hanno esposto chiaramente i fatti e riportato in maniera specifica e puntuale le parti dei documenti citati nel ricorso, sui quali il ricorso stesso si fonda; inoltre nel corpo del ricorso hanno indicato specificamente detti atti, con l’indicazione per ciascun atto di averlo prodotto dinanzi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere e reperibili nel fascicolo di parte prodotto con il ricorso per cassazione.

Pertanto il ricorso per regolamento di giurisdizione soddisfa tutti i requisiti richiesti dal citato art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 6.

Venendo alla questione oggetto dell’istanza di regolamento preventivo, devesi osservare che, come affermato dagli stessi ricorrenti e come anche risulta dagli atti di causa, secondo quanto stabilito dall’accordo di programma summenzionato le opere in esso previste si sarebbero dovute realizzare in un arco temporale di dieci anni dalla pubblicazione del decreto di approvazione dello stesso accordo, comportando l’interporto la costruzione di una serie di strutture da realizzarsi per lotti ed in momenti successivi entro tale periodo temporale.

Detto accordo di programma, in quanto sottoscritto il 2 aprile 1996 ed approvato con decreto del Presidente della Giunta Regionale della Campania n. 14555 del 3 ottobre 1996, non era soggetto alla disciplina introdotta dalla L. 15 maggio 1997, n. 127, art. 17, comma 8, col quale nella L. 8 giugno 1990 n. 142, art. 27, dopo il comma 5 fu inserito il comma 5 bis, così formulato: "… L’approvazione dell’accordo di programma comporta la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza delle medesime opere; tale dichiarazione cessa di avere efficacia se le opere non hanno avuto inizio entro tre anni".

Tale norma, priva di efficacia retroattiva, entrò in vigore il 18 maggio 1997 e quindi in data successiva all’approvazione del citato accordo di programma, sicchè questo rimase soggetto alla disciplina precedente ( L. 8 giugno 1990, n. 142, art. 27), che non prevedeva la dichiarazione di pubblica utilità ex lege conseguente all’approvazione dell’accordo, nè il termine triennale per l’inizio delle opere, dovendosi, pertanto, nel caso di specie riconnettere la dichiarazione di pubblica utilità, come previsto nell’accordo di programma, alle successive deliberazioni di ratifica dei Comuni interessati ai progetti urbanistici particolareggiati contenuti nell’accordo stesso, aventi valore di strumenti urbanistici esecutivi, con durata della dichiarazione di pubblica utilità di dieci anni dalla pubblicazione dell’accordo di programma. In tale contesto devesi ritenere che il termine finale di dieci anni per il compimento delle opere previste nell’accordo fosse comprensivo anche dei termini per il completamento delle espropriazioni, mentre, quanto al termine per l’inizio delle opere, devesi ritenere che fosse quello triennale previsto dalla L. n. 1 del 1978, art. 1, termine questo, peraltro, da non riferirsi al singolo procedimento espropriativo, ma all’inizio delle opere esecutive del programma nel suo insieme, cosicchè solo la dimostrazione – non offerta dai ricorrenti e neppure prospettata nel ricorso – di tale mancato inizio avrebbe potuto comportare il venir meno della dichiarazione di pubblica utilità.

Quanto, poi, al decorso dei termini indicati nel decreto che autorizzava l’occupazione va posto in rilievo che gli stessi ineriscono a tale decreto e non alla dichiarazione di pubblica utilità, cosicchè il loro decorso non può provocare la perdita di efficacia di tale dichiarazione, in base alla quale è stato esercitato il pubblico potere.

Ai fini del riparto di giurisdizione devesi osservare che la L. n. 205 del 2000, art. 7, comma 1, lett. b) (che ha sostituito il D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 34) – applicabile alla fattispecie "ratione temporis" tenuto conto del disposto del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 57 (contenente il T.U. delle disposizioni in materia di espropriazione per pubblica utilità) – disponeva che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto gli atti, i provvedimenti e i comportamenti delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti alle stesse equiparate in materia di edilizia e di urbanistica, ma la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 204 del 2004, ne ha dichiarato l’illegittimità costituzionale nella parte in cui prevedeva che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto "gli atti, i comportamenti e i provvedimenti" anzichè "gli atti e i provvedimenti" delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti ad essi equiparati in materia urbanistica.

Nella motivazione di tale sentenza – e della successiva sentenza n. 191 del 2006, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 53, nella parte in cui, devolvendo alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative anche ai " comportamenti delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti ad esse equiparati", non escludeva i comportamenti non riconducibili, nemmeno mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere – la Corte Costituzionale ha statuito che debbiano essere ritenuti non riconducibili, nemmeno mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere, tutti quei comportamenti che risultino posti in essere in carenza di potere ovvero in via di mero fatto.

Tale situazione non ricorre, per quanto sopra detto, nella fattispecie in esame, dovendosi ritenere la occupazione e trasformazione dell’area in questione riconducibili ad una dichiarazione di pubblica utilità (e quindi all’esercizio di un pubblico potere), della quale, allo stato degli atti, non risulta dimostrata la perdita di efficacia.

Pertanto per le domande di restituzione dell’area e risarcimento dei danni proposte dai ricorrenti va dichiarata la giurisdizione del giudice amministrativo.

Riguardo alla questione di legittimità costituzionale prospettata dal P.G. nella requisitoria scritta, sotto il profilo di una ridotta tutela dei diritti soggettivi dinanzi alla giurisdizione amministrativa, non essendo ammissibile la impugnabilità delle relative sentenze dinanzi alla Corte di Cassazione per violazione di legge, la questione si palesa in questa sede inammissibile per difetto di rilevanza, dovendo essere posta soltanto in sede di impugnazione di quelle sentenze.

Devono essere compensate tra le parti, data la complessità delle questioni dibattute, le spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.

La Corte dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo.

Compensa le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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