Cons. Stato Sez. IV, Sent., 24-01-2011, n. 486 Atti amministrativi Atti del procedimento Competenza e giurisdizione del giudice ordinario

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La società appellante, proprietaria di un immobile sito nel comune di Moglia con annessa un’area di cortile di pertinenza del fabbricato, con la finalità di opporsi alla determinazione dell’amministrazione comunale di procedere ad espropriare una parte del proprio terreno per i lavori di prolungamento della via Tiziano, ha impugnato innanzi al TAR di Brescia la delibera della G. C. di Moglia n. 116 del 19.12.2002 di approvazione del progetto definitivo/esecutivo relativo alle opere di urbanizzazione di via Tiziano recante dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza e gli atti ad essa atti connessi, tra cui, in particolare, la determinazione dirigenziale prot. n. 11593 del 30.12.2002 avente ad oggetto "indennità provvisoria di espropriazione riferita all’urbanizzazione di via Tiziano in Moglia"; nonché del decreto di occupazione d’urgenza prot. n. 3418 del 18.4.2003 e dell’avviso prot. n. 3580 del 26.4.2003, con il quale il Comune ha comunicato la data per le operazioni di redazione dello stato di consistenza ed immissione in possesso, previste per il 21.5.2003.

Con il ricorso originario al TAR la società aveva dedotto:

1. Difetto di motivazione, con riferimento alle specifiche argomentazioni contenute nella memoria presentata in data 30.6.2002 dalla ricorrente.

2. Eccesso di potere in quanto la finalità perseguita dall’amministrazione non sarebbe stata quella del miglioramento della pubblica viabilità, bensì l’esigenza di ottemperare all’obbligazione assunta con la convenzione urbanistica del piano di recupero stipulata in data 4.8.2001 tra il Comune di Moglia e la U. S.c.r.l., concernente l’esecuzione da parte del comune delle opere di completamento e sistemazione della via Tiziano.

3. Difetto di finanziamento, atteso che la determinazione dell’indennità provvisoria di espropriazione sarebbe incongrua, mentre, a fronte dell’indennità effettivamente dovuta in considerazione della natura edificabile dell’area, non sussisterebbe una corrispondente copertura finanziaria.

4. Illegittimità derivante da quella delle delibere di adozione ed approvazione del piano di recupero e delle varianti generali al piano regolatore del Comune di Moglia, impugnate con i ricorsi aventi n. di R.G. 368/2002 e 766/2002.

Avverso il decreto di occupazione d’urgenza la stessa società ha proposto motivi aggiunti, deducendo esclusivamente l’illegittimità degli atti impugnati derivante dai vizi dei provvedimenti gravati con il ricorso originario.

Il TAR di Brescia ha respinto il ricorso ed i motivi aggiunti con sentenza n. 968 del 2 luglio 2003, avverso cui la società P. propone il presente appello, con il quale, dopo l’integrale riscrittura dei motivi di primo grado, sono proposti i seguenti motivi:

1- Mancata indicazione degli estremi della giurisprudenza cui la decisione impugnata pretende di rifarsi per giustificare la mancata valutazione delle osservazioni dell’appellante, il che non consente di verificare l’esattezza di tale richiamo, mentre, all’opposto, sarebbe certa l’esistenza di una giurisprudenza, che la parte aveva puntualmente richiamato allegandone gli estremi, la quale afferma esattamente il contrario, cosicché, quantomeno, certamente non può parlarsi di "concorde giurisprudenza" nel senso inteso dal Giudice di primo grado.

2 – Quanto alle due censure, attinenti l’una al difetto di motivazione in ordine alla indicazione delle finalità perseguite, l’altra all’eccesso di potere per sviamento, la sentenza appellata richiama la previsione di P.R.G, che dal 1987 attribuisce all’area di che trattasi una destinazione preordinata alla realizzazione di una viabilità interna all’intero quartiere.

Tale affermazione sarebbe errata, poiché l’apposizione, in sede di P.R.G, di un vincolo preordinato all’espropriazione è condizione necessaria, ma non certo sufficiente per la realizzazione dell’opera pubblica, la cui effettiva corripondenza al pubblico interesse viene definita attraverso un articolato e complesso procedimento, finalizzato espressamente a ciò; ed è il procedimento che passa per l’approvazione del programma triennale delle opere pubbliche e la successiva approvazione dell’elenco annuale delle opere pubbliche, poi per l’approvazione dei progetti preliminare ed infine definitivo, solo in quest’ultima sede accertandosi la pubblica utilità dell’opera.

D’altro canto nel caso di specie la previsione di Piano Regolatore, più volte rinnovata, risale appunto al 1987, come ricorda la stessa sentenza appellata, e a distanza di quindici anni, se ne è decisa l’effettiva realizzazione: fino ad oggi la previsione di Piano Regolatore aveva la funzione semplicemente di garantire la possibilità che tale opera venisse realizzata, rappresentando una condizione a ciò necessaria, ma non sufficiente.

Per questo non appare plausibile l’argomentazione secondo la quale la scelta di P.R.G, soprattutto se risalente nel tempo, costituisce all’attualità idonea ed esaustiva motivazione dell’intervento.

La sentenza del TAR viene ulteriormente censurata laddove afferma l’assoluta irrilevanza della circostanza, invece decisiva, dell’affidamento alla convenzione stipulata tra il Comune di Moglia e

U. s.c.a r.l. al fine di definire il quando e il quomodo della realizzazione dell’opera.

Al contrario di quanto affermato dal TAR, è la stessa motivazione addotta dall’amministrazione comunale ad individuare la ragione della calendarizzazione dell’opera nella necessità di soddisfare le esigenze di accesso e recesso "dell’adiacente centro culturale": con ciò ammettendosi l’esclusivo interesse di U. alla realizzazione dell’opera, e l’avvenuta sottomissione a tale interesse dell’interesse pubblico e dei diritti della società P..

Ulteriore motivo d’appello è costituito dall’errata declaratoria di difetto di giurisdizione sul motivo del difetto di finanziamento del progetto, così travisandosi la prospettazione della ricorrente, con la quale si era sostenuto che il provvedimento di approvazione dell’opera fosse viziato per difetto di finanziamento, azionando pertanto un classico interesse legittimo.

La sentenza si conclude, sul punto, con l’affermazione, altrettanto erronea, che l’area da espropriare, essendo assoggettata al vincolo per la realizzazione della viabilità, non può per tale ragione essere considerata area edificabile, con ciò contraddicendo un principio pacifico, secondo cui, al contrario, l’accertamento delle possibilità legali ed effettive di edificazione, ai fini della determinazione dell’indennità di esproprio, prescinde dall’incidenza del vincolo preordinato all’esproprio.

Si è costituita nel presente grado d’appello la U., per contestare la fondatezza del ricorso.

La parte appellante, dal canto suo, ha depositato memoria di ulteriore illustrazione dei motivi d’appello.

Alla pubblica udienza del 21 dicembre 2010 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

1 – Preliminarmente, ritiene il Collegio di tener distinti i tre ricorsi, tutti portati alla presente udienza di discussione, proposti dalla stessa società appellante, aventi ad oggetto tre distinte sentenze del TAR, solo in parte riguardanti la medesima vicenda pianificatoria connessa all’attuazione del P.d.R. "ex Macello" del Comune di Moglie.

Ciò, anche al fine di non affastellare eccessivamente l’esposizione in fatto e diritto, in ossequio al principio di chiarezza e sinteticità, di cui all’art. 3, comma 2, c.p.a..

2 – Nel merito, vale preliminarmente precisare che la società appellante, proprietaria di un immobile, attualmente gestito dalla soc. Cartes Equipmente per la produzione di macchinari dell’industria grafica e tessile, sito nel Comune di Moglia,con annessa un’area di cortile di pertinenza del fabbricato (accatastato al fg. 26, mappali, rispettivamente 185, nonché 244, 251 e 255), nel dichiarato intento di opporsi alla decisione dell’amministrazione comunale di espropriare una parte del proprio terreno per i lavori di prolungamento della via Tiziano, ha impugnato, con il ricorso deciso con la sentenza del TAR di Brescia n. 968 del 2003, due concessioni edilizie, nn. 83 e 84 del 20.8.2002, rilasciate per la realizzazione di cinque fabbricati a destinazione residenziale in esecuzione del piano di recupero per l’area "ex Macello" approvato con deliberazione del consiglio comunale di Moglia n. 36 del 18.6.2001.

2.1 La stessa delibera, insieme a quella di adozione del P.d.R., di iniziativa privata per l’area "ex Macello", unitamente alla relativa convenzione, nonché le concessioni edilizie dallo stesso comune rilasciate alla società controinteressata per la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria relative al piano di recupero e per la costruzione di un fabbricato a destinazione commerciale/residenziale in esecuzione del piano medesimo era stata a sua volta impugnata con separati ricorsi al medesimo TAR, riuniti e decisi con sentenza del TAR di Brescia n. 965 del 2003, anch’essa appellata con separato ricorso a questo Consiglio, deciso con separata sentenza di rigetto dell’appello, con la quale la Sezione ha ritenuto quanto segue.

3 – Con la ricordata sentenza n. 965/2003 il Giudice di primo grado aveva dichiarati irricevibile il ricorso avverso gli atti relativi al piano di recupero, i quali avrebbero dovuto essere impugnati nel termine di decadenza decorrente dall’ultimo giorno di pubblicazione delle delibere comunali di adozione ed approvazione del piano, nonché irricevibile e inammissibile anche il secondo gravame, in quanto proposto contro la c.e. n. 82 del 2.4.2002, esclusivamente per l’invalidità derivante dai vizi degli atti gravati con il primo ricorso.

4 – Con quell’appello (nrg 9835/2003) la società P. era insorta contro la riportata statuizione del giudice di prime cure, osservando che la sentenza si sarebbe limitata a dar rilievo al dato, incontestato dalla stessa società ricorrente in primo grado, della collocazione esterna delle aree di proprietà di P. s.r.l. rispetto al perimetro del piano di recupero, trascurando tuttavia il dato per cui l’attribuzione della caratteristica di terzietà del soggetto rispetto alle previsione del PdR – ai fini della sua diretta notifica alla ricorrente – si basava su presupposti diversi da quelli in concreto registrati nel procedimento di approvazione del PdR, presupposti non ricorrenti nel caso di specie.

In particolare, su tale punto l’appellante aveva ribadito quanto già dedotto innanzi al TAR, circa il fatto che l’area " interessata dall’espropriazione " era pacifìcamente esterna al perimetro di comparto, così come disegnato dal Piano Regolatore.

Peraltro e per contro, tale perimetro non poteva disegnare il criterio distintivo tra i soggetti nei confronti dei quali esiste l’obbligo di notifìca ai sensi dell "art. 16, penultimo comma, della legge urbanistica del 1942.

Infatti, il comparto, nel localizzare e dimensionare le aree destinate a standards, non può gravare disomogeneamente le diverse proprietà, come sarebbe avvenuto nel caso di specie, ove addirittura le aree di proprietà della ricorrente sono per intero destinate a soddisfare il fabbisogno di standard, ed in particolare di opere di urbanizzazione primaria, senza poter beneficiare di alcuna possibilità edificatoria.

5 – Dallo stesso principio di oggettiva unitarietà del comparto l’appellante faceva, con quell’appello, derivare la necessità di una valutazione della effettiva e reale estensione dello stesso, tenendo appunto conto della necessaria appartenenza al comparto sia delle aree direttamente destinate all’edificazione, sia delle aree destinate a servire tale edificazione, a renderla concretamente possibile e giuridicamente legittima; solo ricomprendendo nel comparto le une e le altre lo stesso poteva considerarsi tale.

Nel caso dì specie, concludeva l’appellante, la configurazione dell’intervento rendeva evidente il ruolo assegnato all’area dell’appellante, che assume la " funzione di viabilità interna al comparto ", seppur perimetrale, del tutto simmetrica alla viabilità che separa la parte residenziale.

6 – Su tale punto di doglianza, con la decisione assunta sul ricorso in appello nrg 9835 del 2003 questa Sezione ha colto l’inconsistenza della censura, essendo contradditorio parlare di "viabilità interna al comparto seppur perimetrale", dopo avere, peraltro, ribadito la collocazione esterna delle aree di proprietà di P. s.r.l. rispetto al perimetro "interno" del piano di recupero.

7 – Per cogliere meglio l’infondatezza del motivo d’appello, con la stessa decisione questa Sezione ha ulteriormente precisato che il Piano di recupero ed il relativo "comparto di intervento", collocato nel capoluogo comunale, si estende per mq. 11.985 su una superficie di pianta regolare a forma di parallelogramma, perimetrato a nord da Via Michelangelo, a sud dall’area verde adiacente il centro polivalente Mondo Tre, ad est da Via Tiziano e ad ovest da Corso Garibaldi.

Sulla predetta area era ubicata una serie di fabbricati, divenuti con il tempo fatiscenti, prima adibiti ad uso macello e da diverso tempo ormai abbandonati.

L’intervento prevedeva la totale demolizione dei fabbricati, tranne per il corpo di fabbrica collocato all’estremo sudovest, che sarebbe stato "ceduto come standard urbanistico al Comune per futuri utilizzi pubblici" (cfr. relazione illustrativa allegata alla delibera comunale n. 16 del 2001, oggetto di impugnativa al TAR).

L’area in contestazione è quella di sedime della predetta via Tiziano, identificata con i mappali 244 e 251 del fg. 26.

Il tracciato di via Tiziano rappresentava una previsione viaria contenuta sin dal 1986, nel P. R.G. del medesimo comune, in cui risultava ben evidente, al pari delle altre principali vie di comunicazione, la predetta via, quale asse di collegamento ortogonale tra via Michelangelo a nord e via Giotto a sud, proseguendo poi oltre quest’ultima sino alla successiva via Mantegna e parallela, a sua volta, al corso Garibaldi e alla via Botticelli, rispettivamente ad ovest e ad est.

8 – Pertanto la strada in questione non è stata introdotta dal P.d.R. contestato dalla società P., quale opera di urbanizzazione primaria, strumento di viabilità necessaria per dare accesso dall’esterno al comparto inserito nel Piano, ma era già da tempo prevista nei precedenti strumenti urbanistici generali ed era, sin dall’inizio, destinata a servire non già un singolo comparto, ma un intero quartiere allocato ad est del corso Garibaldi, comprendente, oltre al comparto in questione, anche gli isolati serviti dalla via Michelangelo, dalla via Botticelli e dalla via Giulio Romano.

9 – La via Tiziano si presenta, dunque, come strumento di collegamento viario significativo e si colloca, dunque, tra le principali vie di comunicazione stradale, di cui il piano regolatore deve essere munito, ai sensi dell’articolo 7 della legge urbanistica n. 1150 del 1942.

10 – A contrastare tali conclusioni la Sezione ha ritenuto non influenti le previsioni di cui al punto 2.2.1 della convenzione in data 4.8.2001, sottoscritta dal comune di Moglia e dalla U. S.c.r.l., che prevedeva l’obbligo del comune medesimo di "completare le opere di urbanizzazione primaria di via Tiziano contemporaneamente a quelle realizzate dalla società lottizzante". Neppure serve il richiamo al punto 27 della concessione edilizia n. 82 del 2.4.2002, rilasciata alla U. e gravata con lo stesso ricorso al TAR, laddove contemplerebbe, invece, la necessità di procrastinare la realizzazione delle opere di completamento della via Tiziano ad un momento successivo all’acquisizione della relativa area di proprietà della ricorrente, consentendo, nel frattempo, l’esecuzione delle opere di urbanizzazione da parte del privato lottizzante.

11 – Le disposizioni della convenzione attuativa del P.d.R. e le previsioniprescrizioni della concessione edilizia n. 67/2001 sono state pertanto ritenute non afferenti, infatti, all’interno del piano stesso, quali momenti di sua esecuzione ed attuazione, rappresentando esse soltanto una fase attuativa del PRG, la quale si correla allo strumento attuativo in questione, ma solo in termini temporali ed occasionali e non anche funzionali.

In altri termini, sempre secondo la decisione d’appello, la realizzazione del PdR dell’ex macello ha costituito l’occasione – con la conseguente contestualità temporale – per portare a compimento il tracciato stradale di via Tiziano, la quale, tuttavia, si pone al di fuori del piano stesso e non ne rappresenta né contenuto né strumento di realizzazione.

Pertanto, lo strumento di acquisizione delle aree per realizzare o completare via Tiziano non era quello collegato alla tecnica di partecipazione preventiva dei proprietari delle aree da espropriare inserite nel comparto, ai sensi dell’articolo 23 della legge urbanistica n. 1150 del 1942, ma quello, del tutto diverso, di diretta acquisizione delle aree necessarie per dare esecuzione alle previsioni di PRG in materia di viabilità collettiva, ben anteriori alla data di adozione ed approvazione del PdR.

12 – Stante l’estraneità delle aree necessarie a realizzare la viabilità comunale di via Tiziano precedentemente disegnata con lo strumento pianificatorio generale, l’appellante, proprietaria delle stesse, non poteva né doveva, pertanto, considerarsi "proprietario degli immobili vincolati dal piano", cui doveva notificarsi direttamente e singolarmente notificarsi il piano medesimo, ai sensi dell’articolo 16 della legge n. 1150 del 1942. Di qui, la legittimità della declaratoria della tardività dell’impugnativa del PdR disposta con la sentenza del TAR di Brescia n. 965 del 2003.

13 – Ancora con la medesima decisione di cui al nrg 9835 del 2003 questa Sezione ha ritenuto, altresì, che nessun interesse l’appellante società P. avesse addotto per contrastare l’adozione ed approvazione dello stesso piano esecutivo, ritenendo inidonei a sostenere tale interesse (da non confondere con la legittimazione a ricorrere connessa alla titolarità di una posizione soggettiva) né il completamento di via Tiziano, che, come ripetutamente detto, è fuori del piano attuativo, né la generica ed indimostrata pretesa violazione del principio di perequazione urbanistica, che sembrerebbe avere inciso sulle capacità edificatorie delle aree dell’appellante, senza, tuttavia, che la stessa avesse fornito la minima indicazione al riguardo.

14 – Sempre con la stessa decisione, la Sezione ha ritenuto inammissibile per carenza di interesse il motivo afferente l’illegittimità della concessione edilizia impugnata con il gravame deciso dal TAR di Brescia con la sentenza n. 965/2003.

Infatti, non essendo la società appellante proprietaria di aree ricomprese nel perimetro del piano di recupero, essa non era interessata (seppur legittimata per effetto della vicinitas) a dolersi di eventuali illegittimità della concessione edilizia.

Il criterio della vicinitas, infatti, seppur idoneo a supportare la legittimazione al ricorso, non esaurisce certo gli ulteriori profili dell’interesse concreto all’impugnazione, costituito dalla lesione effettiva e documentata delle facoltà dominicali del ricorrente, nella specie indimostrata.

15 – In sintesi, con la predetta decisione e con quella coeva, resa sul ricorso in appello nrg. 9833/2003, si sono dichiarate infondate le pretese dell’appellante società P. ad opporsi alla realizzazione di via Tiziano, in quanto fondate sull’erroneo presupposto del collegamento funzionale esistente tra il completamento dell’opera di viabilità in questione e l’edificazione del comparto del piano di recupero per l’area "ex Macello", rilevandosi, ulteriormente, che la stessa società P. avrebbe dovuto impugnare ritualmente e tempestivamente le previsioni di PRG, con le quali la classificazione a strada della porzione di area della ricorrente destinata alla realizzazione di via Tiziano aveva preceduto di molti anni la perimetrazione del comparto del piano di recupero.

Con le stesse sentenze si è, ancora, ben chiarito che l’intervento di completamento della via Tiziano era volto al perseguimento delle finalità di miglioramento della pubblica viabilità del quartiere, mediante il collegamento della predetta via Tiziano con la via Michelangelo; osservandosi ulteriormente, ai fini della ricerca delle reali motivazioni poste dal comune alla base dell’opera di completamento della viabilità, l’irrilevanza del fatto che, con la convenzione urbanistica del piano di recupero, l’amministrazione avesse ritenuto opportuno eseguire l’intervento contemporaneamente all’attuazione da parte della U. delle opere di urbanizzazione primaria del comparto del medesimo piano di recupero. Ciò in quanto le specifiche modalità esecutive di un intervento per la realizzazione di un’opera pubblica non influiscono sulle ragioni che hanno mosso l’amministrazione a determinarsi a favore di tale intervento che, nella fattispecie in questione, erano e sono da rinvenirsi senza dubbio nel pubblico interesse al miglioramento della viabilità e non nella realizzazione di una strada a servizio delle edificazioni del comparto.

16 – Tutto ciò chiarito in relazione alla complessa vicenda che ha caratterizzato la realizzazione di via Tiziano, il Collegio può scendere all’esame del presente appello, il quale riguarda, specificatamente, come già detto, la fase propriamente espropriativa dei terreni dell’appellante per l’esecuzione dell’opera pubblica in questione.

17 – Con il primo motivo d’appello si ripropone in sostanza la doglianza mossa con il ricorso al TAR circa un presunto difetto di motivazione sulle osservazioni presentate dal privato a contrasto delle scelte progettuali dell’amministrazione comunale.

Sul punto, il Giudice di primo grado ha respinto il motivo con la tecnica della doppia motivazione, osservando:

– da un lato, che la giurisprudenza è concorde nell’affermare l’assenza di un obbligo in capo all’amministrazione di analitica presa di posizione su tutte le ragioni addotte dal privato nel corso del procedimento amministrativo;

– dall’altro – e ritrascrivendo pressoché letteralmente la parte motiva della delibera di approvazione del progetto definitivo/esecutivo – che comunque il Comune di Moglia aveva preso in considerazione i tre rilievi mossi dalla società ricorrente, recependo in parte le controdeduzioni formulate dal responsabile del settore tecnico e chiarendo che, quanto all’utilizzazione del terreno, la ricorrente non era titolare di alcuna posizione intangibile, in quanto l’area era vincolata a strada secondo le previsioni del piano regolatore generale, mentre l’autorizzazione alla chiusura di una sua porzione rilasciata in data 27.2.1989 era di natura provvisoria, dovendo i cancelli essere rimossi a semplice richiesta del comune; riguardo all’asserita inesistenza dei benefici per la pubblica viabilità, l’intervento, al contrario, avrebbe migliorato la circolazione viabilistica nella zona, completando la rete stradale che circonda l’isolato tramite il collegamento della via Tiziano con la via Michelangelo; quanto alla assunta incongruità della determinazione dell’indennità di espropriazione in virtù della natura edificatoria dell’area, tale censura non rispondeva al vero, attesa la natura della porzione di terreno da espropriare, classificata come sede stradale dallo strumento urbanistico vigente.

17.1 Le motivazioni addotte dal TAR ben reggono al motivo d’appello, il quale rasenta la temerarietà, tenuto conto che:

– la Pubblica Amministrazione non ha l’obbligo di procedere ad una puntuale e analitica presa in considerazione, ed eventuale confutazione, delle ragioni di fatto e di diritto addotte dal privato nel corso del procedimento amministrativo, essendo soltanto necessario che l’Amministrazione dia quantomeno conto nel provvedimento finale dell’apporto partecipativo fornito dall’interventore (Consiglio Stato, sez. VI, 29 gennaio 2002, n. 491;T.A.R. Piemonte, sez. I, 19 maggio 2004, n. 864; T.A.R. Lazio, sez. II, 25 ottobre 2002, n. 9137);

– in ogni caso – a prescindere dalla questione di diritto – il TAR ha rigettato la censura anche in punto di fatto, riportando fedelmente il contenuto del provvedimento impugnato e su tale parte di sentenza non è stato svolto alcun motivo d’appello.

18 – Quanto alle due censure, riproposte con l’appello, attinenti l’una al difetto di motivazione in ordine alla indicazione delle finalità perseguite, l’altra all’eccesso di potere per sviamento, essendosi inteso perseguire nella sostanza l’interesse della U. e non quello alla viabilità collettiva, la sentenza appellata al riguardo va esente da ogni censura.

18.1 – Il TAR, infatti, ha correttamente osservato come dalla documentazione prodotta ed esistente in atti risultasse che l’area destinata alla realizzazione di via Tiziano fosse stata classificata come strada sin dalla approvazione del P.R.G. del Comune di Moglia, mentre il piano di recupero dell’area ex Macello fosse stato previsto solo dopo molti anni, dalla variante approvata con delibera di G.R. n. 30354 del 25.7.1997.

La classificazione a strada della porzione di area della società ricorrente aveva preceduto, quindi, di molti anni la perimetrazione del comparto del piano di recupero denominato " ex Macello". Ciò che dimostrava inequivocabilmente come l’intervento di completamento della via Tiziano fosse rivolto al perseguimento delle finalità di miglioramento della pubblica viabilità del quartiere, mediante il collegamento della via Tiziano con la via Michelangelo.

18.2 – Quanto al profilo di sviamento, la stessa sentenza ha correttamente rilevato che fosse irrilevante, per dimostrare il perseguimento di un interesse privato attraverso la realizzazione di via Tiziano, il fatto che, con la convenzione urbanistica del piano di recupero, l’amministrazione avesse ritenuto opportuno eseguire l’intervento contemporaneamente all’attuazione da parte della U. delle opere di urbanizzazione primaria del comparto del medesimo piano di recupero; ciò, in quanto le specifiche modalità esecutive di un intervento per la realizzazione di un’opera pubblica non influiscono in alcun modo sulle ragioni che hanno mosso l’amministrazione a determinarsi a favore di tale intervento, che, nella fattispecie, erano da rinvenirsi non già nel favorire il privato a realizzare il P.d.R., ma nel pubblico interesse al miglioramento della viabilità.

18.3 – Le predette statuizioni del giudice di primo grado trovano assoluto conforto in quanto già statuito con contestuale decisione di questa Sezione, come riportata sopra, particolarmente ai punti 7, 8, 9, 10 e 11.

19 – Palesemente infondato è anche il motivo con cui si lamenta – sempre con riferimento al difetto di motivazione della pubblica utilità dell’opera stradale in questione – che l’apposizione, in sede di P.R.G, di un vincolo preordinato all’espropriazione, è condizione necessaria, ma non sufficiente per la realizzazione dell’opera pubblica, la cui effettiva corrispondenza al pubblico interesse viene definita attraverso un articolato e complesso procedimento, finalizzato espressamente a ciò, che passa per l’approvazione del programma triennale delle opere pubbliche e la successiva approvazione dell’elenco annuale delle opere pubbliche, poi per l’approvazione dei progetti preliminare ed infine definitivo, solo in quest’ultima sede accertandosi la pubblica utilità dell’opera. Inoltre, sempre secondo la medesima doglianza, la previsione di Piano Regolatore, più volte rinnovata, risale al 1987; e a distanza di quindici anni se ne è decisa l’effettiva realizzazione: fino ad oggi la previsione di Piano Regolatore aveva la funzione semplicemente di garantire la possibilità che tale opera venisse realizzata, rappresentando una condizione a ciò necessaria ma non sufficiente.

19.1 – Anche tale profilo di doglianza è privo di qualsiasi pregio.

Ribadito che la realizzazione della strada corrisponde all’interesse pubblico alla ordinata viabilità dell’intera zona e non solo del P.d.R. dell’area ex Macello, va qui ricordato che la tematica relativa alla decadenza dei vincoli preordinati all’esproprio, quali le previsioni della rete stradale – le quali sfuggono alla durata dei PRG ai sensi dell’articolo 11 della legge urbanistica 1781942 n. 1150, secondo cui il piano regolatore generale del Comune ha vigore a tempo indeterminato – non è stata neppure sfiorata, con riferimento ai diffusi e noti principi giurisprudenziali, che distinguono fra vincoli conformativi e vincoli espropriativi di PRG (Corte costituzionale, 20 maggio 1999, n. 179; Consiglio di stato, sez. IV, 13 marzo 2008, n. 1095; sez. IV, 31 luglio 2007, n. 4258; sez. IV, 25 maggio 2005, n. 2718; sez. IV, 29 ottobre 2001, n. 5628, relativa proprio ad un vincolo stradale).

Con il ricorso e l’atto d’appello l’interessata si è limitata a lamentare il lungo decorso del tempo ma solo ai fini di dimostrare l’intervenuta decadenza dell’interesse pubblico alla realizzazione della strada; decadenza che, evidentemente non può configurarsi, ai sensi del poc’anzi ricordato articolo 11 della legge urbanistica n. 1150.

20 – La stessa parte appellante concorda, d’altronde, sul fatto che l’apposizione, in sede di P.R.G, di un vincolo preordinato all’espropriazione, è condizione necessaria – seppur non sufficiente – per la realizzazione dell’opera pubblica, la cui effettiva corrispondenza al pubblico interesse deriverebbe, a suo dire, solo attraverso un articolato e complesso procedimento, finalizzato espressamente ad un multi articolato procedimento

Anche tali ultime doglianze non colgono nel segno, trattandosi di censure che si sarebbero dovute far valere con apposito motivo in primo grado riferito alla delibera di approvazione del progetto dell’opera, valente dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza, ai sensi dell’art. 1, comma 1, L. n. 1/1978, cui il comune ha fatto ricorso: motivo che non è stato tuttavia sollevato in primo grado e come tale è inammissibile.

21 – Infondato è anche il motivo con cui si ribadisce che la delibera di approvazione del progetto mancava delle previsioni sulla copertura finanziaria e si lamenta l’errata declaratoria di difetto di giurisdizione sul motivo del difetto di finanziamento del progetto, nonché sui criteri di calcolo dell’indennità di esproprio.

Tale motivo è anzitutto inammissibile, secondo l’orientamento della giurisprudenza amministrativa, per la quale il privato espropriato non è legittimato a far valere in sede giurisdizionale la pretesa invalidità della delibera comunale con la quale è stato approvato il progetto di un’opera pubblica, per inosservanza delle norme relative all’indicazione della copertura finanziaria, in quanto tali norme non sono dirette a tutelare altro interesse se non quello – del tutto estraneo al rapporto intersoggettivo tra privato e Pubblica amministrazione – al corretto andamento finanziario dell’Amministrazione locale (Consiglio di Stato, sez. IV, 29 ottobre 2001, n. 5628; Sez. IV, 29 maggio 1995, n. 400; CSI, 28 gennaio 1998, n. 35).

Il motivo è, poi, anche infondato, in quanto esso è correlato solo ad un’insufficiente finanziamento in ordine alle maggiori pretese patrimoniali vantate dall’appellante, pretese le quali, come esattamente rilevato dal TAR, sfuggono alla giurisdizione del G. A..

Al riguardo, vale ricordare che secondo costante giurisprudenza di questo Consiglio, tutti i profili attinenti alla spettanza o meno e alla misura dell’indennizzo e al suo pagamento non attengono alla legittimità del procedimento espropriativo, ma riguardano questioni di carattere patrimoniale, che presuppongono la conclusione del procedimento di pianificazione, come tali devolute alla cognizione della giurisdizione ordinaria (fra le ultime: Cons. stato, sez. IV, 6 maggio 2010, n. 2627).

22- L’appello va conclusivamente respinto. Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta),

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,

lo respinge e, per l’effetto, conferma l’appellata sentenza.

Spese a carico della parte appellante in favore della parte appellata costituita, nella misura di euro tremila, oltre spese generali, IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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