Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 24-02-2011, n. 4450 Acque pubbliche e private Energia elettrica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Vignuda Franco s.r.l. ha impugnato, dinnanzi al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, la Delib. n. 4 del 2007, adottata dal Comitato Istituzionale dell’Autorità di Bacino regionale del Friuli-Venezia Giulia, recante – come riferito nella sentenza del TSAP n. 200 del 2009 – "riduzione del deflusso minimo vitale per le sorgenti (un terzo della quantità minima di portata della sorgente calcolata negli ultimi cinque anni), implicante una riduzione del 35% della produzione idroelettrica annuale, con accresciute problematiche relative alle turbine tarate per l’attuale dimensionamento delle quantità d’acqua tratta dal torrente (OMISSIS) e da altri corsi d’acqua".

La ricorrente, titolare di concessioni di piccole derivazioni idroelettriche, ha sostenuto la illegittimità dell’impugnato provvedimento, deducendo tra l’altro, per quanto in questa sede rileva, la violazione della L. n. 241 del 1990, per omessa comunicazione dell’avvio di procedimento per la mancata ostensione di atti recanti integrazioni motivazionali, nonchè vizio di motivazione con riferimento agli studi richiamati ma non. resi conoscibili, come il prescelto metodo svizzero, e agli indici di individuazione dei criteri seguiti per ciascun corso d’acqua.

Nel contraddittorio con la Regione Friuli-Venezia Giulia e l’Autorità di bacino regionale del Friuli-Venezia Giulia, l’adito Tribunale, con la richiamata sentenza, ha accolto l’impugnazione ritenendo sussistenti i due denunciati vizi, assorbite le ulteriori censure svolte dalla ricorrente.

Il TSAP ha ritenuto che, in base alla citata L. n. 241 del 1990, art. 7, applicabile a qualsiasi tipo di procedimento, l’adozione dell’impugnato provvedimento dovesse essere preceduta dall’avviso di avvio del procedimento, la cui mancanza comportava la illegittimità del provvedimento adottato all’esito del procedimento stesso. In particolare, la mancata comunicazione aveva, nella specie, precluso alla ricorrente di interloquire nel relativo contraddittorio, al quale era pure direttamente interessata in quanto titolare di impianti coinvolti dalle determinazioni in tema di deflusso minimo vitale, destinate a dare luogo ad una riduzione della sfera giuridica dei destinatari. Nè erano state addotte esigenze di particolare urgenza che pure avrebbero potuto consentire una deroga al detto obbligo gravante sull’amministrazione procedente.

Il Tribunale Superiore ha altresì ritenuto fondato il denunciato vizio motivazionale, in quanto la Regione non aveva messo la parte interessata in condizione di conoscere "lo specifico ed approfondito studio per i corsi d’acqua" e le ragioni in base alle quali era pervenuta a ritenere che l’evidente inferiorità di portata dei corsi d’acqua considerati fosse meritevole di particolare attenzione, nonchè le "ricerche svolte dagli uffici della segreteria tecnico- operativa, gli studi, le indagini sul territorio e le attività di documentazione" ad essa riconducibili, con specifico riferimento alle indicazioni contenute nel D.M. Ambiente 28 luglio 2004.

La cassazione di questa sentenza è richiesta dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e dall’Autorità di bacino della Regione Friuli- Venezia Giulia sulla base di due motivi; ha resistito con controircorso la SIED s.p.a., quale successore per incorporazione della Vignuda Franco s.r.l..

Le ricorrenti hanno depositato memoria al fine di far constatare che il TSAP ha disposto la sospensione della sentenza impugnata. Anche la società resistente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ..
Motivi della decisione

1. Con il primo motivo, le amministrazioni ricorrenti deducono violazione dell’art. 13 e falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, artt. 7 e 8 e successive modificazioni e integrazioni (L.R. Friuli-Venezia Giulia 20 marzo 2000, n. 7, artt. 13 e 18).

Le ricorrenti sostengono che la deliberazione del Comitato Istituzionale dell’Autorità di bacino n. 4 del 2007 – la quale definisce, in attuazione di specifica normativa statale e regionale, il valore del cosiddetto deflusso minimo vitale per le sorgenti, per i corsi d’acqua con bacino idrografico collinare e montano nonchè per i corsi d’acqua di risorgiva, e determina quindi un valore necessario al fine di non depauperare il patrimonio idrico, impedendo così danni all’ambiente e preservando ogni forma di vita faunistica e floreale – non avrebbe natura provvedimentale, integrando piuttosto un atto generale e astratto, applicabile a chiunque concretamente dovesse trovarsi nella condizione di dover utilizzare l’acqua a scopo di derivazione. In quanto tale, la detta deliberazione non poteva ritenersi sottoposta all’applicazione della norma che impone l’avviso dell’avvio di procedimento per la sua adozione, espressamente escluso della L. n. 241 del 1990, art. 13, comma 2, (L.R. n. 7 del 2000, art. 18).

2. Con il secondo motivo, le ricorrenti denunciano violazione dell’art. 3, comma 2, e falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, art. 3, comma 1, (art. 4, commi 1 e 2, L.R. citata).

La motivazione della quale la società aveva denunciato la mancanza nella deliberazione impugnata e che il TSAP ha ritenuto necessaria riguarderebbe, infatti, i provvedimenti amministrativi, e cioè quegli atti amministrativi specificamente indirizzati nei confronti di un soggetto o eventualmente di un gruppo ben definito di soggetti nei confronti dei quali soltanto esplicano efficacia; ma non potrebbe in alcun modo essere predicata con riferimento agli atti amministrativi rivolti alla pluralità dei consociati e finalizzati a regolare posizioni al momento solo astratte, e cioè nei confronti degli atti generali, come del resto è fatto palese dalla L. n. 241 del 1990, art. 3, comma 2, che esclude dall’obbligo di motivazione gli atti amministrativi di carattere generale, quale è appunto la deliberazione impugnata. Quest’ultima, del resto, conformemente alle indicazioni desumibili dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato relativamente alla motivazione degli atti generali (piani regolatori), esplicita, nelle proprie premesse, le ragioni di carattere generale, i principi di impostazione generale sui quali essa si fonda.

3. I due motivi di ricorso, all’esame dei quali può procedersi congiuntamente in considerazione del fatto che essi postulano il medesimo accertamento sulla natura della deliberazione impugnata dinnanzi al TSAP, – sono innanzitutto ammissibili, non riscontrandosi l’ipotesi di inammissibilità di cui all’art. 360 bis cod. proc. civ., n. 1, come eccepito dalla controricorrente. Il TSAP, infatti, ha formulato il proprio giudizio unicamente sul rilievo della natura provvedimentale della deliberazione impugnata; e tale statuizione, lungi dall’implicare applicazione di principi di diritto consolidati, della cui mancata contestazione si duole la contro ricorrente per sostenere l’inammissibilità del ricorso, postula unicamente la sollecitata valutazione della natura della delibera al fine di verificare se in riferimento ad essa sia stata fatta corretta applicazione delle disposizioni che si assumono violate.

4. I motivi di ricorso sono entrambi fondati.

La Delib. n. 4 del 2007 dell’Autorità di bacino regionale della Regione Friuli-Venezia Giulia reca "Determinazione del minimo deflusso vitale per sorgenti, corsi d’acqua con bacino idrografico collinare e montano e corsi d’acqua di risorgiva". Essa, in attuazione della normativa statale ( R.D. n. 1775 del 1933, art. 7;

D.Lgs. n. 152 del 1999; D.M. 28 luglio 2004, emanato in osservanza del citato D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 22, comma 4, e avente ad oggetto le linee guida per la predisposizione del bilancio idrico di bacino, comprensive dei criteri per il censimento delle utilizzazioni in atto e per la definizione del minimo deflusso vitale) e regionale (L. R. n. 28 del 2001; L.R. n. 16 del 2002, istitutiva dell’Autorità di bacino regionale) detta la disciplina, anche transitoria, della determinazione del minimo deflusso vitale per tutti i corsi d’acqua della Regione che abbiano un bacino idrografico collinare o montano e per tutti i corsi d’acqua di risorgiva della Regione.

Tale deliberazione, dunque, lungi dal costituire esercizio di potestà provvedimentale, idonea ad incidere direttamente sulle posizioni soggettive di singoli con-cessionari di derivazioni idroelettriche della Regione Friuli-Venezia Giulia, e in particolare i concessionari di derivazioni dal torrente (OMISSIS) (come erroneamente ritenuto dalla sentenza impugnata laddove ha riportato l’oggetto della detta deliberazione), costituisce un atto di carattere generale e astratto, finalizzato a determinare il limite da osservare nel rilascio delle nuove concessioni e a stabilire, in via transitoria, i tempi per l’adeguamento di detto limite delle concessioni in essere. Non si è quindi in presenza di una determinazione diretta ad incidere sulle posizioni soggettive di determinati concessionari, ma di un atto volto a stabilire, in via generale e per tutti i corsi d’acqua della Regione, che abbiano le caratteristiche tali da farli rientrare tra quelli cui si riferisce la Delib. n. 4 del 2007, il valore del minimo deflusso vitale, per il perseguimento di finalità di protezione ambientale di cui alla richiamata normativa statale e regionale.

In particolare, deve poi escludersi che la deliberazione in questione possa essere qualificata come provvedimento ablativo o negativo, e comunque di carattere espropriativo, per i titolari delle concessioni di derivazione idroelettrica, atteso che essa non ha ad oggetto le singole concessioni, assunte con riferimento ad un individuato concessionario o a uno specifico corso d’acqua, ma si limita a disciplinare in via generale e per tutti i corsi d’acqua della Regione rispondenti ai requisiti contemplati nella deliberazione stessa, il deflusso minimo vitale per le indicate finalità, e non anche ad incidere direttamente sulle posizioni soggettive di singoli titolari di concessioni idroelettriche.

Del resto, come si evince dal controricorso, la censura di violazione della L. n. 241 del 1990, art. 7, era stata prospettata dalla concessionaria sul presupposto che la deliberazione impugnata si riferisse al torrente (OMISSIS), in relazione al quale erano facilmente individuabili i concessionari, ai quali quindi si sarebbe dovuto comunicare l’avviso di avvio del procedimento finalizzato alla, determinazione del minimo deflusso vitale. Ma, come risulta dalla rubrica e dal contenuto della deliberazione impugnata, essa aveva ad oggetto non un singolo corso d’acqua, ma tutti i corsi d’acqua della regione aventi determinate caratteristiche. Quanto poi alla incidenza della deliberazione sulle concessioni in atto, la deliberazione stessa contiene una disciplina transitoria, della cui adeguatezza la contro ricorrente, per quanto risulta dalla sentenza impugnata, non si è specificamente doluta.

In relazione all’adozione della Delib. n. 4 del 2007 del Comitato istituzionale dell’Autorità di bacino della Regione Friuli-Venezia Giulia, pertanto, non vi era luogo a comunicare ai singoli concessionari di derivazioni idroelettriche della Regione l’avviso di avvio di procedimento. La L. n. 241 del 1990, art. 13, collocato nel capo 3^ della legge, rubricato "Partecipazione al procedimento amministrativo", e che si apre con l’art. 7, che il TSAP ha ritenuto nella specie violato, come correttamente rilevato dalle ricorrenti, stabilisce infatti che "le disposizioni contenute nel presente capo non si applicano nei confronti dell’attività della pubblica amministrazione diretta alla emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione". 4.1. Dalla accertata natura di atto a carattere generale della deliberazione adottata dal Comitato istituzionale dell’Autorità di bacino discende altresì la fondatezza del secondo motivo di ricorso, con il quale le ricorrenti si dolgono che il TSAP, sulla presupposta natura provvedimentale della deliberazione stessa, abbia ritenuto necessaria la motivazione con riferimento ai profili prima ricordati.

La L. n. 241 del 1990, art. 3, dopo aver previsto, in via generale, al comma 1, che ogni provvedimento amministrativo, compresi quelli concernenti l’organizzazione amministrativa, lo svolgimento dei pubblici concorsi ed il personale, deve essere motivato e che la motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria, dispone al comma 2 che "la motivazione non è richiesta per gli atti normativi e per quelli a contenuto generale". E’ evidente, dunque, che, una volta riconosciuto alla delibera del Comitato istituzionale dell’Autorità di bacino il carattere di atto generale, non è possibile sostenerne la illegittimità per difetto di motivazione, per i profili indicati nella impugnata sentenza.

5. In accoglimento del ricorso, quindi, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, in diversa composizione, perchè procedei all’esame dei restanti motivi di impugnazione.

Al giudice del rinvio è demandata altresì la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, in diversa composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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