Cons. Stato Sez. IV, Sent., 24-01-2011, n. 485 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La società appellante, proprietaria di un immobile sito nel comune di Moglia con annessa un’area di cortile di pertinenza del fabbricato, con la finalità di opporsi alla determinazione dell’amministrazione comunale di procedere all’espropriare una parte del proprio terreno per i lavori di prolungamento della via Tiziano, ha impugnato innanzi al TAR di Brescia le concessioni edilizie rilasciate dallo stesso comune alla società contro interessata in primo grado ed attuale appellata, per la realizzazione di cinque fabbricati ad uso residenziale, così come previsto dal piano di recupero per l’area "ex Macello", approvato con deliberazione del consiglio comunale di Moglia n. 36 del 18.6.2001.

Con il ricorso al TAR la società aveva dedotto i seguenti motivi:

1. Violazione art. 31, comma 5, della legge urbanistica n, 1150 del 1942, che subordina l’esercizio dell’attività edificatoria all’esistenza delle opere di urbanizzazione primaria o alla previsione, da parte dei comuni, dell’attuazione delle stesse nel successivo triennio o all’impegno dei privati di procedere all’attuazione delle medesime.

2. Violazione delle disposizioni del piano di recupero, la cui convenzione urbanistica subordinerebbe il rilascio dei provvedimenti concessori all’inizio dell’esecuzione delle opere di urbanizzazione afferenti i lotti da edificare.

3. Violazione dell’art. 10 della legge 7.8.1990, n. 241, per la mancata confutazione da parte del Comune delle argomentazioni addotte dalla ricorrente con articolata memoria di partecipazione al procedimento; violazione di legge per mancata osservanza delle prescrizioni planivolumetriche del piano particolareggiato.

4. Illegittimità derivante dai vizi delle delibere di adozione ed approvazione del piano di recupero, già impugnate con altro ricorso.

Con sentenza n. 967 del 2003 il TAR di Brescia ha dichiarato inammissibile il ricorso per carenza di interesse, atteso che l’eventuale annullamento delle concessioni edilizie impugnate non potrebbe incidere in alcun modo sul programmato intervento di completamento della via Tiziano, teso alla soddisfazione di interessi pubblici che prescindono dall’edificazione del comparto.

Avverso tale sentenza ha proposto appello la società P., osservando pregiudizialmente di possedere un duplice interesse processuale, sia come proprietario delle aree interessate all’espropriazione, sia come proprietario di area contigua a quella di sedime degli interventi autorizzati con le impugnate concessioni edilizie.

A tale ultimo riguardo parte appellante insiste sulla circostanza che, nel momento del rilascio dei titoli edilizi all’appellata, il suo diritto dominicale era pieno ed incondizionato, essendo gravata la proprietà "esclusivamente da un vincolo preordinato all’espropriazione, quale è il vincolo di P.R.G.".

Di qui la sua legittimazione, quale proprietario di immobile contiguo, erroneamente non considerata tale dalla sentenza di primo grado, la quale neppure avrebbe tenuto conto del fatto che il ricorso aveva per oggetto vizi propri delle concessioni in quanto tali, a prescindere dalla loro connessione con l’intervento espropriativo.

L’appellante torna, quindi, a ripetere che era ed è titolare di un interesse al ricorso anche nella sua qualità di proprietario di un’area destinata all’espropriazione dal P.R.G., che aveva introdotto il vincolo preordinato all’espropriazione, di per sé condizione necessaria, ma certamente non sufficiente per avere e dare certezza dell’effettività dell’intervento espropriativo, tenuto conto che solo con il Piano di Recupero e la convenzione stipulata in esecuzione dello stesso erano state poste tutte le determinazioni che trasformavano quella, che nel P.R.G. è una mera eventualità, in un progetto certo e definito nei tempi e nei modi. Il TAR avrebbe dunque palesemente commesso un errore di giudizio nel negare il collegamento funzionale tra "gli atti impugnati" e il completamento dell’opera di viabilità.

L’illegittimità del procedimento risulterebbe aggravata, poi, dal fatto che esso è stato portato a termine senza neppure la partecipazione della proprietà delle aree.

Tutto ciò premesso, l’appellante passa poi a riproporre gli stessi motivi sollevati in primo grado.

Si è costituita con memoria la parte privata appellata.

Anche parte appellante ha depositato ulteriori memorie.

Alla pubblica udienza del 21.12.2010 l’appello è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

1 – Preliminarmente, ritiene il Collegio di tener distinti i tre ricorsi proposti dalla stessa società appellante, aventi ad oggetto tre distinte sentenze del TAR, solo in parte riguardanti la medesima vicenda pianificatoria connessa all’attuazione del P.d.R. " ex Macello " del comune di Moglia.

Ciò, anche al fine di non affastellare eccessivamente l’esposizione in fatto e diritto, in ossequio al principio di chiarezza e sinteticità, di cui all’art. 3, comma 2, c.p.a..

2 – Nel merito, vale preliminarmente precisare che la società appellante, proprietaria di un immobile, attualmente gestito dalla soc. C.E. per la produzione di macchinari dell’industria grafica e tessile, sito nel comune di Moglia con annessa un’area di cortile di pertinenza del fabbricato (accatastato al fg. 26, mappali, rispettivamente 185, nonché 244, 251 e 255), nel dichiarato intento di opporsi alla decisione dell’amministrazione comunale di espropriare una parte del proprio terreno per i lavori di prolungamento della via Tiziano, ha impugnato, con il ricorso deciso con la sentenza del TAR di Brescia oggetto del presente appello, due concessioni edilizie, nn. 83 e 84 del 20.8.2002, rilasciate per la realizzazione di cinque fabbricati a destinazione residenziale in esecuzione del piano di recupero per l’area "ex Macello" approvato con deliberazione del consiglio comunale di Moglia n. 36 del 18.6.2001.

2.1 La stessa delibera, insieme a quella di adozione del P.d.R., di iniziativa privata per l’area "ex Macello", unitamente alla relativa convenzione, nonché le concessioni edilizie dallo stesso Comune rilasciate alla società controinteressata per la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria relative al piano di recupero e per la costruzione di un fabbricato a destinazione commerciale/residenziale in esecuzione del piano medesimo, erano state a loro volta impugnate con separati ricorsi al medesimo TAR, riuniti e decisi con sentenza del TAR di Brescia n. 965 del 2003, anch’essa appellata con separato ricorso a questo Consiglio, deciso con separata sentenza di rigetto dell’appello, con la quale la Sezione ha ritenuto quanto segue.

3 – Con la ricordata sentenza n. 965/2003 il Giudice di primo grado aveva dichiarato irricevibile il ricorso avverso gli atti relativi al piano di recupero, i quali avrebbero dovuto essere impugnati nel termine di decadenza decorrente dall’ultimo giorno di pubblicazione delle delibere comunali di adozione ed approvazione del piano, nonché irricevibile e inammissibile anche il secondo gravame, in quanto proposto contro la c.e. n. 82 del 2.4.2002, esclusivamente per l’invalidità derivante dai vizi degli atti gravati con il primo ricorso.

4 – Con quell’appello (nrg 9835/2003) la società P. era insorta contro la riportata statuizione del giudice di prime cure, osservando che la sentenza si sarebbe limitata a dar rilievo al dato, incontestato dalla stessa società ricorrente in primo grado, della collocazione esterna delle aree di proprietà di P. s.r.l. rispetto al perimetro del piano di recupero, trascurando tuttavia il dato per cui l’attribuzione della caratteristica di terzietà del soggetto rispetto alle previsione del P.d.R. – ai fini della sua diretta notifica alla ricorrente – si basava su presupposti diversi da quelli in concreto registrati nel procedimento di approvazione del P.d.R., presupposti non ricorrenti nel caso di specie.

In particolare, su tale punto l’appellante aveva ribadito quanto già dedotto innanzi al TAR, circa il fatto che l’area "interessata dall’espropriazione" era pacifìcamente esterna al perimetro di comparto, così come disegnato dal Piano Regolatore.

Peraltro e per contro, tale perimetro non poteva individuare il criterio distintivo tra i soggetti nei confronti dei quali esiste l’obbligo di notifìca ai sensi dell’art. 16, penultimo comma, della legge urbanistica del 1942.

Infatti, il comparto, nel localizzare e dimensionare le aree destinate a standards, non può gravare disomogeneamente le diverse proprietà, come sarebbe avvenuto nel caso di specie, ove addirittura le aree di proprietà della ricorrente sono per intero destinate a soddisfare il fabbisogno di standard, ed in particolare di opere di urbanizzazione primaria, senza poter beneficiare di alcuna possibilità edificatoria.

5 – Dallo stesso principio di oggettiva unitarietà del comparto l’appellante faceva, con quell’appello, derivare la necessità di una valutazione della effettiva e reale estensione dello stesso, tenendo appunto conto della necessaria appartenenza al comparto sia delle aree direttamente destinate all’edificazione, sia delle aree destinate a servire tale edificazione, a renderla concretamente possibile e giuridicamente legittima; solo ricomprendendo nel comparto le une e le altre lo stesso poteva considerarsi tale.

Nel caso di specie, concludeva l’appellante, la configurazione dell’intervento rendeva evidente il ruolo assegnato all’area dell’appellante, che assume la "funzione di viabilità interna al comparto", seppur perimetrale, del tutto simmetrica alla viabilità che separa la parte residenziale.

6 – Su tale punto di doglianza, con la decisione assunta sul ricorso in appello nrg 9835 del 2003 questa Sezione ha colto l’inconsistenza della censura, essendo contradditorio parlare di " viabilità interna al comparto seppur perimetrale", dopo avere ribadito la collocazione esterna delle aree di proprietà di P. s.r.l. rispetto al perimetro del piano di recupero.

7 – Per cogliere meglio l’infondatezza del motivo d’appello, con la stessa decisione si è precisato che il Piano di recupero ed il relativo "comparto di intervento", collocato nel capoluogo comunale, si estende per mq. 11.985 su una superficie di pianta regolare a forma di parallelogramma, perimetrato a nord da via Michelangelo, a sud dall’area verde adiacente il centro polivalente Mondo Tre, ad est da Via Tiziano e ad ovest da corso Garibaldi.

Sulla predetta area era ubicata una serie di fabbricati, divenuti con il tempo fatiscenti, prima adibiti ad uso macello e da diverso tempo ormai abbandonati.

L’intervento prevedeva la totale demolizione dei fabbricati, tranne per il corpo di fabbrica collocato all’estremo sudovest, che sarebbe stato "ceduto come standard urbanistico al Comune per futuri utilizzi pubblici" (cfr. relazione illustrativa allegata alla delibera comunale n. 16 del 2001, oggetto di impugnativa al TAR).

L’area in contestazione è quella di sedime della predetta via Tiziano, identificata con i mappali 244 e 251 del fg. 26.

Il tracciato di via Tiziano rappresentava una previsione viaria contenuta, sin dal 1986, nel P.R.G. del medesimo comune, in cui risultava ben evidente, al pari delle altre principali vie di comunicazione, la predetta via, quale asse di collegamento ortogonale tra via Michelangelo a nord e via Giotto a sud, proseguendo poi oltre quest’ultima sino alla successiva via Mantegna e parallela, a sua volta, al corso Garibaldi e alla via Botticelli, rispettivamente ad ovest e ad est.

8 – Pertanto la strada in questione non è stata introdotta dal P.d.R. contestato dalla società P., quale opera di urbanizzazione primaria, strumento di viabilità necessaria per dare accesso dall’esterno al comparto inserito nel Piano, ma era già da tempo prevista nei precedenti strumenti urbanistici generali ed era, sin dall’inizio, destinata a servire non già un singolo comparto, ma un intero quartiere allocato ad est del corso Garibaldi, comprendente, oltre al comparto in questione, anche gli isolati serviti dalla via Michelangelo, dalla via Botticelli e dalla via Giulio Romano.

9 – La via Tiziano si presenta, dunque, come strumento di collegamento viario significativo e si colloca, dunque, tra le principali vie di comunicazione stradale, di cui il piano regolatore deve essere munito, ai sensi dell’articolo 7 della legge urbanistica n. 1150 del 1942.

10 – A contrastare tali conclusioni non vale invocare il punto 2.2.1 della convenzione in data 4.8.2001, sottoscritta dal comune di Moglia e dalla U. s. c. a r. l., che prevedeva l’obbligo del comune medesimo di "completare le opere di urbanizzazione primaria di via Tiziano contemporaneamente a quelle realizzate dalla società lottizzante". Neppure serve il richiamo al punto 27 della concessione edilizia n. 82 del 2.4.2002, rilasciata alla U. e gravata con lo stesso ricorso al TAR, laddove essa contemplerebbe, invece, la necessità di procrastinare la realizzazione delle opere di completamento della via Tiziano ad un momento successivo all’acquisizione della relativa area di proprietà della ricorrente, consentendo, nel frattempo, l’esecuzione delle opere di urbanizzazione da parte del privato lottizzante.

11 – Le disposizioni della convenzione attuativa del P.d.R. e le previsioniprescrizioni della concessione edilizia n. 67/2001 non si inseriscono, infatti, all’interno del piano stesso quali momenti di sua esecuzione ed attuazione, ma rappresentano soltanto una fase attuativa del PRG, la quale si correla allo strumento attuativo in questione, ma solo in termini temporali ed occasionali e non anche funzionali.

In altri termini, la realizzazione del P.d.R. dell’ex macello ha costituito l’occasione – con la conseguente contestualità temporale – per portare a compimento il tracciato stradale di via Tiziano, la quale, tuttavia, si pone al di fuori del piano stesso e non ne rappresenta né contenuto, né strumento di realizzazione.

Pertanto, lo strumento di acquisizione delle aree per realizzare o completare via Tiziano non era quello collegato alla tecnica di partecipazione preventiva dei proprietari delle aree da espropriare inserite nel comparto, ai sensi dell’articolo 23 della legge urbanistica n. 1150 del 1942, ma quello, del tutto diverso, di diretta acquisizione delle aree necessarie per dare esecuzione alle previsioni di PRG in materia di viabilità collettiva, ben anteriori alla data di adozione ed approvazione del P.d.R..

12 – Stante l’estraneità delle aree necessarie a realizzare la viabilità comunale di via Tiziano precedentemente disegnata con lo strumento pianificatorio generale, l’appellante, proprietaria delle stesse, non poteva, né doveva considerarsi "proprietario degli immobili vincolati dal piano", cui doveva notificarsi direttamente e singolarmente il piano medesimo, ai sensi dell’articolo 16 della legge n. 1150 del 1942. Di qui, la legittimità delala declaratoria della tardività dell’impugnativa del P.d.R. disposta con la sentenza del TAR di Brescia n. 965 del 2003.

13 – Con la medesima decisione di cui al nrg 9835 del 2003 questa Sezione ha ritenuto che nessun interesse l’appellante società P. avesse addotto per contrastare l’adozione ed approvazione dello stesso piano esecutivo, ritenendo inidonei a sostenere tale interesse (da non confondere con la legittimazione a ricorrere connessa alla titolarità di una posizione soggettiva), né il completamento di via Tiziano, che, come ripetutamente detto, è fuori del piano attuativo, né la generica ed indimostrata pretesa violazione del principio di perequazione urbanistica, che sembrerebbe avere inciso sulle capacità edificatorie delle aree dell’appellante, senza, tuttavia, che la stessa avesse fornito la minima indicazione al riguardo.

14 – Sempre con la stessa decisione, la Sezione ha ritenuto inammissibile per carenza di interesse il motivo afferente l’illegittimità della concessione edilizia impugnata con il gravame deciso dal TAR di Brescia con la sentenza n. n. 965/2003.

Infatti, non essendo la società appellante proprietaria di aree ricomprese nel perimetro del piano di recupero, essa non era interessata (seppur legittimata per effetto della vicinitas) a dolersi di eventuali illegittimità della concessine edilizia.

Il criterio della vicinitas, infatti, seppur idoneo a supportare la legittimazione al ricorso, non esaurisce certo gli ulteriori profili dell’interesse concreto all’impugnazione, costituito dalla lesione effettiva e documentata delle facoltà dominicali del ricorrente, nella specie indimostrata.

15 – Le predette considerazioni evidenziano la correttezza delle statuizioni della sentenza del TAR qui appellata, con la quale si è giustamente ritenuto che, avendo la società ricorrente proposto la impugnazione delle due concessioni edilizie rilasciate alla controinteressata con l’intento di impedire la realizzazione delle opere di completamento di via Tiziano mediante l’espropriazione di una porzione di area di sua proprietà, sull’erroneo presupposto del collegamento funzionale esistente tra il completamento dell’opera di viabilità in questione e l’edificazione del comparto del piano di recupero per l’area "ex Macello", il ricorso era palesemente inammissibile per difetto di interesse.

La società P., infatti, avrebbe dovuto impugnare le previsioni di PRG, con le quali la classificazione a strada della porzione di area della ricorrente destinata alla realizzazione di via Tiziano aveva preceduto di molti anni la perimetrazione del comparto del piano di recupero.

Ciò dimostrava, secondo la corretta ricostruzione del TAR, che l’intervento di completamento della via Tiziano era volto al perseguimento delle finalità di miglioramento della pubblica viabilità del quartiere, mediante il collegamento della via Tiziano con la via Michelangelo.

Del pari condivisibile è l’ulteriore osservazione dei Giudici di primo grado per cui non avrebbe avuto rilievo, ai fini del rinvenimento delle reali motivazioni poste dal comune alla base dell’opera di completamento della viabilità, il fatto che, con la convenzione urbanistica del piano di recupero, l’amministrazione avesse ritenuto opportuno eseguire l’intervento contemporaneamente all’attuazione da parte della U. delle opere di urbanizzazione primaria del comparto del medesimo piano di recupero. Ciò in quanto le specifiche modalità esecutive di un intervento per la realizzazione di un’opera pubblica non influiscono sulle ragioni che hanno mosso l’amministrazione a determinarsi a favore di tale intervento, che, nella fattispecie in questione, sono da rinvenirsi senza dubbio nel pubblico interesse al miglioramento della viabilità e non nella realizzazione di una strada a servizio delle edificazioni del comparto.

16 – Si tratta di considerazioni del tutto condivisibili, alla luce delle considerazioni sopra riportate con riferimento alla contestuale decisione sul ricorso in appello nrg. 9835 del 2003.

D’altra parte, la stessa parte appellante dichiara, per contestare la declaratoria di inammissibilità del ricorso di primo grado, di avere un duplice interesse alla decisione. Il primo, costituito dalla qualità di proprietario dell’area da espropriare per realizzare via Tiziano ed il secondo quale proprietario di area contigua.

Entrambi i profili di interesse sono però palesemente infondati.

Il primo, perché l’espropriazione dei terreni inerenti via Tiziano non è né conseguenza, né presupposto, né contenuto del P.d.R., né, tanto meno, delle due concessioni edilizie qui in contestazione, che nulla hanno a che vedere con le particelle interessate dall’esproprio per via Tiziano.

Il secondo, perché, come già detto, la vicinitas è condizione necessaria, ma non sufficiente a radicare (ferma la legittimazione) l’interesse al ricorso, il quale necessita anche la dimostrazione del pregiudizio concreto alle facoltà dominicali del vicino, che nella specie non sussistono.

17 – D’altronde, la stessa parte appellante si rende conto della inconsistenza del criterio della vicinitas quale elemento per radicare l’interesse, invocando ulteriormente, un problema di viabilità.

Al riguardo, riproponendo un motivo del ricorso di primo grado, la società appellante osserva che con le impugnate concessioni edilizie risulterebbe modificato un parametro, quale il numero complessivo degli alloggi (che passa da 23 a 26) di fondamentale importanza, condizionante per di più nel caso di specie proprio la sua posizione, in quanto le concessioni edilizie illegittimamente rilasciate prevedono ben 8 passi carrabili, realizzati per di più a filo della recinzione, senza alcun invito e con una pendenza da – 2,20 a – 0,15 in poco più di 6 mt., costringendo gli automezzi in uscita ad impegnare la sede stradale senza aver potuto avere della stessa una previa visione, in contrasto con le più elementari norme di cautela tecnica.

Di qui l’asserito interesse "massimo" di P. s.r.1., sboccando tali passi carrabili sulla viabilità che il Comune intende realizzare sulla esproprianda sua proprietà.

Come è evidente, si tratta di un interesse connesso alla sicurezza della viabilità stradale, che nulla ha a che vedere con quello connesso alle facoltà insite nel diritto dominicale in connessione alle realizzande concessioni edilizie.

18 – In conclusione, l’appello va respinto.

Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta),

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,

respinge l "appello stesso e, per l’effetto, conferma la sentenza del TAR.

Spese a carico della parte appellante in favore della parte appellata costituita, liquidate in complessivi euro tremila, oltre pese generali, IVA e CPA..

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *