Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 17-09-2010) 26-01-2011, n. 2555 Sicurezza sociale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ria da ultimo depositata.
Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Brescia in parziale riforma della sentenza di condanna pronunziata dal Tribunale di Brescia nei confronti di M.R. ha ridotto, avuto riguardo al provato attivarsi del M. per una maggiore sicurezza del lavoro, la pena già inflitta di mesi uno di reclusione, con la pena pecuniaria corrispondente ad Euro 1140,00 di multa.

Il M. ha proposto ricorso per cassazione per ottenere l’annullamento del provvedimento appena sopra menzionato.

All’udienza pubblica del 17/9/2010 il ricorso è stato deciso con il compimento degli incombenti imposti dal codice di rito.
Motivi della decisione

Il M. è stato ritenuto responsabile del delitto p. e p. dall’art. 40 cpv. c.p., art. 590 c.p., commi 1 e 3, in relazione all’art. 583 c.p., art. 2087 c.c., D.P.R. n. 547 del 1955, art. 132, perchè nel Luglio 2003, nella qualità di legale rappresentante della ditta ATP Plast esercente attività di produzione e commercio di materie plastiche e films plastici per imballo, consentendo che il dipendente C.A. fosse addetto al macchinario marca Omam matr. 0137, in mancanza delle necessarie misure di sicurezza, non impediva che l’infortunato (che stava eseguendo con altro lavoratore, operazioni di accompagnamento di un foglio plastico dall’estrusore ai tre rulli di raffreddamento fino al successivo posizionamento sui rulli di trasporto), tentasse (essendosi avveduto che parte del foglio si stava riavvolgendo al terzo rullo), di riprendere il foglio rimanendo impigliato nella macchina. Invero tale macchina presentava la zona di imbocco dei cilindri contrapposti destinati alla filatura dei fogli in polimero, non protetta da idoneo riparo per tutta la sua estensione ed era priva di dispositivo di arresto facilmente raggiungibile ed azionabile dal prestatore di lavoro. Al fatto era seguita una malattia guaribile oltre i 40 giorni e l’indebolimento permanente dell’organo della prensione.

Parte ricorrente denunzia:

1) illogicità falsità e carenza di motivazione sotto il profilo della non accertata mancanza di necessità del meccanismo di fermo dalla parte del secondo operatore.

2) erronea e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 547 del 1955, art. 132, commi 1 e 2.

Violazione e/o falsa applicazione di legge.

Carenza ed erroneità della motivazione.

3) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 4 c.p., comma 2, dell’art. 2087 c.c., del D.P.R. 9 aprile 2008, n. 81, e del D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, artt. 4 e ss., a fronte della abnormità e imprevedibilità del comportamento del lavoratore.

Questa Corte rileva:

Il primo motivo di censura oppone, alla ricostruzione di sentenza, una dinamica alternativa in fatto che non può avere ingresso nel giudizio di legittimità nel quale non possono essere sollecitati ulteriori accertamenti di merito nè suggerite ricostruzioni alternative a fronte di sviluppi motivazionali completi coerenti e privi di vizi delle argomentazioni dimostrative come è nel caso che ne occupa.. La pretesa di ritenere corretto l’impiego di macchine prive di presidi che impediscano, nella graduazione di garanzie disegnata dal D.Lgs. n. 547 del 1955, art. 132, il contatto anche accidentale delle mani dell’operatore con organi in movimento delle macchine di produzione, è radicalmente priva di corretto fondamento giuridico. Nessuna esigenza produttiva rende logica una pretesa del genere e illogica una motivazione che applichi un elementare principio dell’ordinamento del lavoro. La tesi della assenza di pericolosità per la bassa velocità del movimento dei rulli (tesi che sembrerebbe negare quanto accaduto e accertato) è stata adeguatamente già rigettata dal giudice di appello e non può riproporsi in questa sede come ipotesi di censura adeguata al catalogo dell’art. 606 c.p.p..

Il secondo motivo di censura deve egualmente essere rigettato. La previsione del D.Lgs. n. 547 del 1955, art. 132, impone la segregazione delle zone di imbocco o quando la segregazione non sia possibile un dispositivo di rapido arresto dei cilindri e, in ogni caso, l’impiego di strumenti che evitino ogni possibilità di contatto tra le mani dell’operatore e le parti in movimento, valendo tale necessità di esclusione contro ogni possibilità di contatto senza distinzione alcuna tra possibilità determinate da manovre istintive, non istintive o, anche solo errate. Anche il terzo motivo di censura, ulteriormente illustrato con la memoria del 28/7/2010, deve essere rigettato. La protesta di abnormità del comportamento dell’infortunato, sollecita una rivalutazione del merito espressamente analiticamente e ragionevolmente già compiuta dal giudice di appello che ha escluso la abnormità del comportamento del lavoratore che agì in condizioni di normalità produttiva e di ordinaria prevedibilità degli occorsi. Il prospettato rapporto tra velocità della dinamica infortunistica, istintività o non istintività dei movimenti dell’addetto, prevedibilità o imprevedibilità dell’azione del lavoratore, non riesce a scalfire, per la contraddittorietà e arbitrarietà dei diversi assunti argomentativi impiegati, la logica della motivazione impugnata.

Il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento nonchè alla rifusione delle spese in favore della costituita parte civile, che liquida in Euro 2.000,00 oltre accessori come per legge.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè alla rifusione delle spese in favore della costituita parte civile, che liquida in Euro 2.000,00 oltre accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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