T.A.R. Calabria Catanzaro Sez. I, Sent., 24-01-2011, n. 87 Atti del procedimento Espropriazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto notificato in data 10.12.1984 e depositato in data 3.1.1985, il ricorrente, nelle qualità di proprietario di un fondo, sito in Spilinga, in località Prigoli, alla partita 1028, catast. Fog. 3, part. 176, di qualità seminativeirrigue, classe 1° superficie Ha 2,a 15, ca 60, pervenuto in forza di testamento olografo del nonno omonimo (atto in notar di Transo Rep. n. 53813 del 10.6.1980), lamentava che il suddetto fondo era stato interessato dalla procedura ablativa de qua, mediante gli epigrafati provvedimenti, avverso cui svolgeva i seguenti motivi di diritto:

1) violazione di legge – violazione e falsa applicazione art. 13 della legge 25.6.1865 n. 2359. violazione dei principi in materia di espropriazione per pubblica utilità – eccesso di potere per carenza assoluta dei presupposti – illegittimità derivata;

La delibera di approvazione del progetto che, ai sensi dell’art. 1 della legge 3.1.1978 n. 1 equivale a dichiarazione di pubblica utilità, non conterrebbe i termini di inizio e fine dei lavori, ma solo un generico riferimento.

2) Violazione di legge – violazione in particolare art. 10 e 11 della legge 22.10.1971 n. 865 – violazione del giusto procedimento – eccesso di potere per difetto dei presupposti – omessa istruttoria;

Non sarebbero stati depositati gli atti della procedura ablatoria de qua, né sarebbe stato inviato l’avviso agli espropriandi.

3) Violazione di legge – violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge 3.1.1978 n. 1- Violazione art. 71 della legge 25.6.1865 n. 2359. violazione del procedimento- violazione artt. 24 e 113 Cost.. Eccesso di potere per travisamento – contraddittorietà ed illogicità omessa istruttoria – ed altri aspetti;

Pur essendo il ricorrente titolare del fondo in forza di testamento olografo del nonno omonimo (atto in notar di Transo Rep. n. 53813 del 10.6.1980), nella Deliberazione di C.C. sarebbe indicato il nominativo del diverso proprietario P.G. fu Serafino, mentre gli atti espropriativi sarebbero stati notificati agli altri eredi, ma non al ricorrente (che sarebbe maggiormente inciso dalla procedura de qua), che non avrebbe ricevuto neanche l’atto di avviso per l’immissione in possesso, almeno 20 giorni prima della data prevista.

4) Violazione di legge – violazione art. 284 e 299 e 300 TULCP 3.3.1934 n. 383. Violazione art. 9 del D.L. 28.2.1983 n. 55. Eccesso di potere per carenza dei presupposti di fatto e di diritto;

Vi sarebbe carenza di copertura delle spese, in quanto sarebbe insufficiente la somma stanziata, che sarebbe coperta soltanto con mutuo della Cassa Depositi e Prestiti ai sensi dell’art. 9 del D.L. 228.2.1983 n. 55;

5) violazione di legge. Violazione e falsa applicazione D. Reg. Calabria 30.5.1983 n. 18. Incompetenza. Violazione art. 106 DPR 24.7.1977 n. 616. Illegittimità Costituzionale in relazione agli artt. 5 e 128 Cost. dell’art. 19 della legge regionale 30.5.1983 n. 18. Violazione TULCP 4.2.1915 n. 148;

Trattandosi di competenza comunale delegata, il potere di emanare gli atti ablativi si dovrebbe ritenere attribuito al Consiglio Comunale ex art.131 del T.U. n. 148 del 1915, poiché l’art. 19 della legge regionale n. 18/1983 non potrebbe modificare le competenze comunali anche in relazione a materie trasferite, nella specie per il Sindaco, poiché, in tal caso, sarebbe costituzionalmente illegittimo, ai sensi degli artt. 5 e 128 Cost.

6) Eccesso di potere per manifesta illogicità – difetto di motivazione -omessa ponderazione- sviamento – manifesta incongruità della scelta operata – ed altri profili.

Mancherebbe ogni motivazione in ordine alla localizzazione dell’opera che sarebbe anche illogica, poiché allungherebbe l’originario tracciato.

Concludeva per il rigetto del ricorso, con vittoria di spese.

Non si costituiva il Comune intimato per resistere al presente ricorso.

Alla pubblica udienza del 19.11.2010, il ricorso passava in decisione.
Motivi della decisione

1. Vengono impugnati gli epigrafati provvedimenti della procedura ablativa avente ad oggetto: "Approvazione progetto per costruzione strada residenziale di collegamento via Manzoni con via Diaz", relativamente al fondo di proprietà del ricorrente, sito in Spilinga, in località Prigoli, alla partita 1028, catast. Fog. 3, part. 176, di qualità seminativeirrigue, classe 1° superficie Ha 2,a 15, ca 60, pervenuto in forza di testamento olografo del nonno (atto in notar di Transo Rep. n. 53813 del 10.6.1980).

2. Ritiene il Collegio, per ragioni di logicità e di coerenza espositiva, di dover preliminarmente esaminare il terzo profilo di gravame, con cui il ricorrente deduce che, pur essendo titolare del fondo in forza di testamento olografo del nonno omonimo (atto in notar di Transo Rep. n. 53813 del 10.6.1980), nella Deliberazione di C.C. sarebbe indicato il nominativo del diverso proprietario P.G. fu Serafino, mentre gli atti espropriativi sarebbero stati notificati agli altri eredi, ma non al ricorrente (che sarebbe maggiormente inciso dalla procedura de qua), che non avrebbe ricevuto neanche l’atto di avviso per l’immissione in possesso, almeno 20 giorni prima della data prevista.

Ad avviso del Collegio, gli atti della procedura ablativa, fra cui anche il decreto di esproprio possono essere legittimamente notificati all’intestatario catastale del fondo, essendo onere del privato interessato curare l’esatta corrispondenza delle risultanze catastali alla reale situazione. Né, nella specie, parte ricorrente allega alcun principio di prova, inteso a dimostrare che, nella specie, sarebbe stato effettuato l’aggiornamento catastale del passaggio della proprietà dal defunto titolare del bene a ciascuno degli eredi e/o che l’Amministrazione era, comunque, a conoscenza dei nominativi degli effettivi proprietari, fra cui il ricorrente. Del resto, la notifica all’intestatario catastale, anziché all’effettivo proprietario dei beni, può, eventualmente, spiegare rilievo soltanto in ordine alla decorrenza del termine per l’opposizione avverso la stima dell’indennità, nonché all’eventuale diritto di conseguire gli interessi ed i danni per la ritardata riscossione dell’indennità stessa, senza incidere sulla validità ed efficacia del provvedimento ablativo, e, pertanto, non abilita detto effettivo titolare ad invocare l’abusività dell’occupazione del fondo al fine di ottenere il risarcimento dei danni da essa derivanti (Cons. Stato Sez. IV, 02 giugno 1984 n. 429; Cass. Civile Sez. Un. 2 aprile 1984 n. 2147).

Pertanto, la censura non può essere condivisa.

3.Con il primo motivo, il ricorrente deduce che il provvedimento impugnato non conterrebbe i termini di inizio e fine dei lavori, ma soltanto il generico riferimento, "entro diciotto mesi dall’adozione del decreto di inizio dei lavori" ed all’occupazione "che dovrà convertirsi in espropriazione definitiva entro cinque anni".

Com’è noto, il provvedimento di approvazione del progetto, che, ai sensi dell’art. 1 della legge n. 1 del 1978 equivale a dichiarazione di pubblica utilità, deve contenere, ai sensi dell’art. 13 della legge n. 2359 del 1865, la determinazione dei termini di inizio e di ultimazione delle espropriazioni e dei lavori, affinché, sin dal primo atto del procedimento espropriativo, sia evidenziato con certezza il periodo di compressione del diritto di proprietà. Il che comporta che tali termini devono essere indicati in modo certo e puntuale. Nella specie, i termini precitati, ancorchè non sono espressamente indicati mediante date precise, sono comunque determinabili in modo certo ed inequivocabile, "per relationem", mediante il riferimento al Decreto di occupazione d’urgenza del Sindaco del Comune di Spilinga prot. n. 2813 del 19.9.1984, senza che residui al riguardo alcun margine di discrezionalità in capo all’Amministrazione.

Poiché, quindi, nella specie, non emerge la possibilità di una illegittima dilatazione del periodo di compressione della proprietà oltre i limiti consentiti, la censura non può essere accolta.

4. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce che non sarebbero stati depositati gli atti della procedura ablatoria previsti né a sé stesso, né agli altri comproprietari espropriandi.

Gli adempimenti di cui all’art. 10 della legge 22 ottobre 1971 n. 865, concernenti il deposito nella segreteria del comune di una relazione esplicativa dell’opera, correlata dai prescritti documenti, non implicitamente abrogato dall’art. 1 della legge 3.1.1978 n. 1, devono trovare applicazione anche nei procedimenti espropriativi, nei quali l’effetto dichiarativo della pubblica utilità dell’opera discende direttamente dall’atto di approvazione del progetto, anche al fine di garantire che, in tutte le fasi della procedura di espropriazione, i rapporti fra l’amministrazione ed i soggetti titolari delle situazioni soggettive incise dal provvedimento ablatorio siano informati al principio del contraddittorio, nonché al fine di consentire la riconosciuta facoltà di prospettare le proprie valutazioni in ordine alla realizzanda opera pubblica.

Nella specie, quanto alla posizione del ricorrente, l’omissione discende dal (presumibile) mancato aggiornamento catastale che potrebbe aver determinato l’omessa notifica a tutti gli eredi del de cuius, non avendo il ricorrente prodotto alcuna prova in ordine all’avvenuto aggiornamento catastale del passaggio della proprietà dal defunto titolare del bene a ciascuno degli eredi nonché in ordine alla circostanza secondo cui l’Amministrazione sarebbe stata, comunque, a conoscenza dei nominativi degli effettivi proprietari, fra cui il ricorrente.

Quanto alla posizione degli altri coeredi, la censura appare formulata in modo generico e dubitativo e, comunque, non appare supportata da interesse rilevante ex art. 100 cpc, non avendo, peraltro, costoro interposto gravame.

5. Con il quarto motivo, il ricorrente deduce carenza di copertura delle spese, in quanto sarebbe insufficiente la somma stanziata, che sarebbe coperta soltanto con mutuo della Cassa Depositi e Prestiti ai sensi dell’art. 9 del D.L. 228.2.1983 n. 55.

Ad avviso del Collegio, l’art. 284 del T.U. 3 marzo 1934 n. 383, che richiede la copertura finanziaria di ogni spesa dell’amministrazione, deve ritenersi rispettato quando la delibera comunale indichi una previsione di spesa che non appaia "ictu oculi" nè fittizia, nè illogica e risulti che al finanziamento si provvede con i fondi anche in futuro nella disponibilità dell’ente, disponendo a carico del bilancio comunale ogni maggiore spesa.

Ed invero, risulta sottratto alla sede giurisdizionale un giudizio di merito sulla congruità della spesa presunta e, comunque, nella specie, l’indicazione della copertura di spesa può essere considerata non carente, in quanto il finanziamento mediante mutuo erogato dalla Cassa DD.PP. costituisce un ordinario sistema di anticipazione dell’onere economico e posto che non è messa in discussione la possibilità del comune di far fronte agli oneri che ne derivano (conf.: T.A.R. Sicilia Catania, sez. I, 1 aprile 2003, n. 579).

Il motivo è, quindi, infondato.

6. Con il quinto motivo, il ricorrente deduce che, trattandosi di competenza comunale delegata, si deve ritenere che il potere di emanare gli atti ablativi sia attribuito al Consiglio Comunale ex art.131 del T.U. n. 148 del 1915, ma, se si ritiene che l’art. 19 della legge regionale n. 18/1983 detti le competenze comunali anche in relazione a materie trasferite, per il Sindaco, se ne deve dedurre l’illegittimità costituzionale ai sensi degli artt. 5 e 128 Cost.

Va al riguardo osservato che l’art. 18 della legge regionale 30 maggio 1983 n. 18 ha attribuito al Presidente della Giunta Regionale della Calabria le funzioni in materia di lavori pubblici non delegate con la medesima legge, "fino a quando la legge regionale per l’organizzazione amministrativa della Regione non avrà diversamente disposto e salvo quanto previsto dalla normativa regionale vigente".

A sua volta, il successivo art. 19 ha delegato ai Sindaci l’esercizio delle funzioni amministrative del Presidente della Giunta Regionale in materia di espropriazione per pubblica utilità, relativamente alle opere ed ai lavori la cui esecuzione è di spettanza dei Comuni.

Ma, per come detto, ai sensi del cennato art. 18, l’attribuzione delle funzioni al Presidente della Giunta Regionale sconta un periodo di vigenza temporale ben preciso: "fino a quando la legge regionale per l’organizzazione amministrativa della Regione non avrà diversamente disposto e salvo quanto previsto dalla normativa regionale vigente".

Non si pone, quindi, una questione di legittimità costituzionale in relazione a tale normativa transitoria, peraltro superata dalla sopravvenuta normativa di cui alla legge regionale 13.5.1996 n. 7, con cui la Regione Calabria ha inteso rimodulare la propria organizzazione amministrativa, adeguandola ai principi espressi, a livello nazionale, dal D.lgs. 3 febbraio 1993 n. 29, tra i quali la separazione delle funzioni di indirizzo e controllo da quella di gestione (cfr. art. 12), attribuendo la funzione di indirizzo e controllo agli organi di governo ed agli organi che sono direttamente od indirettamente espressione di rappresentanza politica (art. 16) e quella di gestione ai dirigenti, che sono responsabili sia dell’attività nel suo complesso e dei suoi risultati, sia dell’organizzazione e dell’utilizzazione delle risorse umane e finanziarie, sia dei singoli procedimenti o di fasi di procedimenti, se attributari di soli compiti istruttori (art. 17).

Pertanto, la censura va rigettata.

7. Con il sesto motivo, il ricorrente deduce la mancanza di motivazione in ordine alla localizzazione dell’opera che sarebbe anche illogica per il fatto che allungherebbe l’originario tracciato.

Gli atti di programmazione, pur essendo ampiamente discrezionali, non si sottraggono al sindacato del giudice amministrativo, il quale non può impingere nel merito delle scelte effettuate dalla p.a. e può riguardare solo vizi che "ictu oculi" appaiano di eccesso di potere in alcune figure sintomatiche, quali l’illogicità, la contraddittorietà, l’ingiustizia manifesta, l’arbitrarietà o l’irragionevolezza della determinazione. Ciò, in quanto si tratta di provvedimenti assunti all’esito di complesse procedure, nel corso delle quali sono, di norma, acquisite, discusse e definite tutte le valutazioni connesse con la realizzazione dell’opera pubblica. Nella specie, le osservazioni di parte ricorrente, genericamente riferibili ad un percorso tortuoso, sembrano, piuttosto, tendere ad impingere nel merito delle scelte tecnicoamministrative e non contengono elementi sufficienti per far ritenere sussistenti vizi di macroscopica illogicità.

Pertanto, la censura non merita adesione.

In definitiva, il ricorso si appalesa infondato e va rigettato.

L’omessa costituzione in giudizio esime il Collegio dal pronunciarsi sulle spese.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Nulla sulla spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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