Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 22-12-2010) 27-01-2011, n. 3068 Determinazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ale in persona del Dott. MONETTI Vito che ha concluso per l’inammissibilità.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 26.1.10 la Corte di appello di Genova ha, in parziale riforma della pronuncia di primo grado del locale tribunale, riconosciuto a R.P. le attenuanti generiche ed ha rideterminato in melius il trattamento sanzionatorio.

Il R. è imputato del reato di cui all’art. 110 c.p., D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 12, comma 5, per avere, in concorso con altri e fungendo da intermediario, favorito, in assenza dei prescritti requisiti, la permanenza sul territorio nazionale di alcune cittadine russe, ottenendo, al fine di procurarsi un ingiusto profitto, il rilascio del permesso di soggiorno a favore delle predette (capo C);

lo stesso è anche imputato del reato di cui all’art. 110, 48 – 479 c.p. per avere, in concorso con altri, indotto in errore pubblici ufficiali in servizio presso la Questura di Torino (che eseguivano false attestazioni in autorizzazioni amministrative a seguito del rilascio di false dichiarazioni di ospitalità a favore delle predette extracomunitarie, in tal modo favorendo l’ottenimento di permessi di soggiorno per motivi turistici ideologicamente falsi, ottenendo il R. un compenso di 3.000,00 Euro.

Ricorre il difensore dell’imputato e deduce assenza di motivazione in ordine alla mancata assoluzione ai sensi dell’art. 530 c.p.p., comma 2, nonchè in ordine alla quantificazione della pena, assumendo che la Corte di merito aveva esaminato in maniera sommaria la posizione del R., senza approfondire il senso delle conversazioni telefoniche che essa stessa aveva definito criptiche, trascurando il fatto che nè i testimoni, nè i verbalizzanti avevano mai preso in considerazione la posizione dell’imputato e nessuna motivazione era stata poi prodotta per quel che riguardava l’elemento soggettivo, essendo necessario il dolo specifico.

Quanto alla pena, si lamentava un generico riferimento all’art. 133 c.p. e alla natura "equa" della pena in concreto irrogata.

Osserva la Corte che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per essere la prima censura generica e la seconda manifestamente infondata.

La Corte di appello, pur dando atto che alcune conversazioni telefoniche erano state tenute con linguaggio criptico e ricorrendo, evidentemente, ad espressioni convenzionali, ha appuntato la sua attenzione su altre conversazioni dalle quali ha dedotto, in maniera certo non illogica, il coinvolgimento del R. nella illecita attività di cui alle imputazioni.

Dette conversazioni sono state riportate alle pagine 2 e 3 della sentenza ed in merito ad esse nulla ha osservato il ricorrente, limitandosi ad ignorarle.

E’ poi del tutto logico che le stesse conversazioni criptiche, in presenza di altre conversazioni che, come premesso, viceversa, lasciano emergere la responsabilità dell’imputato, siano state ritenute di per sè sintomatiche della illiceità della condotta e della volontà di nasconderla all’eventuale controllo degli organi inquirenti.

Quanto all’elemento psicologico, esso viene dedotto dal giudice di merito dal fatto che l’attività del ricorrente mirava ad ottenere una contropartita, e dunque un vantaggio in termini pecuniari ed è di tutta evidenza che la finalizzazione utilitaristica appare incompatibile con una condotta che non sia volta al raggiungimento di un fine specifico, che, nel caso in esame, è palesemente contra jus.

Quanto al trattamento sanzionatorio, va innanzitutto ricordato che al R. sono state riconosciute le attenuanti generiche, avendo i giudici di secondo grado considerato che alcuni precedenti dell’imputato sono risalenti nel tempo e, anche, relativi, in parte, a condotte depenalizzate, valutando l’effettivo apporto causale fornito dall’imputato alla commissione dei reati. E’ quindi di tutta evidenza che tali considerazioni sono state formulate sia per la concessione delle attenuanti generiche, sia per la concreta determinazione – a seguito di dette attenuanti – della pena. Il discorso motivazionale appare pertanto, anche su tale punto, compiuto e congruo. Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende che reputasi equo determinare in Euro 1.000,00.
P.Q.M.

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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