Cass. civ. Sez. I, Sent., 25-02-2011, n. 4708 Ammissione al passivo; Ammissibilità della prova

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- Il Tribunale di Verona, con il provvedimento impugnato (depositato il 7.4.2009), ha rigettato l’opposizione allo stato passivo del fallimento della s.p.a. Parane in liquidazione proposta da R.F., ai sensi della L. Fall., artt. 98 e 99, nel testo risultante a seguito della riforma del 2006 e del D.Lgs. correttivo del 2007.

Con l’opposizione il R. chiedeva di provare il proprio credito per provvigioni sorto in forza di contratto di agenzia con la società fallita nonchè il proprio credito derivante dall’illegittimo recesso della fallita dal contratto di agenzia, lamentando l’erronea qualificazione del rapporto come contratto di partecipazione, operata dal giudice delegato. In particolare l’opponente aveva chiesto l’ammissione al passivo, in via privilegiata ex art. 2751 bis c.c., per le seguenti somme:

– Euro 9.793,33 oltre ad Iva e così Euro 11.752,00, a titolo di provvigioni, sulle fatture n. (OMISSIS);

– Euro 45.000,00 oltre ad Iva, a titolo di provvigioni, per l’attività svolta da ottobre 2004 a giugno 2005;

– Euro 57.500,00 oltre ad Iva, a titolo di provvigioni ovvero, in via subordinata a titolo di risarcimento del danno, per l’anticipato e ingiustificato recesso dal contratto di agenzia a tempo determinato;

– Euro 89.628,78 a titolo di indennità di scioglimento del contratto ex art. 1751 c.c..

Il tutto oltre ad interessi legali e rivalutazione monetaria ex art. 429 c.p.c., dalla data di maturazione di ciascun rateo di credito al saldo.

Il Tribunale, dopo avere ritenuto inammissibile, ex art. 345 c.p.c., la produzione dei numerosi documenti prodotti solo con l’opposizione e inammissibile la prova testimoniale e per interrogatorio formale richiesta dall’opponente, "in quanto non formulata per capitoli specifici e separati ma con generico ed inammissibile rinvio alle circostanze di fatto esposte nel ricorso in opposizione introduttivo", ha osservato quanto segue: "Sulla base della documentazione in atti utilizzabile, ossia sulla base della documentazione prodotta anche dinanzi al giudice delegato nella precedente fase, ed a prescindere dalla qualificazione giuridica del contratto (nella alternativa fra agenzia, tesi dell’opponente, ed associazione in partecipazione, tesi dell’opposto e del giudice delegato) non è possibile desumere alcun elemento probatorio in merito all’effettivo adempimento ad opera di parte opponente delle proprie obbligazione contrattuali (quale agente o associato in partecipazioni). Infatti, non vi è prova alcuna dello svolgimento dell’attività costituente titolo del diritto alle provvigioni e le fatture prodotte, in quanto documenti di provenienza unilaterale dello stesso creditore, ed aventi valore probatorio esclusivamente in sede monitoria, non forniscono prova alcuna delle attività svolte dall’opponente in favore della opposta e, quindi, della sussistenza e della quantità dell’eventuale credito maturato. Parimenti in merito al dedotto inqiustificato recesso dal contratti di agenzia, ed alle conseguenti somme vantata da parte opponente a titolo di indennità di scioglimento del contratto e di risarcimento danni, non essendovi elemento probatorio alcuno, neppure indiziario, che comprovi la natura illegittima ed ingiustificata del predetto recesso".

Ha rigettato, quindi, l’opposizione condannando l’opponente al pagamento delle spese processuali.

Contro il decreto del tribunale il R. ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.

Resiste con controricorso la curatela intimata, la quale ha, tra l’altro, eccepito la tardività della notificazione del ricorso.

2.- Va preliminarmente rilevata l’infondatezza dell’eccezione di tardività del ricorso sollevata dalla curatela perchè "in tema di notificazione a mezzo del servizio postale, il principio, derivante dalla sentenza n. 477 del 2002 della Corte costituzionale, secondo cui la notificazione a mezzo posta deve ritenersi perfezionata per il notificante con la consegna dell’atto da notificare all’ufficiale giudiziario, ha carattere generale, e trova pertanto applicazione anche nell’ipotesi in cui la notifica a mezzo posta venga eseguita, anzichè dall’ufficiale giudiziario, dal difensore della parte ai sensi della L. n. 53 del 1994, art. 1, essendo irrilevante la diversità soggettiva dell’autore della notificazione, con l’unica differenza che alla data di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario va in tal caso sostituita la data di spedizione del piego raccomandato, da comprovare mediante il riscontro documentale dell’avvenuta esecuzione delle formalità richieste presso l’Ufficio postale, non estendendosi il potere di certificazione, attribuito al difensore dall’art. 83 cod. proc. civ., alla data dell’avvenuta spedizione, e non essendo una regola diversa desumibile dal sistema della L. n. 53 del 1994" (Sez. 1^, Sentenza n. 17748 del 30/07/2009).

Nella concreta fattispecie il decreto impugnato risulta notificato il 9.4.2009 e la ricevuta dell’ufficio postale della raccomandata (ricevuta il 12.5.2009 dalla curatela) con la quale il ricorso è stato spedito reca la data del 9.5.2009. Si che il ricorso è tempestivo.

Sempre preliminarmente, va rilevata l’inammissibilità ed inutilizzabilità, in sede di legittimità, della produzione di documenti mediante inserimento tra le pagine del ricorso di fotocopie di documenti prodotti nelle fasi di merito.

2.1.- Ciò premesso, va rilevato che con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. Fall., artt. 98 e 99, e relativo vizio di motivazione lamentando l’erronea dichiarazione di inammissibilità delle prove documentali prodotte con l’opposizione allo stato passivo.

2.1.1.- Il motivo è fondato perchè – come questa Corte ha già avuto modo di puntualizzare, sebbene in fattispecie concernente il c.d. "regime intermedio", ma anche con argomenti ancorati a norme non modificate dal D.Lgs. correttivo (cfr. Sez. 1^, Sent., 11.9.2009, n. 19697) – il legislatore della riforma pur avendo ampiamente mutato la natura del giudizio di verifica, soprattutto attribuendo al curatore il ruolo di parte ed affermando all’art. 95, comma 3, che il giudice delegato pronuncia su ciascuna domanda "nei limiti delle conclusioni formulate ed avuto riguardo alle eccezioni del curatore, a quelle rilevabili d’ufficio e a quelle formulate dagli altri interessati..", ne ha però mantenuto la caratteristica di giudizio a cognizione sommaria, in cui non è obbligatoria l’assistenza tecnica a favore del creditore ed ove è previsto che il giudice possa procedere "ad atti di istruzione a richiesta delle parti, compatibilmente con le esigenze di speditezza del procedimento" (art. 95, comma 3, ult. parte). Tale ultima limitazione del diritto alla prova depone per la natura sommaria della fase necessaria dell’accertamento e impone di ritenere (come d’altra parte si desume dal testo normativo: cfr. L. Fall., art. 99) che, con l’opposizione contro il provvedimento pronunciato a seguito di cognizione sommaria, il diritto predetto – compresso per esigenze di celerità della procedura fallimentare – si riespanda, consentendo al creditore escluso un grado di merito a cognizione piena, non condizionata da preclusioni istruttorie maturate nella fase sommaria, perchè non previste espressamente dalla legge e, anzi, espressamente escluse dal tenore della L. Fall. art. 99, il cui testo, già prima del decreto correttivo prevedeva sin dagli atti introduttivi (ricorso e memoria difensiva) l’onere, a pena di decadenza, di specifica indicazione dei mezzi di prova e dei documenti "prodotti" di cui la parte intendeva avvalersi, così segnando quale termine preclusivo quello della proposizione dell’opposizione (cfr. Sez. 1^, Sent., 4.9.2009, n. 19211).

Una diversa interpretazione sarebbe in contrasto con l’art. 24 Cost., costituendo il diritto alla prova il "nucleo essenziale del diritto di azione e di difesa" (Corte cost. n. 139/1975).

Questa Corte ha già chiaramente precisato che, in relazione all’opposizione allo stato passivo, è "fuori luogo ogni richiamo alla disciplina della produzione dei documenti in appello e all’art. 345 c.p.c., perchè … si è qui al di fuori del giudizio ordinario di cognizione nè l’opposizione può essere qualificata come appello" (Sez. 1^, Sent., 11.9.2009, n. 19697).

Tale conclusione, peraltro, non contrasta con l’espressa attribuzione, all’opposizione L. Fall., ex art. 99, della natura di impugnazione operata dalla Corte con altra pronuncia perchè nella fattispecie decisa da tale natura è stata fatta discendere l’inammissibilità di domande riconvenzionali e, in generale, l’inammissibilità dell’ampliamento del thema decidendum (Sez. 1^, Sentenza n. 6900 del 2010), senza, però, ritenere applicabile l’art. 345 c.p.c., e argomentando dall’espressa previsione normativa del contenuto della memoria di costituzione. La natura "impugnatoria" del rimedio, invero, non è seriamente contestabile, essendo diretta a rimuovere un provvedimento emesso sulla base di una cognizione sommaria che, se non opposto, acquista efficacia di giudicato endofallimentare (art. 96, u.c.) ma essa non è incompatibile con la produzione di nuovi documenti e prove (costituende) non ammesse in fase sommaria per incompatibilità con le esigenze di speditezza della procedura.

2.2.- Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 244 c.p.c., e relativo vizio di motivazione.

Invoca il diverso orientamento di questa Corte di cui a sez. lav.

6214/2003 e lamenta che erroneamente siano state dichiarate inammissibili le prove costituende formulate con riferimento ai capitoli specificamente indicati nella premessa dell’opposizione.

2.2.1.- Il motivo è fondato perchè in materia di prova testimoniale, poichè nel rito del lavoro i fatti da allegare devono essere indicati in maniera specifica negli atti introduttivi, affinchè le richieste probatorie rispondano al requisito di specificità è sufficiente indicare come mezzi di prova i fatti allegati a fondamento delle pretese iniziali, senza necessità di riformularli separatamente come capi di prova (Sez. L, Sentenza n. 6214/2003), come erroneamente ritenuto dal tribunale.

2.3.- Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 1751 c.c., e relativo vizio di motivazione, lamentando che erroneamente il tribunale abbia ritenuto che gravasse sull’opponente l’onere di provare l’illegittimità del recesso.

2.3.1.- Il motivo è fondato perchè nella disciplina dell’indennità di cessazione del rapporto di agenzie di cui all’art. 1751 cod. civ., nel testo di cui al D.Lgs. 10 settembre 1991, n. 303, art. 4 (applicabile anche ai rapporti di subagenzia), fatto costitutivo del diritto è la cessazione del rapporto, prevista nel primo comma, unitamente alle condizioni previste dalle successive due articolazioni dello stesso comma (in via alternativa, originariamente, e in via cumulativa, a seguito della modifica attuata dal D.Lgs. 15 febbraio 1999, n. 65, art. 5), mentre le circostanze previste nel secondo comma, e in particolare il recesso ad iniziativa dell’agente (ove non ricorrano le situazioni particolari specificate dalla norma), costituiscono fatti impeditivi;

pertanto, se risulti in causa la cessazione del rapporto, l’agente non ha l’onere di provare l’effettuazione del recesso da parte del preponente oppure l’esistenza di una giusta causa di dimissioni (Sez. L, Sentenza n. 17992/2002).

2.4.- Con il quarto motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione in ordine alla qualificazione del rapporto dedotto con l’insinuazione, lamentando che il tribunale abbia ritenuto di poter prescindere dalla qualificazione stessa e non abbia valutato il contatto prodotto con la domanda di ammissione al passivo, negando il diritto alla corresponsione del compenso fisso provvisionale previsto nel medesimo.

2.4.1.- Il motivo è assorbito dall’accoglimento delle prime tre censure.

Il decreto impugnato, dunque, deve essere cassato con rinvio per nuovo esame e per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità al Tribunale di Rovigo in diversa composizione.
P.Q.M.

La Corte accoglie il primo, il secondo e il terzo motivo di ricorso, assorbito il quarto, cassa il provvedimento impugnato e rinvia per nuovo esame e per le spese al Tribunale di Rovigo in diversa composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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