Cass. civ. Sez. I, Sent., 25-02-2011, n. 4702 Indennità di espropriazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Siena con sentenza del 30 luglio 2002 dichiarava il difetto di giurisdizione del giudice ordinario sulla domanda di risarcimento del danno avanzata da A. e L.G. per l’occupazione da parte del comune di S. Gimignano di un terreno di loro proprietà poi divenuta irreversibile pur in mancanza di decreto di espropriazione;dichiarava la propria incompetenza per materia e la competenza in unico grado della Corte di appello sulla domanda di stima dell’indennità di occupazione temporanea disposta con decreto sindacale del 12 ottobre 1989 per la durata di 5 anni.

Con atto qualificato "appello" veniva adita la Corte di appello di Firenze che separava le due domande e con sentenza dell’11 ottobre 2004 (per quanto qui interessa) ha determinato l’indennità di occupazione temporanea nell’importo di Euro 13.860, 69, tenendo conto, da un lato del carattere edificatorio del terreno e dall’altro del criterio di calcolo fondato sugli interessi legali annui sulla somma corrispondente all’indennità virtuale di espropriazione, ed enunciato dalla nota decisione 493/1998 delle Sezioni Unite, nonchè da tutta la giurisprudenza successiva.

Per la cassazione della sentenza, il comune di S. Gimignano ha proposto ricorso per 6 motivi; cui resistono i L. con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Motivi della decisione

Con i primi due motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente per la loro connessione, il comune di S. Gimignano, deducendo violazione degli artt. 50 e 187 cod. proc. civ. e art. 2697 cod. civ., nonchè vizi di motivazione, censura la sentenza per aver ritenuto che i L. dopo la pronuncia di incompetenza emessa dal Tribunale, avessero riassunto il giudizio davanti alla Corte di appello: senza considerare che si trattava di un giudizio del tutto autonomo in cui non si poteva utilizzare la consulenza tecnica espletata nel primo onde determinare l’indennità. Le censure sono infondate.

E’ noto che l’interpretazione del contenuto della domanda giudiziale è riservata al giudice di merito ed è sottratta al sindacato di legittimità allorchè è adeguatamente motivata:come è avvenuto nel caso concreto, in cui la Corte territoriale ha tenuto conto non solo della formulazione letterale che del contenuto sostanziale dell’atto, ma anche della finalità che la parte intendeva raggiungere costituita dalla liquidazione della indennità di occupazione temporanea già inutilmente chiesta al Tribunale; e quindi dalla prosecuzione di quel medesimo procedimento onde conseguire quello stesso risultato non raggiunto in primo grado per la declaratoria di incompetenza dei Tribunale.

D’altra parte non è esatto che la validità della riassunzione è subordinata dall’art. 125 disp. att. cod. proc. civ. alla inserzione nell’ambito dell’atto giudiziale della formula "comparsa di riassunzione" e dalla formale dichiarazione di voler riassumere la precedente causa:avendo per converso questa Corte ripetutamente affermato che il processo è validamente riassunto, oltre che con comparsa o ricorso al giudice per la fissazione di un’udienza di prosecuzione, anche con citazione ad udienza fissa, purchè tale atto sia dotato di tutti i requisiti formali necessari per riattivare il rapporto processuale quiescente quali: il riferimento esplicito alla precedente fase processuale; l’indicazione delle parti e di altri elementi idonei a consentire l’identificazione della causa riassunta;

le ragioni della cessazione della pendenza della causa stessa; il provvedimento del giudice che legittima la riassunzione: elementi questi che nel caso sussistevano tutti unitamente alla reiterata domanda di determinazione della medesima indennità richiesta al Tribunale (Cass. 21071/2009; 7611/2008, 3695/2001).

Con il terzo e quarto motivo, pur essi collegati, il comune, deducendo violazione della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis e L. n. 2359 del 1865, art. 72 nonchè difetti di motivazione, censura la sentenza impugnata per aver qualificato edificatorio il terreno occupato senza considerare che dagli accertamenti compiuti dal c.t.u. risultava che lo stesso fosse stato destinato dagli strumenti urbanistici a verde pubblico;e che era errata la conclusione del tecnico che aveva fondato la prospettata edificabilità sul criterio cd. dell’edificabilità di fatto, nonchè sulla circostanza che il terreno per la sua destinazione a verde accresceva il valore degli immobili circostanti.

Entrambe le doglianze sono fondate.

Questa Corte, anche a sezioni unite, ha ripetutamente affermato che per effetto della normativa della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, caratterizzata dalla rigida dicotomia, che non lascia spazio per un tertium genus, tra "aree edificabili" ed "aree agricole" o "non classificabili come edificabili" il primo compito cui è tenuto il giudice del merito per la determinazione sia delle indennità da occupazione ed espropriazione legittima sia degli indennizzi di natura risarcitoria dovuti per le espropriazioni illegittime o anomale, quali la cd. occupazione espropriativa, è quello di accertare la destinazione "legale" del terreno; e che la relativa indagine deve essere compiuta di ufficio esclusivamente in base alla classificazione urbanistica dell’area: perciò indipendentemente dai criteri seguiti dall’espropriante nel formulare l’offerta dell’indennità provvisoria, nonchè da quelli adottati dalla Commissione provinciale nel compiere la valutazione;ed indipendentemente (a fortiori) dalle prospettazioni, dalle richieste nonchè da asserite ammissioni al riguardo delle parti, le cui deduzioni sul punto si esauriscono, pertanto, nell’espressione di 5 semplici "punti di vista" circa l’ammontare del giusto indennizzo e non ineriscono al "petitum" immediato (elemento di identificazione dell’azione) già compiutamente definito dalla domanda di rideterminazione dell’indennità, ancorchè non specificata nel "quantum" (Cass. sez. un. 35/2001, nonchè 6176/2003; 15247/2001).

Nel caso, invece, la sentenza impugnata ha fondato il criterio di calcolo dell’indennizzo su di una sorta di presunzione di edificabilità del terreno L., e sulla tautologica successiva considerazione che per tale ragione andava recepita la regola enunciata dalla nota sentenza 493/1998 che lo ancora alla indennità virtuale di espropriazione di un’area edificabile, pari al suo valore venale:senza alcuna indagine sul momento in cui doveva essere compiuta la ricognizione (anno 1989) nè sulla zona ove era ubicato l’immobile, nonchè sulla destinazione attribuitale dallo strumento urbanistico generale del comune vigente alla data suddetta. E siffatta disamina era a maggior ragione indispensabile ove l’accertamento del ct. condotto in base allo strumento suddetto, come dedotto dal comune, si fosse concluso nei sensi che la zona in questione era destinata a verde pubblico: essendo la giurisprudenza di legittimità fermissima nel principio che le possibilità legali di edificazione devono essere escluse in radice tutte le volte in cui la zona sia stata concretamente vincolata ad un utilizzo meramente pubblicistico (verde pubblico, attrezzature pubbliche, viabilità ecc.) in quanto dette classificazioni apportano un vincolo di destinazione che preclude ai privati tutte quelle forme di trasformazione del suolo che sono riconducibili alla nozione tecnica di edificazione e che sono, come tali, soggette al regime autorizzatorio previsto dalla vigente legislazione edilizia. (Da ultimo: Cass. 665/2010; 400/2010; 21396/2009; 21095/2009;

17995/2009). E che in tal caso l’indennità di occupazione deve essere determinata con il criterio al riguardo stabilito dalla L. 865 del 1971, art. 20.

Assorbiti, pertanto gli altri motivi del ricorso, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte di appello di Firenze che, in diversa composizione, provvedere ad una nuova determinazione dell’indennità in questione attenendosi ai principi esposti; nonchè alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.

La Corte, rigetta i primi due motivi del ricorso, accoglie il terzo ed il quarto, dichiara assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità alla Corte di appello di Firenze in diversa composizione.

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