Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 15-12-2010) 27-01-2011, n. 3011 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

C.P., in proprio, e G.M., a mezzo del suo difensore, ricorrono entrambi avverso la sentenza 9 dicembre 2008 della Corte di appello di Reggio Calabria che ha confermato la sentenza 19 febbraio 2008 del Tribunale di Palmi, di condanna per il delitto ex D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73.

Il C. con un unico motivo si duole della determinazione della sanzione, applicatagli nella misura di anni 6 e mesi 4, a fronte della pena di anni 6 inflitta invece al correo Tripodi che versava nella medesima condizione probatoria e gravato di numerosi precedenti speciali specifici.

Il motivo, che propone una doglianza da raffronto comparativo rispetto a situazione facente capo ad un correo, difetta di specificità posto che non indica violazione di legge o vizio di motivazione che attengano ai criteri adottati ed alle valutazioni operate dai giudici di merito nella applicazione della sanzione ritenuta adeguata ex art. 133 c.p..

Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile.

G.M., con un primo motivo di impugnazione deduce a mezzo del suo difensore inosservanza ed erronea applicazione della legge, nonchè vizio di motivazione sotto il profilo della carente giustificazione circa l’insufficienza e l’inidoneità degli apparati in dotazione della Procura della Repubblica.

Il motivo è la mera iterazione di identica doglianza per la quale esiste in atti congrua e corretta giustificazione dei giudici di merito, non considerata nel motivo, il quale comunque non allega i provvedimenti in oggetto, venendo meno agli adempimenti imposti dal canone dell’autosufficienza del ricorso.

E’ ormai pacifico che, ogniqualvolta venga eccepita in sede di legittimità l’inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni, è onere della parte, a pena di inammissibilità del motivo per genericità, che essa non solo indichi specificamente l’atto asseritamente affetto dal vizio denunciato, ma curi altresì che tale atto sia comunque effettivamente acquisito al fascicolo trasmesso al giudice di legittimità provvedendo a produrlo in copia nel giudizio di Cassazione. (Cass. Pen. Sez. 5, 37694/2008 Rv. 241300 Rizzo Massime precedenti Conformi: N. 33700 del 2004 Rv. 229098, N. 2375 del 2006 Rv. 232972, N. 32747 del 2006 Rv. 234809.

Con un secondo motivo si lamenta che la decisione di responsabilità sia stata ottenuta mediante interpretazioni illogiche del tenore delle comunicazioni intercettate in un contesto operativo inquadrabile nella mera connivenza, penalmente non sanzionabile e tra l’altro caratterizzato da una inesatta formulazione di una frase indicata "nella prima persona plurale (..se gli davamo…).

Anche questa doglianza non supera la soglia dell’ammissibilità, considerato:

a) in primo luogo, che l’interpretazione del linguaggio e del contenuto delle conversazioni costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, e si sottrae alla valutazione del sindacato di legittimità se tal valutazione è motivata in conformità ai criteri della logica e delle massime di esperienza (cfr. ex plurimis: Cass. Pen. sez. 6, Cass. Penale sez. sez. 2, sentenza 41044, 13 ottobre – 11 novembre 2005, Rv. 232697; Cass. pen., sez. 5, 3 dicembre 1997, RV 209566; conforme: Cass. pen., sez. 6, 12 dicembre 1995, RV 205661);

b) in secondo luogo, che è possibile prospettare in sede di legittimità un’interpretazione del significato di una intercettazione, diversa da quella proposta dal giudice di merito, soltanto in presenza del travisamento della prova, ovvero nel caso in cui il giudice di merito ne abbia indicato il contenuto in modo difforme da quello reale, e la difformità risulti decisiva ed incontestabile (Sez. 2,38915/2007, Rv.237994, Donno Massime precedenti Vedi: N. 3643 del 1997 Rv. 209620, N. 35680 del 2005 Rv.

232576, N. 117 del 2006 Rv. 232626).

E poichè ad avviso di questo Collegio non sono ravvisabili travisamenti della prova oppure profili di contraddittorietà o di incongruità logica del provvedimento impugnato sul punto, ne consegue l’infondatezza della doglianza difensiva essendo stata la posizione della ricorrente ("leggermente defilata") correlata -in modo logico e ragionevole – dai giudici di merito ad un complesso sinergico di informazioni, tratte dai dialoghi con il marito che evidenziavano lo specifico attivo ruolo del coniuge nello spaccio.

Entrambi i ricorsi, nella palese verificata coerenza logico-giuridica ed adeguatezza della motivazione, quale proposta nella decisione impugnata, vanno dichiarati inammissibili.

All’inammissibilità consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma, ciascuno, in favore della Cassa delle ammende che si stima equo determinare in Euro 1000,00 (mille).
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno a quello della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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