T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 24-01-2011, n. 702 Sanzioni amministrative e pecuniarie

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

I ricorrenti impugnano il provvedimento in epigrafe, il quale ha sanzionato – ai sensi dell’articolo 33 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 perché realizzate "senza concessione edilizia" – opere così descritte:

"Lavori per la realizzazione di un’autorimessa a confine del lotto di terreno, dove parte del piano seminterrato è stata trasformata in abitazione, con la realizzazione delle seguenti opere: mediante rimozione del terrapieno ed usufruendo delle intercapedini dell’edificio, è stato ottenuto un ampliamento di circa metri quadrati 110 per metri 2,50 di altezza in muratura e cemento armato, dell’originario seminterrato. Di tale ampliamento, circa metri quadrati 55 non sono fruibili perché quei locali sono tombati. Quanto appena descritto (per metri quadrati 55) è stato accorpato a parte delle preesistenti cantine, andando a costituire un appartamento di totali metri quadrati 90 circa, suddiviso in salone, angolo cottura, 2 camere, 2 bagni e due corridoi.

Il locale tombato, in corrispondenza dell’angolo cottura, di circa metri quadrati 15, è stato posto in comunicazione con il resto dell’appartamento (ora di metri quadrati 105), è completamente rifinito ed adibito a camera da letto con apertura di una finestra.

L’altro locale tombato (circa metri quadrati 40) è stato messo in comunicazione con la cantina più piccola, mediante l’apertura di un varco nel muro. Lo stesso locale si presenta suddiviso in due vani, completamente allo stato grezzo, ma sono stati realizzati una finestra ed, in corrispondenza del pannello sul cui lato esterno è stato posto il cartello di sequestro, un cancello metallico.".

I motivi di ricorso sono i seguenti:

1) Violazione di legge con riferimento all’articolo 1, comma 6, della legge n. 443 del 21 dicembre 2001 e all’articolo 32, commi 25 e 28, della legge n. 326/2003.

L’ordine di demolizione riguarda quasi integralmente (fatta eccezione per metri quadrati 10) lavori eseguiti in conformità ed in esecuzione di denunce di inizio attività (la costruzione dell’autorimessa e dei locali tombati per metri quadrati 55) e/o oggetto di domanda di condono edilizio in data 18 gennaio 2005 (la modifica della destinazione d’uso da cantina ad abitazione per complessivi metri quadrati 80), domande tutte presentate prima del provvedimento impugnato.

2) Eccesso di potere per falsità dei presupposti dell’atto amministrativo.

I diversi lavori eseguiti sull’autorimessa e sui locali tombati hanno caratteristiche tali da ricomprenderli nelle ipotesi di cui all’articolo 1, comma 6, lettere a) e d) della legge n. 443 del 21 dicembre 2001.

3) Illogicità manifesta ed illegittimità dell’ordine di demolizione in presenza di denunce di inizio attività mai rigettate e in pendenza della domanda di condono.

L’Amministrazione si è costituita per resistere.

Il Comune ha depositato una memoria.

Parte ricorrente ha depositato due memorie.

Entrambe le parti hanno depositato documenti.

Con ordinanza numero 456/2007 sono stati disposti incombenti istruttori.

Con ordinanza numero 2303/2007 l’istanza cautelare inserita nel ricorso è stata accolta.

La causa è passata decisione alla udienza pubblica del 9 dicembre 2010.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

1.1 – La prima e l’ultima censura del ricorso, integrate dettagliatamente dalle due memorie dei ricorrenti, rilevano che l’ordine di demolizione riguarda quasi integralmente (fatta eccezione per 10 metri quadrati) lavori eseguiti in conformità ed in esecuzione di denunce di inizio attività (la costruzione dell’autorimessa e dei locali tombati per metri quadrati 55) e/o oggetto di domanda di condono edilizio in data 18 gennaio 2005 (la modifica della destinazione d’uso da cantina ad abitazione per complessivi metri quadrati 80), domande tutte presentate prima del provvedimento impugnato.

Relativamente alle denunce di inizio attività l’inerzia dell’Amministrazione avrebbe determinato un provvedimento tacito di assenso. Relativamente alla domanda di condono la pendenza di essa avrebbe determinato l’illegittimità dell’atto in epigrafe.

Entrambi i rilievi sono da respingere.

Premesso che la consistenza delle opere, quale descritta nel provvedimento impugnato, è incontestata, il Collegio – esaminata la documentazione in atti e rilevato che essa consente di decidere anche in mancanza dei documentati chiarimenti richiesti all’Amministrazione nella fase cautelare del giudizio e da essa non forniti (vedi l’ordinanza istruttoria n. 456/2007 e l’ordinanza cautelare n. 2303/2007) – osserva che:

– le quattro denunce di inizio attività non coincidono con le opere descritte nell’atto impugnato;

– la domanda di condono risulta improduttiva degli effetti invocati perché tardiva.

Le denunce di inizio attività, infatti, risultano riferirsi alle seguenti opere:

– ampliamento dell’autorimessa al piano interrato e diversa distribuzione degli spazi interni al piano terra (denuncia di inizio attività datata 28 ottobre 2002, presentata dalla cooperativa edilizia che il precedente 10 giugno 2002 aveva consegnato l’immobile al ricorrente P.A., socio della cooperativa: vedi allegati 2 e 4 al ricorso);

– rimozione del terrapieno per la realizzazione di una cantina e, contemporaneo ampliamento di detta zona e realizzazione di altre due cantine (denuncia di attività in data 5 giugno 2003, pure presentata dalla cooperativa edilizia, su richiesta del ricorrente P.A.: vedi la prospettazione alla pagina 2 del ricorso e l’allegato 5 al ricorso medesimo);

– ampliamento dell’autorimessa al piano interrato (denuncia di inizio attività in data 14 luglio 2005: allegato 6 al ricorso);

– ampliamento dell’autorimessa al piano interrato (denuncia di inizio attività in data 4 ottobre 2005: allegato 7 al ricorso).

Le opere realizzate e sanzionate sono invece le seguenti:

"Lavori per la realizzazione di un’autorimessa a confine del lotto di terreno, dove parte del piano seminterrato è stata trasformata in abitazione, con la realizzazione delle seguenti opere: mediante rimozione del terrapieno ed usufruendo delle intercapedini dell’edificio, è stato ottenuto un ampliamento di circa metri quadrati 110 per metri 2,50 di altezza in muratura e cemento armato, dell’originario seminterrato. Di tale ampliamento, circa metri quadrati 55 non sono fruibili perché quei locali sono tombati. Quanto appena descritto (per metri quadrati 55) è stato accorpato a parte delle preesistenti cantine, andando a costituire un appartamento di totali metri quadrati 90 circa, suddiviso in salone, angolo cottura, 2 camere, 2 bagni e due corridoi.

Il locale tombato, in corrispondenza dell’angolo cottura, di circa metri quadrati 15, è stato posto in comunicazione con il resto dell’appartamento (ora di metri quadrati 105), è completamente rifinito ed adibito a camera da letto con apertura di una finestra.

L’altro locale tombato (circa metri quadrati 40) è stato messo in comunicazione con la cantina più piccola, mediante l’apertura di un varco nel muro. Lo stesso locale si presenta suddiviso in due vani, completamente allo stato grezzo, ma sono stati realizzati una finestra ed, in corrispondenza del pannello sul cui lato esterno è stato posto il cartello di sequestro, un cancello metallico.".

Risulta dunque che – ben oltre i 10 metri quadrati di superficie abusiva ammessi dai ricorrenti – fra le opere risultanti dalle denunce di inizio attività (e dalle relative planimetrie) e le opere descritte nell’atto impugnato, e non contestate, non v’è corrispondenza di caratteristiche strutturali e planovolumetriche; sicché – anche prescindendo dal valutare l’effettiva coincidenza delle caratteristiche documentali e procedimentali di ogni specifica d.i.a. con le necessarie caratteristiche documentali e procedimentali richieste nell’articolo 23 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 – le opere sanzionate non risultano legittimamente realizzate, perché diverse da quelle descritte nelle dd.ii.aa..

Quanto alla domanda di condono (relativa a "modifica destinazione d’uso al piano interrato metri quadrati 25 metri cubi 75 da cantina ad abitazione") essa risulta presentata in data 18 gennaio 2005 (vedi l’allegato 8 al ricorso), cioè oltre il termine del 10 dicembre 2004 fissato dall’art. 5 del decreto legge 12 luglio 2004, n. 168, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 30 luglio 2004, n. 191.

La presentazione della domanda fuori termine rende inapplicabile alla fattispecie l’art. 38 della legge 28 febbraio, n. 47 (richiamato dall’art. 32, comma 25, del decretolegge 30 settembre 2003, n. 269, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 24 novembre 2003, n. 326). Infatti il citato articolo 38 prevede sì, tra l’altro, la sospensione del procedimento sanzionatorio edilizio a seguito di presentazione della domanda di condono, ma prevede ciò soltanto con espresso riferimento a domande di condono presentate nei termini.

1.2 – Anche l’ulteriore censura del ricorso va respinta.

Essa rileva che i diversi lavori eseguiti sull’autorimessa e sui locali tombati hanno caratteristiche tali da ricomprenderli nelle ipotesi di cui all’articolo 1, comma 6, lettere a) e d) della legge 21 dicembre 2001, n. 443.

La disposizione invocata prevedeva (salvo successiva normazione legislativa regionale: vedi il successivo comma 12) che si potessero realizzare in base a semplice denuncia di inizio attività, rispettivamente:

– quanto alla lettera a) del citato comma 6: "gli interventi edilizi minori, di cui all’articolo 4, comma 7, del decretolegge 5 ottobre 1993, n. 398" (convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge. 4 dicembre 1993, n. 493) (vale a dire: a) opere di manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo; b) opere di eliminazione delle barriere architettoniche in edifici esistenti consistenti in rampe o ascensori esterni, ovvero in manufatti che alterino la sagoma dell’edificio; c) recinzioni, muri di cinta e cancellate; d) aree destinate ad attività sportive senza creazione di volumetria; e) opere interne di singole unità immobiliari che non comportino modifiche della sagoma e dei prospetti e non rechino pregiudizio alla statica dell’immobile e, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A di cui all’articolo 2 del decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968, non modifichino la destinazione d’uso; f) revisione o installazione di impianti tecnologici al servizio di edifici o di attrezzature esistenti e realizzazione di volumi tecnici che si rendano indispensabili, sulla base di nuove disposizioni; g) varianti a concessioni edilizie già rilasciate che non incidano sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, che non cambino la destinazione d’uso e la categoria edilizia e non alterino la sagoma e non violino le eventuali prescrizioni contenute nella concessione edilizia; h) parcheggi di pertinenza nel sottosuolo del lotto su cui insiste il fabbricato);

– quanto alla lettera d) del citato comma 6: "i sopralzi, le addizioni, gli ampliamenti e le nuove edificazioni in diretta esecuzione di idonei strumenti urbanistici diversi da quelli indicati alla lettera c), ma recanti analoghe previsioni di dettaglio".

Ciò premesso, il rilievo risulta infondato in base alle considerazioni già svolte nel precedente capo 1.1: le opere realizzate non coincidono con quelle oggetto delle quattro denunce di inizio attività invocate dai ricorrenti.

Inoltre le opere realizzate non concretano né "sopralzi, addizioni, ampliamenti e nuove edificazioni in diretta esecuzione di idonei strumenti urbanistici" né i sopra elencati interventi edilizi minori di cui all’articolo 4, comma 7, del decretolegge n. 398/1993. Sicché la censura in esame risulta infondata anche sotto questo ulteriore profilo.

2. – Il ricorso va dunque respinto.

Le spese seguono la soccombenza ai sensi dell’articolo 91 del codice di procedura civile.

Quanto alla liquidazione di esse il Collegio ritiene di limitarle, applicando l’articolo 92 del codice di procedura civile, alla cifra di Euro 750,00 (settecentocinquanta/00), tenuto conto della non adeguata collaborazione istruttoria dell’Amministrazione.
P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale respinge il ricorso in epigrafe.

Condanna parte ricorrente al rimborso delle spese di giudizio dell’Amministrazione intimata, e le liquida in Euro 750,00 (settecentocinquanta/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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