Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 25-02-2011, n. 4689 Mansioni e funzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La sentenza di cui si chiede la cassazione, confermando la sentenza del Tribunale di Torino del 10 maggio 2005. respinge l’appello proposto dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e conseguentemente conferma che L.C.A., dipendente della Direzione provinciale del lavoro inquadrato nella categoria C1 (ex 7^ qualifica funzionale), ha diritto alla retribuzione della categoria C2 (ex 8^ qualifica funzionale), per avere svolto di fatto mansioni di capo sezione area vigilanza ordinaria e di ispettore del lavoro dal 23 novembre 1998 all’8 gennaio 2003.

La Corte d’appello di Torino sottolinea che le mansioni svolte dal L.C. non sono contestate e sono quelle di ispettore e non quelle di accertatore del lavoro (quali definite dalla contrattazione collettiva e integrativa). Inoltre, dalla lettura dell’ordine di servizio n. 13/01, emesso il 19 luglio 2001 dal Direttore della Direzione provinciale del lavoro-Sezione Ispezione del lavoro per l’area torinese, si desume in modo inequivoco che le mansioni svolte dal lavoratore nella specie sono state considerate inquadrabili nella categoria C2 profilo ispettore del lavoro, in attesa della formale attribuzione del suddetto inquadramento.

Nel lavoro alle dipendenze delle Amministrazioni pubbliche, in base al D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 52, comma 5, di regola l’assegnazione del lavoratore a mansioni proprie di una qualifica superiore è nulla, se però viene disposta ugualmente il lavoratore ha diritto alla differenza di trattamento economico con la qualifica superiore, quale è rivendicata e riconosciuta nel presente giudizio.

Il ricorso del Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale (ex Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali) domanda la cassazione della sentenza per un unico, articolato, motivo; resiste con controricorso L.C.A..
Motivi della decisione

1- Con l’unico motivo di ricorso si denuncia insufficiente motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 in ordine all’accertamento in fatto delle mansioni svolte in concreto dal L. C..

In particolare, il ricorrente rileva che "l’accoglimento della domanda del lavoratore avrebbe richiesto una specifica motivazione sulla individuazione delle mansioni effettivamente esercitate con individuazione dei compiti allo stesso assegnati in virtù dell’organizzazione interna dell’Ufficio cui è addetto", previa individuazione dei criteri generali e astratti posti dalla contrattazione collettiva per la distinzione delle diverse categorie e qualifiche.

2.- Il ricorso è infondato.

Come si desume dalla lettura della sentenza impugnata e anche del presente ricorso (v. spec. p. 8) il Ministero, nei due gradi del giudizio di merito, non ha mai contestato il tipo di mansioni svolte di l’atto dal L.C., ma ne ha esclusivamente messo in discussione l’inquadramento.

In particolare, nella sentenza si legge che il Ministero, nel giudizio di primo grado, ha "negato gli assunti del ricorrente, stante la normativa collettiva, integrativa e il decreto direttoriale 54/2001, valido in materia su tutto il territorio" e che, in sede di appello, ha ribadito "quanto già affermato in primo grado … aggiungendo che un ordine di servizio locale non può contrastare la normativa nazionale".

Conseguentemente, la Corte di appello di Torino ha correttamente individuato come thema decidendum quello relativo all’asseritamente mancata valutazione da parte del giudice di primo grado della prevalenza della normativa collettiva, integrativa e organizzativa nazionale, rispetto agli ordini di servizio di ambito locale.

La Corte, pertanto, ha concentrato la propria attenzione sull’interpretazione delle diverse fonti e sulla base della relativa esegesi ha ritenuto corretta la decisione del primo giudice senza effettuare una penetrante ricognizione di tutto il contenuto delle mansioni svolte dal lavoratore – perchè ciò non era oggetto di contestazione – ma limitandosi a puntualizzare la corrispondenza delle mansioni stesse a quelle dell’ispettore del lavoro (categoria C2) e non a quelle dell’accertatore del lavoro (categoria C1) secondo quanto sostenuto dal Ministero appellante.

Ciò ha fatto soffermandosi, peraltro, ad indicare il tipo di mansioni svolte di fatto dal L.C. (individuandole, come si è detto, in quelle di ispettore del lavoro), pur dando atto che le stesse risultavano "incontestate", come risulta dalla lettura della sentenza impugnata (vedi, in particolare, il primo periodo di pagina 2 e il secondo periodo di p. 4).

Ne consegue che, sia pure in modo sintetico ma adeguato alle esigenze del giudizio, la Corte di appello di forino ha seguito le tre fasi successive del procedimento logico-giuridico diretto alla determinazione dell’inquadramento di un lavoratore che abbia svolto mansioni diverse da quelle di appartenenza, rappresentate, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, da: a) l’accertamento in fatto delle attività lavorative in concreto svolte; b) la individuazione delle qualifiche – e gradi previsti dal contratto collettivo di categoria; c) il raffronto tra il risultato della prima indagine ed i testi della normativa contrattuale individuati nella seconda (vedi, per tutte: Cass. 20 febbraio 2004. n. 3443: Cass. 27 settembre 2010, n. 20272).

3.- Lo stesso orientamento, dal quale non vi è motivo di discostarsi, precisa che, peraltro, l’accertamento della natura delle mansioni concretamente svolte dal dipendente, ai imi dell’inquadramento del medesimo in una determinata categoria di lavoratori, costituisce giudizio di fatto riservato al giudice del merito ed insindacabile in sede di legittimità, se sorretto da logica ed adeguata motivazione (Cass. 20 febbraio 2004, n. 3443 cit.).

4. – Questa è la situazione che si verifica nella specie, in quanto la motivazione contenuta sul punto in contestazione nella sentenza impugnata appare adeguata rispetto agli elementi in concreto utilizzati e immune da vizi logici.

5.- Per le suesposte considerazioni, il ricorso deve essere respinto e il Ministero ricorrente va condannato al pagamento delle spese e degli onorari del giudizio di cassazione, liquidati come indicalo nel dispositivo.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese e degli onorari del giudizio di cassazione, complessivamente liquidate le prime in Euro 35,00 e i secondi in Euro 3000.00 (tremila/00), oltre IVA, CPA e spese generali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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