Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 25-02-2011, n. 4688 Enti pubblici

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La sentenza di cui si chiede la cassazione, in riforma della sentenza del Tribunale di Isernia del 4 novembre 2004, n. 222, accoglie l’appello proposto dalla ASL n. (OMISSIS) Pentria di Isernia e conseguentemente stabilisce che nulla è dovuto al dottor C. G. – nella sua qualità di dirigente medico di 2^ livello presso la stessa ASL – per il servizio di pronta disponibilità prestato in giorno festivo senza usufruire di riposo compensativo, a decorrere dal maggio 1993.

La Corte d’appello di Campobasso, in primo luogo, osserva che l’eccezione dell’appellato relativa alla perdita della capacità processuale da parte della ASL appellante e alla conseguente necessità di disporre "interruzione del processo – fondata sul rilievo secondo cui dopo la proposizione dell’appello alla suddetta ASL era subentrata la Azienda sanitaria regionale del Molise (ASRM). in base alla legge regionale 1 aprile 2005, n. 9 – non è stata provata ma solo enunciata, senza alcuna dimostrazione relativa all’immediatezza degli effetti della suddetta soppressione.

Quanto al merito, la Corte di appello sottolinea che, diversamente da quanto ritenuto dal giudice di primo grado, la fattispecie de qua non riguarda la mancata fruizione del riposo settimanale, ma quella del giorno di riposo compensativo da godere nel caso che la "pronta disponibilità" cada in un giorno festivo.

Per questa ipotesi, secondo la normativa contrattuale, il riconoscimento del suddetto beneficio presuppone che il recupero avvenga "senza riduzione del debito orario" il che significa che è onere dell’interessato farne tempestiva richiesta, onde consentire alla ASL di operare i conseguenti aggiustamenti dell’orario settimanale. Nella specie, è pacifico che il dottor C. non ha avanzato alcuna tempestiva richiesta al riguardo e, a distanza di anni, non è più possibile, sotto il profilo organizzativo e logistico, realizzare questo suo diritto.

Ovviamente, resta il diritto al risarcimento del danno per il mancato godimento del beneficio. Al riguardo la Corte d’appello rileva che se è vero che il ricorrente ha subito una minore godibilità del giorno festivo, è altrettanto vero che questo svantaggio e stato compensato dal minor sacrificio avuto per i restanti cinque giorni, nei quali non ha dovuto subire alcun corrispondente aumento di orario.

Pertanto, il ricorrente non può pretendere alcun risarcimento del danno per la mancata fruizione del giorno compensativo senza offrire la dovuta prestazione integrativa, prestazione non più effettuabile (per le anzidette ragioni). Conseguentemente il diritto del lavoratore e quello della ASL "si compensano" e, allo stato, nulla è dovuto al ricorrente.

Il ricorso del dottor C.G. domanda la cassazione della sentenza per tre motivi.

La Gestione liquidatoria della ex ASL n. (OMISSIS) Pentria si è costituita tardivamente in giudizio, con atto del 4 ottobre 2007, producendo anche memoria ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ..
Motivi della decisione

1.- Va, in primo luogo, dichiarata l’inammissibilità della produzione della memoria ex art. 378 cod. proc. civ. effettuata dalla resistente che si è costituita tardivamente e non ha partecipato alla discussione orale.

Infatti, in base ad un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, in base all’art. 370 cod. proc. civ., comma 1, alla parte cui è diretto il ricorso, la quale non abbia depositato il controricorso ma solo la procura al difensore, nel periodo che va dalla scadenza del termine per la proposizione del controricorso alla data fissata per la discussione del ricorso per cassazione è preclusa qualsiasi attività processuale, sia essa diretta alla costituzione in giudizio – anche se soltanto ai fini della partecipazione alla discussione orale – o alla produzione di documenti e memorie ai sensi degli artt. 372 e 378 cod. proc. civ. (vedi: Cass. 27 maggio 2009, n. 12381; Cass. SU 11 aprile 1981, n. 2114; Cass. 28 maggio 1980, n. 3513; Cass. 9 agosto 1962, n. 2486).

Ne consegue che la validità della costituzione dell’intimato come nella specie avvenuta dopo la scadenza del termine suddetto e prima del giorno fissato per l’udienza di discussione esige, come condizione indefettibile, che l’intimato partecipi concretamente alla discussione orale, sanando cosi, con effetto ex tunc, l’irrituale attività processuale compiuta nelle more (v. Cass. 28 maggio 1980, n. 3513 cit.), salvo che non si tratti (ipotesi non ricorrente invero nella specie) di atti e documenti riguardanti l’ammissibilità del ricorso per cassazione, nel qual caso gli stessi possono essere esaminati e valutati dalla Corte, sempre a condizione che l’intimato stesso partecipi alla discussione orale (vedi: Cass. 21 giugno 2002, n. 9093).

2.- Con il primo motivo di ricorso viene denunciata violazione di norme di diritto in tema di interruzione del processo ( art. 300 cod. proc. civ.) e violazione del principio iuru novit curia, di cui all’art. 13 cod. proc. civ..

Il ricorrente precisa, al riguardo, che nella propria comparsa di costituzione in appello (depositata il 13 febbraio 2006) ha preliminarmente eccepito che il processo doveva essere interrotto a causa della perdita di capacità processuale dell’appellante ASL n. (OMISSIS) Pentria di Isernia, conseguente alla soppressione (con la L.R. Molise 1 aprile 2005, n. 9) di tutte le AASSLL esistenti nel territorio regionale ed alla istituzione, al loro posto, della Azienda Sanitaria Regionale del Molise (ASREM). La Corte d’appello, viceversa, ha ritenuto che la suddetta perdita di capacità processuale avrebbe dovuto essere rigorosamente provata, cosa che nella specie non era avvenuta, essendosi l’appellato limitato a richiamare la suddetta legge regionale senza neppure allegarla e senza dimostrare che essa avesse effetto immediato.

2.1. – Il motivo non è fondato, la conclusione cui è pervenuta sul punto la Corte di appello di Campobasso è da condividere, anche se ne va corretta la motivazione.

Va precisato che, in linea generale, la soppressione ape legis di un ente pubblico non determina sempre ed automaticamente il venir meno della sua soggettività che, invece, si prolunga anche per il periodo successivo alla entrata in vigore della disposizione soppressiva tutte le volte in cui. pur se la totalità dei rapporti che al detto ente facevano capo siano stati trasferiti, relativamente ad una parte di questi si apra una fase liquidatoria, la cui gestione venga attribuita ad un organo del medesimo ente, costituito appunto in vista dello svolgimento di tale funzione. Ne consegue che, una volta escluso che l’estinzione dell’ente costituisca effetto diretto ed immediato della norma soppressiva dello stesso, la rilevanza della sopravvenienza di tale evento in tanto è configurabile, in quanto se ne abbia cognizione nei modi e nelle forme previste dall’art. 300 cod. proc. civ. (Cass. 7 maggio 2003, n. 6940).

Con riferimento specifico all’organizzazione territoriale del Servizio sanitario nazionale l’orientamento consolidato di questa Corte è nel senso che, in seguito alla soppressione delle USL ad opera del D.Lgs. n. 502 del 1992, che ha istituito le AUSL, e per effetto della L. n. 724 del 1994, art. 6, comma 1 e della L. n. 549 del 1995, art. 2, comma 14, che hanno individuato nelle Regioni i soggetti giuridici obbligati ad assumere a proprio carico i debiti degli organismi soppressi, essendo la successione delle Regioni caratterizzata da una procedura di liquidazione affidata ad un’apposita gestione stralcio, individuata nell’ufficio responsabile della medesima USL, il processo instaurato da o nei confronti di una USL prima della sua soppressione prosegue tra le parti originarie, con le relative conseguenze in ordine alla legittimazione attiva e passiva in ragione dell’attribuzione al direttore generale della nuova AUSL della qualità di organo di rappresentanza della gestione stralcio (Cass. 4 agosto 2009, n. 17913 e Cass. 20 aprile 2010, n. 9315).

Tutto ciò in quanto il principio fondamentale ispiratore del suddetto fenomeno è stato quello (stabilito dalla L. n. 724 del 1994, citato art. 6, comma 1), secondo cui in nessun caso le Regioni potevano far gravare, direttamente o indirettamente, sulle neocostituite aziende i debiti pregressi tacenti capo alle preesistenti Unità sanitarie locali (Corte cost. sentenze n. 437 del 2005. n. 116 del 2007 e n. 108 del 2010).

Una situazione analoga a quella fin qui descritta è quella che si è verificata nella Regione Molise in seguito alla L.R. n. 9 del 2005 che ha istituito l’ASREM ed ha posto in liquidazione le AASSLL esistenti nel territorio regionale, a decorrere dall’entrata in (unzione dell’ASRLM (art. 13, comma 2), stabilendo, peraltro, che "i crediti ed i debiti delle attuali Aziende sanitarie restano in capo alla gestione liquidatoria" (art. 13, comma 4).

In sintesi, è da escludere che. nella specie, la norma soppressiva della ASL abbia avuto come effetto immediato e diretto l’estinzione della stessa, comunque, l’eventuale e ipotetica rilevanza della sopravvenienza di tale evento nel processo in tanto avrebbe potuto essere configurata, in quanto se ne fosse avuta cognizione nei modi e nelle forme previste dalle norme che disciplinano l’interruzione del processo (artt. 299 e ss. cod. proc. civ.). Queste norme sono preordinate alla tutela della parte colpita dal relativo evento, la quale è l’unica legittimata a dolersi dell’irrituale continuazione del processo nonostante il verificarsi della causa interruttiva, sicchè la mancata interruzione del processo non può essere rilevata d’ufficio dal giudice, nè essere eccepita dall’altra parte come motivo di nullità (Cass. 6 settembre 2002, n. 12980; Cass. 28 novembre 2007, n. 24762; Cass. 13 novembre 2009, n. 24025).

Bene ha tatto, quindi, la Corte di appello di Campobasso a non tenere conto dell’eccezione proposta dal C., e ciò a prescindere dalla sua genericità e salva restando la totale irrilevanza della mancala allegazione della legge regionale richiamata.

A tale ultimo riguardo, infatti, va precisato che, rispetto alle leggi regionali, non può non considerarsi operativo il principio tura novit curia, di cui all’art. 113 cod. proc. civ.. Tale principio, infatti in base ad un consolidato orientamento di questa Corte (vedi, per tutte, Cass. 5 luglio 1999, n. 6933) eleva a dovere del giudice la ricerca del "diritto" e si riferisce alle vere e proprie fonti di diritto oggettivo, cioè a tutti i precetti contrassegnati dal duplice connotato della normatività e della giuridicità, dovendosi escludere dall’ambito della sua operatività, sia i precetti aventi carattere normativo, ma non giuridico (come le regole della morale o del costume), sia quelli aventi carattere giuridico, ma non normativo (come gli atti di autonomia privata, o gli atti amministrativi), sia quelli aventi forza normativa puramente interna (come gli statuti degli enti e i regolamenti interni).

3.- Con il secondo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro per violazione del c.c.n.l. del Comparto Sanità e, in particolare, dell’art. 44, comma 1, c.c.n.l. del 1995 e dell’art. 20, comma 6, c.c.n.l. del 1996, richiamanti il D.P.R. n. 270 del 1987, art. 18, l’art. 16 c.c.n.l. 1998-2001.

In particolare, ci si lamenta del fatto che nella sentenza impugnata si sia ritenuta necessaria una espressa e specifica richiesta dell’interessato – configurata come un vero e proprio onere – per poter fruire del diritto al riposo compensativo, anzichè stabilirsi che compete al datore di lavoro che prevede il servizio di pronta disponibilità organizzare le prestazioni lavorative in modo da assicurare, in ogni caso, il godimento del suddetto diritto da parte del lavoratore.

4.- Con il terzo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro Comparto Sanità del 1996. con riferimento all’istituto della pronta disponibilità di cui all’art. 20, comma 6, c.c.n.l. del 1996.

La censura riguarda, specificamente, la parte della sentenza impugnata in cui si afferma che il lavoratore "non può pretendere il risarcimento del danno per il mancato giorno compensativo senza offrire alla USL la prestazione lavorativa di cui sopra" (cioè un aumento di orario nei restanti cinque giorni) e che ove tale "controprestazione ulteriore" non venga in concreto effettuata, il diritto al risarcimento deve ritenersi "compensato" dal minore sacrificio del ricorrente per non aver dovuto subire l’aumento di orario nei restanti cinque giorni", anzichè stabilire che "compete al datore di lavoro articolare l’orario di servizio successivo in modo da evitare la riduzione del debito orario settimanale, essendo tenuto comunque a concedere il riposo compensativo, che non può in ogni caso essere compensato". 5.- Entrambi i suddetti motivi, che si possono trattare congiuntamente data la loro intima connessione, sono infondati, ancorchè la relativa motivazione contenuta nella sentenza impugnata vada, in parte, corretta.

Nel presente giudizio si discute della spettanza al ricorrente del diritto ad un particolare ristoro per il danno conseguente al mancato godimento del giorno di riposo compensativo in occasione della prestazione del servizio di pronta disponibilità in giorno festivo.

5.1. La pronta disponibilità, prevista dalla disciplina collettiva (spec. art. 20 c.c.n.l. Comparto Sanità – Area dirigenza medica e veterinaria – 1994-1997, recepito dal D.P.C.M. 12 settembre 1996), si configura come una prestazione strumentale e accessoria, caratterizzata dall’immediata reperibilità del dirigente medico e dall’obbligo per lo stesso di raggiungere il presidio sanitario nel tempo stabilito con le procedure previste dalla stessa contrattazione collettiva "per affrontare le situazioni di emergenza in relazione alla dotazione organica ed agli aspetti organizzativi delle strutture".

Esso va limitato ai soli periodi notturni e festivi e da, di per sè, "diritto ad una indennità per ogni dodici ore". Inoltre, "in caso di chiamata l’attività prestata viene computata come lavoro straordinario o compensata come recupero orario".

Pertanto, non equivalendo ad una effettiva prestazione lavorativa, il servizio di pronta disponibilità svolto nel giorno destinato al riposo settimanale limita soltanto, senza escluderlo del tutto, il godimento del riposo stesso e comporta il diritto ad un particolare trattamento economico aggiuntivo, come si è detto.

La contrattazione collettiva (v. per tutti, art. 20 cit., comma 6) prevede anche il diritto (ulteriore) ad un giorno di riposo compensativo in relazione al servizio di pronta disponibilità prestato in giorno (estivo, a prescindere dall’effettiva prestazione di lavoro, specificando, però, che la spettanza del suddetto diritto non può comportare "riduzione del debito orario settimanale".

Il medesimo precetto si rinviene sia nella legislazione precedente ( D.P.R. 20 maggio 1987, n. 270, art. 82, comma 6, di cui l’allegalo B del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 ha sancito la disapplicazione, a partire dal 6 dicembre 1996, per il personale con qualifica dirigenziale medica e veterinaria), sia nella contrattazione collettiva successiva (v., per tutti, art. 17, comma 7, c.c.n.l. 3 novembre 2005 – Area dirigenza dei ruoli sanitario, professionale, tecnico e amministrativo del SSN 2002-2005).

A tale ultimo riguardo va ricordato, in particolare, l’art. 9, comma 1, c.c.n.l. integrativo del c.c.n.l. del personale Sanità stipulato il 7 aprile 1999, ove si precisa che "1. Ad integrazione di quanto previsto dall’art. 20 del CCNL 1 settembre 1995 e art. 34 del CCNL 7 aprile 1999, l’attività prestata in giorno festivo infrasettimanale da titolo, a richiesta del dipendente da effettuarsi entro trenta giorni, a equivalente riposo compensativo o alla corresponsione del compenso per lavoro straordinario con la maggiorazione prevista per il lavoro straordinario festivo". 5.2. Da tali dati si desume chiaramente che il diritto di cui si discute non può trovare la sua fonte nell’art. 36 Cost. in quanto tale norma costituzionale, per quel che qui interessa, garantisce esclusivamente il diritto (inderogabile) al riposo settimanale in relazione ad attività lavorativa effettivamente prestata e non può essere riferita ad altre obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro. Infatti, la pronta disponibilità, pur essendo una obbliga/ione che trova causa nel rapporto di lavoro, non può essere equiparata alla prestazione effettiva di attività di lavoro, poichè è di tutta evidenza che la mera disponibilità alla eventuale prestazione incide diversamente sulle energie psicofisiche del lavoratore rispetto ai lavoro effettivo e riceve diversa tutela dall’ordinamento.

Ciò spiega perchè per la suddetta normativa (legislativa e contrattuale) il dirigente sanitario in servizio di pronta disponibilità in giorno festivo, che non abbia reso prestazione lavorativa, ha diritto ad un giorno di riposo compensativo ma non alla riduzione dell’orario di lavoro settimanale, con la conseguenza che è tenuto a recuperare le sei ore lavorative del giorno di riposo ridistribuendole nell’arco della settimana.

Ora – anche per il periodo antecedente all’espresso chiarimento contenuto nell’art. 9, comma 1, c.c.n.l. integrativo su riportato – nel silenzio della normativa, deve ritenersi conforme all’interesse dei dirigenti sanitari, una interpretazione della stessa nel senso di salvaguardare la libertà di ciascun dirigente in merito alla valutazione della convenienza della fruizione del giorno di riposo compensativo con prolungamento dell’orario di lavoro negli altri giorni della settimana. Ciò comporta di conseguenza che la concessione del giorno di riposo compensativo anche nel periodo antecedente (cui si riferisce l’attuale vicenda) non poteva non considerarsi subordinata alla richiesta dell’interessato.

E’ pacifico che l’attuale ricorrente non ha mai chiesto di godere del giorno di riposo compensativo in relazione alle disponibilità festive prestate. Il mancato godimento del riposo compensativo non può dunque essere imputato all’Azienda sanitaria datrice di lavoro.

Il ricorrente, peraltro, neppure può sostenere di aver subito un danno da usura psicofisica in conseguenza de mancato recupero, non risulta, infatti, che egli, nei suddetti giorni festivi, abbia svolto attività lavorativa e, comunque, l’eventuale godimento del riposo compensativo non lo avrebbe esonerato dall’obbligo di rispettare il "debito orario settimanale".

D’altro canto all’obbligo di mera disponibilità ad una eventuale prestazione non può attribuirsi una idoneità ad incidere sul tessuto psicofisico del lavoratore tale da configurare una violazione di norme generali. Il compenso per l’obbligo di pronta disponibilità non seguito da effetti va attività lavorativa non può che essere lasciato alla contrattazione collettiva, che nella vicenda in esame, come si è detto, ha operalo delle scelte del tutto conformi a quanto fin qui esposto.

5.3- Va, da ultimo precisato che, pur essendo condivisibile per le suddette considerazioni la conclusione cui è pervenuta la Corte di appello di Campobasso. si deve precisare che appare errato il richiamo effettuato nella sentenza impugnata all’istituto della compensazione tra i due reciproci diritti dei ricorrente e della ASL. E’ noto, infatti, che l’istituto della compensazione, sia nella forma propria sia in quella impropria, presuppone che contrapposti crediti delle parti abbiano ad oggetto una somma di denaro o una quantità di cose fungibili dello stesso genere e che siano ugualmente liquidi ed esigibili ( art. 1243 cod. civ.). Inoltre, essa richiede l’autonomia dei rapporti cui si riferiscono i contrapposti crediti delle parli e non può operare quando essi nascano dal medesimo rapporto, situazione che può comportare soltanto una compensazione in senso improprio, ossia un semplice accertamento contabile di dare e avere, come avviene quando debbano accertarsi le spettanze del lavoratore autonomo o subordinato (vedi, per tutte: Cass. 19 marzo 2001. n. 3930; Cass. 2 marzo 2009, n. 5024". 6.- In sintesi il ricorso deve essere respinto.

Nulla spese in favore della Gestione liquidatoria della ex ASL n. (OMISSIS) Pentria intimata, considerato che essa ha depositato, oltretutto in ritardo, un atto definito di "costituzione in giudizio", il quale rappresenta un’attività assolutamente superflua e quindi non rimborsabile, visto che, come si è detto, non è stato seguito dalla partecipazione alla discussione orale.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Nulla spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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