T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 24-01-2011, n. 698 Legittimità o illegittimità dell’atto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato alle Amministrazioni in epigrafe indicate in data 15 dicembre 2009 e depositato il successivo 13 gennaio 2010, parte ricorrente, in atto cittadino cinese, espone di avere presentato una richiesta di visto di ingresso in Italia per motivi di studio per frequentare un corso di formazione professionale di operatore di PC presso la società "F.P. s.a.s." nella Regione Campania, vedendosi tuttavia opporre l’impugnato diniego.

Avverso tale provvedimento deduce:

1. Violazione e/o falsa applicazione degli articoli 3, 24 e 97 Cost.; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5 del trattato di Schengen, ratificato dall’Italia con la legge 30 settembre 1993, n. 388 e sostanzialmente confermato dall’art. 5, comma 1° lettera c) Reg. CE n. 562/2006; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 4, comma 3 del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5, comma 6, 44 bis, comma 5 e 6 del d.P.R. 31 agosto 1999, n. 394; violazione e/o falsa applicazione degli articoli 27, comma 1 lett. F) d.lgs. n. 286/1998, violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1 e 16 D.M. 12 luglio 2000 Min. A.E.; violazione del principio di legalità; eccesso di potere per erronea individuazione dei presupposti di fatto e di diritto; travisamento ed errata valutazione dei fatti; ingiustizia manifesta, difetto di istruttoria; violazione del giusto procedimento; difetto di motivazione, straripamento di potere;

2. Violazione e/o falsa applicazione degli articoli 3, 24 e 97 Cost; Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 4, comma 2 del d.lgs. n. 286/1998; Violazione e/o falsa applicazione degli articoli 3, 10 bis e 21 octies della legge 7 agosto 1990, n. 241; Violazione e/o falsa applicazione della Convenzione applicativa dell’accordo di S.; eccesso di potere nelle figure: difetto di istruttoria, difetto di motivazione; disparità di trattamento, mancata comparazione di interessi rilevanti, erronea individuazione dei presupposti di fatto e di diritto; ingiustizia manifesta, violazione del giusto procedimento e dei suoi principi fondamentali straripamento di potere;

3. Violazione e/o falsa applicazione degli articoli 3, 24 e 97 Cost; Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 4, comma 2 del d.lgs. n. 286/1998 e dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990 sotto ulteriore profilo; Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 4, comma 3 del d.lgs. n. 286/1998; Violazione del principio di legalità; eccesso di potere per erronea individuazione dei presupposti di fatto e di diritto; travisamento ed errata valutazione dei fatti; ingiustizia manifesta, difetto di istruttoria; violazione del giusto procedimento; difetto di motivazione straripamento di potere.

Conclude per l’accoglimento dell’istanza cautelare e del ricorso.

L’Amministrazione si è costituita in giudizio ed ha rassegnato opposte conclusioni.

Alla Camera di Consiglio del 21 gennaio 2010 l’istanza cautelare è stata respinta ed è stata fissata l’udienza pubblica in data 20 maggio 2010.

A quest’ultima il ricorso è stato rinviato ad altra data.

L’interessato ha presentato avverso lo stesso provvedimento motivi aggiunti, dopo aver preso visione della nota a prot. 513 dell’8 marzo 2010 con la quale il Consolato Generale d’Italia in Canton ha esteso compiutamente le motivazioni del provvedimento gravato ed ha, quindi, ulteriormente dedotto:

1. Violazione e/o falsa applicazione degli articoli 3, 24 e 97 Cost.; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 4, commi 2 e 3 del d.lgs. n. 286/1998; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 44 bis, comma 5 e 6 del d.P.R. n. 394/1999 e s.m.i.; Violazione e/o falsa applicazione degli articoli 3, 10 bis e 21 octies della legge n. 241 del 1990; violazione del principio di legalità; eccesso di potere per difetto di istruttoria; difetto di motivazione, disparità di trattamento, mancata comparazione di interessi rilevanti, erronea individuazione dei presupposti di fatto e di diritto; ingiustizia manifesta; violazione del giusto procedimento e dei suoi principi fondamentali; straripamento di potere.

2. Violazione e/o falsa applicazione degli articoli 3, 24 e 97 Cost.; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5 del trattato di Schengen, ratificato dall’Italia con la legge n. 388/1993 e sostanzialmente confermato dall’art. 5, comma 1° lettera c) Reg. CE n. 562/2006; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 4, comma 3 del d.lgs. n. 286/1998; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5, comma 6, 44 bis, comma 5 e 6 del d.P.R. n. 394/1999; violazione e/o falsa applicazione degli articoli 27, comma 1 lett. F) d.lgs. n. 286/1998, violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1 e 16 D.M. 12 luglio 2000 Min. A.E.; violazione del principio di legalità; eccesso di potere per erronea individuazione dei presupposti di fatto e di diritto; travisamento ed errata valutazione dei fatti; ingiustizia manifesta, difetto di istruttoria; violazione del giusto procedimento; difetto di motivazione, straripamento di potere.

Conclude per l’accoglimento dei motivi aggiunti, insistendo per l’annullamento del provvedimento principalmente gravato.

Il ricorso è stato trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 21 dicembre 2010.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato e va pertanto respinto come da precedente della sezione in data 17 novembre 2010, n. 33513.

L’interessato, in atto cittadino cinese, impugna il diniego di visto di ingresso, opposto dal Consolato Generale d’Italia in Canton alla sua richiesta di recarsi in Italia per effettuare un corso di formazione professionale di operatore di computer a tempo pieno per la durata di sei mesi, tenuto presso una struttura formativa della Regione Campania la "F.P. s.a.s"; il diniego è motivato come segue: " Considerate le implicazioni attinenti alla sicurezza e l’ordine pubblico che in generale comportano il rilascio dei visti di ingresso, si deroga all’obbligo di motivare (salvo quando si tratti di domande di visto presentate ai sensi degli articoli 22, 24, 27, 28, 36, 39 del TU 286/98)".

2. Avverso tale provvedimento il ricorrente in sostanza lamenta che il rilascio del visto di ingresso per la formazione è disciplinato dall’art. 27, comma 1 del D.Lgs n. 286 del 1998 e dall’art. 44 bis del d.P.R. n. 394 del 1999, stanti i quali al di fuori degli ingressi per lavoro il regolamento di attuazione disciplina le particolari modalità e termini per il rilascio delle autorizzazioni al lavoro e dei visti di ingresso anche per persone autorizzate a soggiornare per motivi di formazione professionale. E tale disciplina recata dal Regolamento prevede che lo straniero in possesso dei requisiti previsti per il rilascio del visto di studio che intende frequentare corsi di formazione professionale organizzati da enti di formazione accreditati può essere autorizzato all’ingresso nel territorio nazionale, nell’ambito del contingente annuale. I requisiti sono poi individuati dall’art. 16 dell’Allegato A del D.M. del Ministero Affari Esteri del 12 luglio 2000 (documentate garanzie circa il corso di studio, adeguate garanzie circa i mezzi di sostentamento, polizza assicurativa, età maggiore di anni 14) e sostanzialmente essi sono stati dal ricorrente interamente soddisfatti, laddove egli ha diciannove anni, è in possesso del titolo di studio di scuola media inferiore ordinaria ed ha offerto idonee garanzie ai fini della partecipazione al corso di formazione ridetto. Di conseguenza il Consolato doveva rilasciare il visto sulla base della documentazione offerta o anche, qualora non fosse convinto, poteva richiederne di integrativa.

Col secondo motivo parte ricorrente lamenta il sostanziale difetto di motivazione del diniego oppostole. Sostiene che l’art. 4, comma 2 del d.lgs. n. 286 del 1998 consente di derogare all’obbligo di motivazione solo per motivi di sicurezza e di ordine pubblico, ma in questi non rientrano i visti per motivi di studio e formazione, sicché la motivazione doveva essere esposta, mentre l’Amministrazione ha omesso completamente di rappresentare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione.

Analogamente è a dirsi per il mancato preavviso di provvedimento negativo ai sensi dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990, laddove la norma prescrive che, proprio nei procedimenti ad istanza di parte, come è quello di visto di ingresso, il responsabile del procedimento deve rappresentare le ragioni ostative all’interessato, onde questi possa opporre le proprie osservazioni. Tutto ciò è completamente mancato nell’iter.

Col terzo motivo insiste sull’obbligo di motivazione del provvedimento di diniego, specialmente quando, come avviene nel caso in esame, il ricorrente sia in possesso di tutti i requisiti previsti dalla legge per ottenere il visto.

Con i motivi aggiunti, l’interessato lamenta ulteriormente che, con la relazione sopraggiunta, l’Autorità consolare ha affermato che la pregressa formazione scolastica non era coerente con il corso a seguirsi, mentre tale motivazione è del tutto ininfluente in presenza dei numerosi requisiti posseduti. Ciò rende ancor più evidente il difetto di motivazione del provvedimento di diniego, mentre il corso di "operatore computer" supportato da un corso di lingua italiana di base, è da ritenersi perfettamente compatibile con la formazione scolastica media inferiore del ricorrente. La relazione dell’Amministrazione sarebbe basata su una istruttoria inesistente ed all’uopo l’interessato disconosce le dichiarazioni contenute nell’allegato 7c, perché esibito in copia fotostatica non conforme all’originale e mancante della sua firma autografa e disconosce la dichiarazione della scuola Nanri Middle School of Xiuvu di cui all’allegato 8c, secondo le quali egli non avrebbe seguito alcun corso di informatica presso la medesima struttura, perché mancante anch’essa di sottoscrizione autografa ed esibita in copia fotostatica non conforme agli originali.

Il ricorrente lamenta pure che, se avesse ricevuto il preavviso di rigetto, avrebbe potuto dimostrare di possedere conoscenze in materia avendo in precedenza seguito, presso l’Istituto Tecnico Industriale di Fujian un corso di gestione logistica e tecnologia informatica della durata di tre anni.

Con il secondo dei motivi aggiunti insiste nella già prospettata violazione delle norme recanti i requisiti per il rilascio del visto di ingresso nel caso di formazione professionale, lamentando che l’Amministrazione ben avrebbe potuto richiedere documentazione integrativa e che il rischio immigratorio non è assolutamente provato, ribadendo che qualora la richiesta di visto sia corredata dalla documentazione necessaria a provare lo scopo delle condizioni di soggiorno ed i mezzi di sussistenza sufficienti per il soggiorno oltre che per il ritorno nel paese di origine e qualora il richiedente non sia iscritto al S.I.S. o non abbia subito condanne penali in Italia, il visto di ingresso deve essere rilasciato e se viene negato il diniego deve essere motivato.

3. Le prospettazioni non possono essere condivise alla luce delle considerazioni esposte nel precedente specifico della sezione ed in base al quale, in ordine all’obbligo di motivazione dei dinieghi di visto, dal quale l’Amministrazione è esonerata solo per motivi di sicurezza e di ordine pubblico, "la ratio della disposizione introdotta nel secondo comma dell’art. 4 del Testo Unico dal d.lgs. 30 luglio 2002, n. 189,… è costituita dalla tutela di valori quali la sicurezza e l’ordine pubblico, che però cedono dinanzi ai casi particolari previsti dagli articoli 22, 24, 26, 27, 28, 29, 36 e 39 del Testo Unico (lavoro subordinato a tempo determinato ed indeterminato, lavoro stagionale, lavoro autonomo, ripristino dell’unità familiare, cure mediche ed accesso agli studi universitari) in esso richiamati e la cui elencazione, destinata a disciplinare l’obbligo di motivazione anche per ragioni di sicurezza ed ordine pubblico nei particolari casi da esse disciplinati, è da ritenersi tassativa,…" (TAR Lazio, sezione I quater, n. 33513 del 2010).

Ciò premesso il ricorrente ha sostenuto di rientrare nel caso di cui all’art. 27, comma 1 lett. f) del Testo Unico, poiché la sua richiesta di visto concerneva appunto la partecipazione ad un corso di formazione per l’apprendimento del computer presso una struttura formativa della Regione Campania, come sopra accennato, di tal che rientrando l’art. 27 tra le fattispecie per le quali l’Amministrazione è tenuta a motivare anche in presenza di ragioni di sicurezza e di ordine pubblico, il diniego opposto senza chiarire specificamente perché per tali ragioni il ricorrente non potesse entrare in Italia, non avendo subito condanne penali e non essendo iscritto al SIS appare del tutto immotivato.

L’argomentazione non può essere condivisa, dal momento che poiché l’obbligo di motivazione nei casi di sicurezza e di ordine pubblico è strettamente connesso con le fattispecie che il legislatore ha inteso espressamente indicare nell’art. 4, comma 2 del Testo Unico sull’immigrazione e s.m.i., da tale espressa indicazione deve dedursi che la fattispecie deve precisamente verificarsi per inverare l’obbligo di motivazione dell’Amministrazione, mentre non risulta che ciò accada nel caso in esame.

Il ricorrente auspicava, in effetti, a svolgere il corso di formazione in computer della durata di sei mesi e comprensivo di un corso di italiano intensivo di due mesi, presso la accreditata struttura regionale campana, ma la norma prescrive che la fattispecie dell’ingresso di lavoro per casi particolari – per il quale l’obbligo di motivazione sussiste anche nel caso dei motivi di sicurezza e di ordine pubblico – comprende non solo il soggiorno per motivi di formazione professionale, ma anche che durante tale formazione gli interessati svolgano "periodi temporanei di addestramento presso datori di lavoro italiani effettuando anche prestazioni che rientrano nell’ambito del lavoro subordinato"; deve trattarsi cioè di quella che viene chiamata "formazione on job", mentre di tale addestramento nulla dice l’interessato.

Non completandosi la fattispecie normativa per la quale sussiste l’obbligo di motivazione dell’Amministrazione, il provvedimento va trovato scevro anzitutto della dedotta censura di violazione delle norme che la disciplinano, come in narrativa rubricate e anche dal dedotto difetto di motivazione.

La conseguenza di tale ricostruzione normativa e giuridica è che anche la censura di violazione dell’art. 10 bis della legge n. 214 del 1990, ritenuta violata dal ricorrente non può essere condivisa essendo inibito al giudice in base al disposto dell’art. 21 octies della legge n. 241 del 1990 e s.m.i. l’annullamento di un provvedimento per vizi formali e per mancanza della comunicazione di avvio del procedimento quando il contenuto vincolato non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, avuto riguardo pure alla circostanza che la giurisprudenza equipara alla mancata comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 della legge n. 241 del 1990 il preavviso di provvedimento negativo ex art. 10 bis della medesima legge ai fini dell’annullamento giurisdizionale dell’atto (TAR Sardegna, Cagliari, sezione II, 31 agosto 2010, n. 2158), quando l’Amministrazione fornisca in giudizio la dimostrazione anzidetta, come è avvenuto nel caso in esame.

A tal proposito non può neppure essere condivisa la prospettazione di parte ricorrente, insistita anche nei motivi aggiunti, laddove contesta che l’Amministrazione, nella relazione per l’udienza avrebbe rappresentato la mancanza di congruità tra il titolo di studio posseduto dal ricorrente con il tipo di corso che il medesimo avrebbe voluto frequentare, producendo proprio la dichiarazione dello stesso di non avere mai frequentato corsi di computer a scuola, dichiarazione confermata dal certificato della "Nanri Middle School of Xiuyu District" in data 9 ottobre 2009. La contestazione della circostanza e delle modalità con le quali l’Amministrazione l’ha effettuata appaiono del tutto contraddittorie, dal momento che nel ricorso principale si afferma che l’interessato sarebbe in possesso di "valido titolo di studio di scuola media inferiore ordinaria" (pag. 5 del ricorso) mentre nei motivi aggiunti emerge la frequenza da parte del ricorrente di un corso di tre anni in "gestione logistica e tecnologia informatica" presso l’Istituto Tecnico Industriale di Fujian, che quindi, secondo le tesi dell’interessato, consentirebbe di contestare anche la mancata congruità degli studi, laddove non è dato comprendere come mai, se egli è in possesso di tale qualificazione, conseguita al termine di un corso di ben tre anni, sia necessario venire in Italia a sostenere un corso di soli sei mesi avente per oggetto la stessa materia, che, come rileva l’Amministrazione, è una disciplina universale, che può essere appresa ovunque nel mondo, anche in Cina e con minori spese, sempre se fosse ritenuto necessario dal ricorrente approfondirla ulteriormente, oltre il corso già frequentato in Cina.

4. Il provvedimento va pertanto trovato scevro dalle dedotte censure con la conseguenza che il ricorso va respinto in ogni sua parte.

5. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) definitivamente pronunziando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

Condanna il ricorrente S.Z. al pagamento di Euro 1.500,00 per spese di giudizio ed onorari a favore dell’Amministrazione degli Affari Esteri.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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