T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 24-01-2011, n. 697 Pensioni, stipendi e salari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

I ricorrenti prospettano:

– di essere ispettori del Corpo di Polizia penitenziaria già appartenenti al ruolo dei sovrintendenti con la qualifica di sovrintendente capo;

– di aver acquisito il VII livello retributivo ai sensi dell’articolo 3 del decreto legge 7 gennaio 1992, n. 5 (convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 6 marzo 1992, n. 216) con decorrenza dall’11 gennaio 1991;

– che dal 1° settembre 1995, ai sensi dell’articolo 11 del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 200, transitavano nel ruolo degli ispettori con salvezza del trattamento economico più favorevole (articolo 8, lettera c), del decreto legislativo n. 200/1995);

– che con la citata decorrenza 1° settembre 1995 il trattamento economico degli ispettori era quello previsto per il livello VI bis, riportato nella tabella C allegata al suddetto decreto legislativo n. 200/1995 (articolo 13 del medesimo decreto legislativo);

– che conseguentemente l’Amministrazione dal 1° settembre 1995 attribuiva ai ricorrenti la qualifica di ispettore e corrispondeva loro un trattamento economico comprensivo di un assegno ad personam calcolato sulla differenza economica tra il precedente VII livello e il nuovo livello VI bis.

Essi lamentano:

– che successivamente l’Amministrazione, dal 1° gennaio 2005, a seguito della pubblicazione del decreto legislativo 30 maggio 2003, n. 193 ("Sistema dei parametri stipendiali per il personale non dirigente delle Forze di polizia e delle Forze armate, a norma dell’articolo 7 della legge 29 marzo 2001, n. 86") cessava di corrispondere loro l’assegno ad personam in base a una interpretazione della ratio legis dell’articolo 3, commi 1 e 4, del citato decreto legislativo, i quali recitano: " 1. A decorrere dal 1° gennaio 2005 nello stipendio basato sul sistema dei parametri confluiscono i valori stipendiali correlati ai livelli retributivi, l’indennità integrativa speciale, gli scatti gerarchici e aggiuntivi, nonché gli emolumenti pensionabili indicati nelle tabelle 3, 4 e 5" e "4. Nello stipendio di cui al comma 1 non confluiscono la retribuzione individuale di anzianità maturata al 1° gennaio 2005, l’assegno funzionale e gli emolumenti diversi da quelli indicati nelle tabelle 3, 4 e 5".

E riferiscono:

– che avverso tale decisione notificavano atto di diffida extragiudiziale, chiedendo la corresponsione dell’assegno personale pensionabile;

– che l’Amministrazione, con la contestata nota prot. n. GDAP 031 5209 2008 del 25 settembre 2008, ha risposto negativamente, affermando che la Ragioneria generale dello Stato ha condiviso l’operato dell’Ufficio "concordando che le nomine alle qualifiche di viceispettore e ispettore non possono essere intese come un passaggio di carriera così come previsto dall’articolo 3, comma 57, della legge n. 537/1993, ma come un passaggio di qualifica all’interno della stessa carriera".

La medesima nota prot. n. GDAP 031 5209 2008 del 25 settembre 2008 ha precisato infine che dal 1° gennaio 2005, con il passaggio del trattamento economico dal sistema dei livelli retributivi a quello dei parametri stipendiati nessun assegno ad personam poteva essere conservato.

Il ricorso lamenta "Violazione e falsa applicazione di legge dei decreti legislativi del 12 marzo 1995, n. 200 articoli 8 e 12,13 – Tabella "C" e del maggio 2003, n. 193 articolo 3, comma 4° in relazione all’articolo 3 legge 24 dicembre 1993, n. 537".

I ricorrenti hanno depositato documenti ed una memoria.

L’Amministrazione ha depositato atto di costituzione in data 2 dicembre 2010, in prossimità dell’udienza di merito del 9 dicembre 2010.

Nella medesima udienza la causa è passata in decisione.
Motivi della decisione

Il ricorso non è fondato.

1. – I ricorrenti prospettano:

– di essere ispettori del Corpo di Polizia penitenziaria già appartenenti al ruolo dei sovrintendenti con la qualifica di sovrintendente capo;

– di aver acquisito il VII livello retributivo ai sensi dell’articolo 3 del decreto legge 7 gennaio 1992, n. 5 (convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 6 marzo 1992, n. 216) con decorrenza dall’11 gennaio 1991 (data di entrata in vigore della legge 15 dicembre 1990, n. 395 sull’Ordinamento del Corpo di polizia penitenziaria: n.d.r.);

– che dal 1° settembre 1995 (decorrenza fissata dall’articolo 11 del citato decreto legislativo n. 200/1995: n.d.r.) transitavano nel ruolo degli ispettori, con salvezza del trattamento economico più favorevole, ai sensi dell’articolo 8, lettera c), del medesimo decreto legislativo;

– che con la citata decorrenza 1° settembre 1995 il trattamento economico degli ispettori era quello previsto per il livello VI bis, riportato nella tabella C allegata al suddetto decreto legislativo n. 200/1995 (articolo 13 del medesimo decreto legislativo);

– che conseguentemente l’Amministrazione dal 1° settembre 1995 attribuiva ai ricorrenti la qualifica di ispettore e corrispondeva loro un trattamento economico comprensivo di un assegno ad personam calcolato sulla differenza economica tra il precedente VII livello e il nuovo livello VI bis.

Essi lamentano che successivamente l’Amministrazione, dal 1° gennaio 2005, a seguito della pubblicazione del decreto legislativo 30 maggio 2003, n. 193 ("Sistema dei parametri stipendiali per il personale non dirigente delle Forze di polizia e delle Forze armate, a norma dell’articolo 7 della legge 29 marzo 2001, n. 86") cessava di corrispondere loro l’assegno ad personam in base a una interpretazione, loro sfavorevole, dell’articolo 3, commi 1 e 4, del citato decreto legislativo, i quali recitano: " 1. A decorrere dal 1° gennaio 2005 nello stipendio basato sul sistema dei parametri confluiscono i valori stipendiali correlati ai livelli retributivi, l’indennità integrativa speciale, gli scatti gerarchici e aggiuntivi, nonché gli emolumenti pensionabili indicati nelle tabelle 3, 4 e 5" e "4. Nello stipendio di cui al comma 1 non confluiscono la retribuzione individuale di anzianità maturata al 1° gennaio 2005, l’assegno funzionale e gli emolumenti diversi da quelli indicati nelle tabelle 3, 4 e 5".

In diritto il ricorso afferma:

– la violazione dell’articolo 3, comma 57, della legge n. 537/1993 (ove è previsto che nei casi di passaggio di carriera di cui all’articolo 202 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, e ad altre analoghe disposizioni, al personale con stipendio o retribuzione pensionabile superiore a quello spettante nella nuova posizione è attribuito un assegno personale pensionabile, non riassorbibile e non rivalutabile, pari alla differenza fra lo stipendio o retribuzione pensionabile in godimento all’atto del passaggio e quello spettante nella nuova posizione);

– l’erronea interpretazione dell’articolo 3 ("Effetti del sistema dei parametri stipendiali"), comma 4, del decreto legislativo n. 193/2003 ("Sistema dei parametri stipendiali per il personale non dirigente delle Forze di polizia e delle Forze armate, a norma dell’articolo 7 della L. 29 marzo 2001, n. 86"): in proposito i ricorrenti rilevano che la disposizione recita: "Nello stipendio di cui al comma 1 (lo stipendio basato sul nuovo sistema dei parametri introdotto dal decreto legislativo n. 193/2003: n.d.r.) non confluiscono la retribuzione individuale di anzianità maturata al 1° gennaio 2005, l’assegno funzionale e gli emolumenti diversi da quelli indicati nelle tabelle 3, 4 e 5"; e che dall’esame delle tabelle suddette si rileva che l’assegno ad personam non è ivi riportato; conseguentemente quell’assegno ad personam risulterebbe loro dovuto;

– una disparità di trattamento economico tra i ricorrenti e il personale parigrado in pensione, che a tutt’oggi mantiene il trattamento pensionistico ad personam.

Questi rilievi sono infondati.

Quanto alle disposizioni normative invocate dai ricorrenti si osserva in primo luogo che nel caso di specie l’articolo 3, comma 57, della legge n. 537/1993 non risulta applicabile.

La disposizione prevede che nei casi di passaggio di carriera di cui all’articolo 202 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, e ad altre analoghe disposizioni, al personale con stipendio o retribuzione pensionabile superiore a quello spettante nella nuova posizione è attribuito un assegno personale pensionabile, non riassorbibile e non rivalutabile, pari alla differenza fra lo stipendio o retribuzione pensionabile in godimento all’atto del passaggio e quello spettante nella nuova posizione. Ma non è applicabile ha i ricorrenti.

In proposito deve osservarsi che, cosi come rilevato dalla contestata nota prot. n. GDAP 031 5209 2008 del 25 settembre 2008 (che afferma essere supportata da un parere della Ragioneria generale dello Stato – I.G.O.P.), le nomine alle qualifiche di viceispettore e ispettore non possono essere intese come un passaggio di carriera così come previsto dall’articolo 3, comma 57, della legge n. 537/1993, ma come un passaggio di qualifica all’interno della stessa carriera.

In effetti l’inquadramento dal 1° settembre 1995, ottenuto dai ricorrenti (ex articolo 8 del decreto legislativo 200/1995) nel ruolo degli ispettori con salvezza del trattamento economico più favorevole (ai sensi dell’articolo 8, lettera c), del medesimo decreto legislativo) non risulta assimilabile a un passaggio di carriera.

Trattasi invece – per espressa statuizione di legge – di inquadramento; effettuato nell’ambito del riordino delle carriere del personale non direttivo del Corpo di polizia penitenziaria disposto dal citato decreto legislativo n. 200/1005 in attuazione dell’articolo 3 della legge 6 marzo 1992, n. 216, finalizzata alla perequazione dei trattamenti economici relativi al personale delle Forze di polizia e delle Forze armate nonché al riordino delle relative carriere, attribuzioni e trattamenti economici.

Per i ricorrenti è dunque mutato, per effetto di una normativa di riordino del settore, il ruolo di appartenenza; non già la "carriera" così come intesa nel testo unico n. 3 del 1957 (il quale, si rammenta, recava una distinzione delle "carriere" degli impiegati civili dello Stato in "direttive", "di concetto", "esecutive", "del personale ausiliario", che era fondata principalmente sul titolo di studio richiesto per l’accesso: rispettivamente "diploma di laurea", "diploma di istituto di istruzione secondaria di secondo grado", "diploma di istituto di istruzione secondaria di primo grado"; "compimento degli studi di istruzione obbligatoria").

Sicché nella fattispecie appare inapplicabile l’invocato articolo 3, comma 57, della legge n. 537/1993.

Né appare corretta l’interpretazione, offerta dai ricorrenti, dell’articolo 3, comma 4, del decreto legislativo n. 193/2003.

La disposizione dispone testualmente che "nello stipendio di cui al comma 1" (lo stipendio basato sul nuovo sistema dei parametri introdotto dal decreto legislativo n. 193/2003: n.d.r.) non confluiscono né la retribuzione individuale di anzianità maturata al 1° gennaio 2005, né l’assegno funzionale né "gli emolumenti diversi da quelli indicati nelle tabelle 3, 4 e 5".

L’assegno ad personam oggetto del ricorso non è né retribuzione individuale di anzianità, né assegno funzionale, né è compreso nelle suddette tabelle 3, 4 e 5 allegate al decreto legislativo. Il particolare emolumento, dunque, risulta escluso dal nuovo trattamento economico con una formulazione legislativa chiara, e dunque non suscettibile di una interpretazione quale quella offerta dai ricorrenti.

Quanto alla disparità di trattamento economico tra questi ultimi e il personale parigrado cessato dal servizio essa non può sussistere perché l’Amministrazione non ha esercitato un potere discrezionale ma ha applicato – doverosamente – la normativa di riferimento.

Né sussiste in proposito, da parte del legislatore, una violazione del principio di uguaglianza di cui all’articolo 3 della Costituzione.

E’ noto infatti che la Corte costituzionale ha più volte affermato (vedi, per tutte, la sentenza, n. 243 del 1993) che "non può contrastare con il principio di uguaglianza un differenziato trattamento applicato alla stessa categoria di soggetti, ma in momenti diversi nel tempo, perché lo stesso fluire di questo costituisce di per sé un elemento diversificatore".

2. – Il ricorso va dunque respinto.

Le spese, che il Collegio liquida in Euro 5.000,00 (cinquemila/00), seguono la soccombenza ai sensi dell’articolo 91 del codice di procedura civile.
P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale respinge il ricorso in epigrafe.

Condanna parte ricorrente al rimborso delle spese di giudizio dell’Amministrazione intimata, e le liquida in Euro 5.000,00 (cinquemila/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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