Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 13-12-2010) 27-01-2011, n. 3055 Giudizio abbreviato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 8.7.08 il Tribunale di Bergamo condannava L. L., all’esito di giudizio abbreviato, alla pena di anni sei e mesi otto di reclusione per i reati, unificati ex art. 81 cpv. c.p., di tentato omicidio in danno dei carabinieri D.M.A. e N.S.; resistenza a p.u.;

lesioni aggravate in danno dei predetti e sequestro di persona e lesioni personali in danno di V.R..

L’imputato veniva altresì condannato alla pena di mesi dieci, giorni venti di reclusione ed Euro 100,00 di multa per il reato di furto e dichiarato delinquente abituale con applicazione della misura di sicurezza della colonia agricola per anni due, nonchè condannato infine a risarcire i danni cagionati alla costituita parte civile V.R., liquidati in Euro 5.000,00.

La sentenza veniva confermata dalla Corte di appello di Brescia, in data 20.5.09, ma la Cassazione, con sentenza 26.11.09, annullava la sentenza di secondo grado per mancanza di motivazione, nella parte in cui il L. era stato ritenuto responsabile dei reati di tentato omicidio e di sequestro di persona.

Con sentenza 1.2.10, la Corte bresciana, in sede di rinvio, in parziale riforma dell’impugnata sentenza, riqualificato come tentate lesioni personali aggravate il reato di tentato omicidio, rideterminava la pena inflitta per tutti i reati avvinti dal vincolo della continuazione in anni tre e mesi quattro di reclusione, revocando la pena accessoria dell’interdizione dai pp.uu. e dell’interdizione legale.

Avverso detta sentenza ha proposto ricorso il L., a mezzo del proprio difensore, chiedendone l’annullamento, per violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), ritenendo carente la motivazione in ordine alle doglianze mosse dalla difesa circa responsabilità dell’imputato in ordine al delitto di sequestro di persona in danno di V.R. in quanto era stato sottolineato che dalla stessa querela sporta dalla predetta non risultava che fosse stata privata della libertà personale.

La Corte di appello, invece, si era limitata ad affermare che la prospettazione difensiva non teneva conto di quanto acquisito in atti e si trattava pertanto di motivazione carente in quanto non aveva tenuto conto dei profili di doglianza in merito all’insussistenza dell’elemento soggettivo e di quello oggettivo del reato di cui all’art. 605 c.p..

Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) per mancanza di motivazione in punto di determinazione della pena irrogata per i reati ritenuti avvinti dal vincolo della continuazione, essendosi i giudici bresciani limitati ad individuare il reato più grave e ad applicare l’aumento di pena, pari ad anni uno e mesi otto di reclusione, senza soddisfare l’onere della motivazione finalizzato al controllo del corretto esercizio del relativo potere discrezionale. Osserva la Corte che il ricorso è infondato.

Con motivazione congrua, esaustiva ed immune da vizi logico- giuridici, i giudici di appello hanno dato puntualmente conto degli elementi a carico di L.L. per il reato di sequestro di persona, evidenziando come neanche l’imputato abbia sollevato dubbi sulla piena attendibilità della p.o. V.R., le cui dichiarazioni erano state nel senso che il L. l’aveva costretta a rimanere con lui all’interno dell’autovettura per oltre due ore, colpendola ripetutamente sì da causarle le lesioni poi riscontrate in sede di referto medico, impedendole altresì con la forza di abbandonare l’abitacolo, per cui del tutto correttamente i giudici territoriali hanno individuato nella condotta tenuta dal L. nella circostanza gli estremi soggettivi e oggettivi del delitto di sequestro di persona.

In ordine al secondo motivo, la Corte bresciana, nel determinare la pena da irrogare all’imputato, ha stabilito – per il più grave delitto di cui all’art. 605 c.p. (capo 4 della rubrica) – la pena base in anni 2 di reclusione, aumentandola di 2/3 ex art. 99 c.p., comma 4, pervenendo così alla pena di anni 3 e mesi 4 di reclusione, aumentata a titolo di continuazione per i reati di cui ai capi 1-2-3 e 5 in complessivi anni 1 e mesi 8 di reclusione, giungendo alla pena di anni 5 di reclusione, ridotta ad anni 3 e mesi 4 ai sensi dell’art. 442 c.p.p..

Se pure, quindi, i giudici di appello hanno omesso di indicare l’aumento di pena per la continuazione in modo distinto per i singoli reati satellite, tuttavia, avendo congruamente motivato in ordine alla determinazione della pena base e di quella complessiva, facendo riferimento alla tutt’altro che trascurabile gravità dei fatti, alla perduranza della privazione della libertà della vittima, alle modalità violente e prevaricatorie del L., alla sua non comune inclinazione all’uso della violenza fisica, come si ricavava anche dai plurimi precedenti penali per reati a indole violenta e per l’articolata serie delle complessive condotte nella specie giudicate, essi non avevano l’obbligo di autonoma e specifica motivazione in ordine alla quantificazione dell’aumento per la continuazione, dal momento che i parametri al riguardo sono identici a quelli valevoli per la pena base (cfr. Cass., sez. 3, 26 settembre 1997, n. 3034). Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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