T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 24-01-2011, n. 162

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con il provvedimento in questa sede impugnato è stata disposta la revoca del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo", rilasciata in data 12.5.2010 al cittadino marocchino H.D., in quanto è risultato che egli, in data 16.3.2010, aveva riportato condanna ex art. 444 c.p.p. del GIP del Tribunale di Brescia alla pena di anni 3, mesi 1 di reclusione e alla multa di Euro 12.000 per detenzione e cessione illecita di sostanze stupefacente ex art. 73 DPR 309/1990.

Il ricorrente lamenta che il diniego si fonda esclusivamente su tale sentenza di condanna, senza alcuna disamina della concreta pericolosità sociale del soggetto anche in relazione alla condotta antecedente al reato e alle condizioni familiari del medesimo (quale la sussistenza di un nucleo familiare costituito dalla convivente, con regolare permesso, e due figli nati in Italia).

Il ricorso non risulta fondato.

In diritto va premesso che nel caso di specie trova applicazione – e, come si vedrà tra breve, risulta essere stata fatta corretta applicazione del- l’art. 9, comma 4, del d. lgs. n. 286 del 1998, così come novellato dal d. lgs. n. 3 del 2007, emesso in attuazione della direttiva n. 2003/109/CE. Il testo della disposizione è il seguente: "il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo non può essere rilasciato agli stranieri pericolosi per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato. Nel valutare la pericolosità si tiene conto anche dell’appartenenza dello straniero ad una delle categorie indicate nell’articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come sostituito dall’articolo 2 della legge 3 agosto 1988, n. 327, o nell’articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall’articolo 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646, ovvero di eventuali condanne anche non definitive, per i reati previsti dall’articolo 380 del codice di procedura penale, nonché, limitatamente ai delitti non colposi, dall’articolo 381 del medesimo codice. Ai fini dell’adozione di un provvedimento di diniego di rilascio del permesso di soggiorno di cui al presente comma il questore tiene conto altresì della durata del soggiorno nel territorio nazionale e dell’inserimento sociale, familiare e lavorativo dello straniero".

Il sopra trascritto art. 9, comma 4, ha sostituito l’apprezzamento della pericolosità dello straniero all’automatismo determinato, perlomeno in alcune ipotesi, dalla normativa previgente, disponendo che l’eventuale diniego di rilascio (così come la revoca) del permesso per lungo soggiornanti dev’essere sorretto da una motivazione articolata su tutti gli elementi che hanno contribuito a formare il giudizio di pericolosità e deve tenere conto in particolare "della durata del soggiorno nel territorio nazionale e dell’inserimento sociale, familiare e lavorativo dello straniero".

Guardando adesso più da vicino alla fattispecie in esame, il Collegio ritiene che, dalla lettura del provvedimento impugnato, si possa ricavare che l’Amministrazione non ha applicato alcun automatismo nel considerare sussistente la pericolosità dello straniero al fine di giustificare la decisione di rifiutare il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo. Il diniego non è stato, cioè, emanato dalla Questura secondo criteri automatici, nell’esercizio di una attività vincolata, soltanto in base alla condanna inflitta al D.H. mediante un richiamo acritico alla sentenza medesima e senza alcun vaglio autonomo della pericolosità dello straniero.

Invero, il provvedimento evidenzia che "con il suo comportamento antigiuridico lo straniero ha dimostrato di non essersi integrato nella società in cui ha deciso di vivere, nonostante sia presente sul territorio regolarmente dal 1998", soggiungendo di aver valutato la circostanza che "la condotta riportata dallo straniero risulta posta in essere quando l’interessato attestava di svolgere regolare attività lavorativa" sicchè la medesima non è riconducibile "a circostanze straordinarie o a ragioni di assenza di mezzi di sostentamento".

Va soggiunto che dalla sentenza penale prodotta dalla questura emerge che il D. si è prestato al trasporto nel bagagliaio della propria autovettura di n. 20 panetti di hashish per un peso complessivo di kg. 4,9447 e solo per la presenza di una modesta percentuale di principio attivo è stata esclusa l’aggravante di cui all’art. 80 del DPR. n. 309/90.

Per quanto riguarda la valutazione della situazione familiare, va rilevato come la Questura abbia dimostrato che dal fascicolo personale del ricorrente questi risultasse vivere da solo e che il medesimo nell’istanza con la quale chiese il rilascio del permesso di soggiorno per soggiornanti dilungo periodo ora revocato avesse dichiarato di non avere nucleo familiare.

In ogni caso, va soggiunto che anche ove tale circostanza fosse stata fatta presente all’Amministrazione non per ciò solo sarebbe stata impedita l’adozione della revoca.

Invero, è stato condivisibilmente affermato (TAR Veneto Sez. III 18.52010 n. 2056) che l’interesse dello straniero alla conservazione dell’unità del nucleo familiare deve essere bilanciato con altri valori costituzionali, primi fra tutti quelli relativi al mantenimento della sicurezza e dell’ordine pubblico, sottesi dalle norme sull’ingresso e sul soggiorno degli stranieri, sicché l’Amministrazione, motivando, in maniera adeguata al riguardo, può comunque esprimere un giudizio di preminenza, rispetto all’interesse di voler mantenere l’unione familiare, di quello alla tutela dell’interesse pubblico a che non permangano sul territorio nazionale soggetti condannati e gravati da precedenti di polizia.

Infine, in relazione alla prospettata necessità di accudire i figli minori, va ricordato che il ricorrente ha la facoltà di richiedere, al Tribunale per i minorenni, l’autorizzazione in deroga alla permanenza sul territorio nazionale in base a quanto prevede la disposizione eccezionale di cui all’art. 31, comma 3, del t. u. n. 286 del 1998, correlata a situazioni particolari.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che liquida in Euro 800, oltre ad accessori di legge se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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