Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 09-12-2010) 27-01-2011, n. 3009

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di Appello di Torino ha ribadito la responsabilità di L.A. per il delitto di maltrattamenti, commesso in danno della moglie e delle figlie minori, come affermata dal Tribunale di Alba con pronuncia del 7 aprile 2006, ed ha ridotto la pena, ad un anno di reclusione e confermato le statuizioni in favore della parte civile costituita. Ricorre il L. e denuncia con un primo motivo la mancanza e la contraddittorietà della sentenza impugnata che aveva ritenuto credibili le dichiarazioni della parte offesa, nonostante le asserite violenze non fossero riscontrate nè dai testi, connazionali delle parti, nè dalla teste C., italiana, ritenuta apoditticamente poco attendibile; messe in evidenza tutte le contraddizioni della parte offesa e le risultanze della istruttoria, il L. esclude in radice che egli abbia proibito alla moglie di riscaldare la casa, che invece, costei faceva appositamente trovare fredda ed umida in occasione delle visite della assistente sociale e nega anche che esista anche un principio di prova in ordine alle denunciate violenze fisiche; con un secondo motivo, rileva che la sentenza è viziata per avere omesso la acquisizione del ricorso per separazione legale presentato dalla parte offesa, rilevante poichè escludeva l’uso della violenza in danno delle minori, e con un terzo insiste perchè sia pronunciata sentenza assolutoria piena per i capi b) e c) per i quali era stato dichiarata la non procedibilità, già in primo grado, per remissione della querela: rileva, poi, che la motivazione in ordine alla determinazione della pena è viziata da genericità e non enuncia che un apodittico richiamo ai parametri dell’art. 133 c.p.; in ultimo contesta sia la misura del risarcimento dei danni, liquidato con motivazione contraddittoria, sia la eccessività degli onorari riconosciuti dal primo giudice.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Il primo motivo del ricorso, introduce in realtà una rivisitazione delle vicende matrimoniali della coppia, che il L. reinterpreta, proponendo una diversa valutazione: 1. del suo atteggiamento, da considerare affettuoso e normale specie nei confronti delle figlie; 2. della inattendibilità della moglie, non riscontrata dalle dichiarazioni di una delle testi assunte, cui doveva darsi fede "privilegiata" in quanto assidua frequentatrice della abitazione dei due coniugi; 3. dell’atteggiamento corrivo della denunciante, sulla cui persona non erano mai stati riscontrati segni di violenza.

3. Tutti questi elementi sono stati oggetto di disamina da parte del giudice di merito, che, con motivazione esauriente e priva di illogicità, ha ribadito la attendibilità della parte offesa, che proprio per avere rimesso la querela per i delitti di lesioni, appariva non animosa e vendicativa, ed ha confermato la adozione nei confronti della moglie e delle figlie da parte del L. di un regime pressocchè quotidiano di vessazioni, costituite da continue restrizioni (proibizione di adeguato riscaldamento della abitazione) che avevano provocato nelle minori affezioni bronchiali e da pesanti violenze fisiche sulla donna, i cui segni sul corpo erano stati notati anche da estranei alla famiglia. La sentenza impugnata ha, poi, diffusamente indicato le ragioni per cui le dichiarazioni della teste C., vicina di casa, non potessero essere considerate attendibili, stante che la donna aveva reso dichiarazioni di per sè non sempre lineari ed obbiettive; ha poi escluso che la attendibilità della parte offesa fosse minata dall’avere la stessa instaurato un giudizio civile per la separazione personale dal coniuge, e dal fatto che non avesse menzionato, nel relativo ricorso, il comportamento violento tenuto nei confronti delle figlie, giacchè era una scelta difensiva, che mirava a non coinvolgere in sede civile le minori.

4. L’iter argomentativo del giudice distrettuale non manifesta alcuna pecca e come tale è sottratto al controllo di questa Corte, che non deve procedere alla rinnovata valutazione delle risultanze acquisite ma solo verificare la correttezza e tenuta logica del ragionamento.

5. Del tutto inammissibile è il motivo con cui il L. censura la mancata acquisizione ex art. 603 c.p.p. del ricorso per separazione personale delle parti, posto che la Corte ha motivatamente escluso la indispensabilità della acquisizione, stante la completezza degli elementi acquisiti; d’altronde il giudice di appello ha l’obbligo di motivare espressamente sulla richiesta di rinnovazione del dibattimento solo nel caso di suo accoglimento, laddove, ove ritenga di respingerla, può anche motivarne implicitamente il rigetto, evidenziando la sussistenza di elementi sufficienti ad affermare o negare la responsabilità del reo, come nella specie avvenuto.

6. Parimenti non ha alcun fondamento il motivo di ricorso con cui si deduce difetto di motivazione in ordine alla invocata assoluzione per i delitti di lesioni, per i quali già in primo grado è stata emessa declaratoria di estinzione per remissione della querela. Nel ricorso non si prospetta, con la dovuta chiarezza e specificità, l’esistenza di una prova evidente dell’innocenza del L. sotto alcuno dei profili di cui all’art. 129 c.p.p., comma 2: il riferimento alla condotta tenuta dall’imputato, che sarebbe stato descritto dai testi, intervenuti in occasione degli episodi di violenza, quale persona calma in quei frangenti, non rende affatto palesemente certa la estraneità dell’uomo ai fatti addebitatigli, sicchè bene i giudici di merito hanno emesso la declaratoria di estinzione del reato.

7. Non ha pregio la doglianza concernente la pena, inflitta in misura di poco superiore al minimo e motivata in considerazione della oggettiva gravità dei fatti e della durata della condotta illecita, con congrua valutazione di merito dei parametri indicati dall’art. 133 c.p. che si sottrae come tale al sindacato di legittimità. 8. Nessun vizio di motivazione è ravvisarle nella liquidazione dei danni alla parte offesa, la cui misura è genericamente indicata dal ricorrente come eccessiva, mentre la Corte distrettuale ha puntualmente indicato gli elementi considerati per la sua valutazione.

9. Del pari, è inammissibile il motivo concernente la liquidazione delle spese processuali alla parte civile, dato che il giudice di appello ha messo in evidenza come il relativo motivo di appello fosse generico, posto che il L. non aveva indicato, come era suo onere, specifiche manchevolezze ed errori della notula presentata in prime cure dalla parte civile; tanto basta per rilevare che non può in questo grado di legittimità il ricorrente reiterare la censura, integrandola con osservazioni che non sono state mosse nel grado di merito.

10. In conclusione, il ricorso è da dichiarare inammissibile ed il ricorrente è da condannare al pagamento delle spese processuali e della somma, che si reputa equo determinare, in Euro mille in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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