Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 09-12-2010) 27-01-2011, n. 2809

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. All’esito di giudizio abbreviato il Tribunale di Monza ha ritenuto B.F. colpevole del reato di cui all’art. 624 bis c.p. per essersi impossessato del portafogli di G.A. strappandoglielo di dosso, fatto commesso il (OMISSIS).

2. Con sentenza del 10 febbraio 2010 la Corte di appello di Milano riconosciuta l’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4 e valutatala, unitamente alle già concesse attenuanti generiche, prevalente sulla contestata recidiva, riduceva la pena inflitta rideterminandola in mesi 5 di reclusione ed Euro 400,00 di multa. Secondo l’accertamento compiuto dai giudici di merito il B. si era avvicinato al G. per vendergli dei biglietti di ingresso dell’autodromo di (OMISSIS); il G. rifiutava l’acquisto proposto dal bagarino e tra i due vi era un breve diverbio; il B., nell’allontanarsi rivolgeva al G. una frase di scherno (stupido "colombello") e lo spintonava alle spalle; qualche secondo dopo quest’ultimo si accorgeva di non avere più il portafogli.

3. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per Cassazione l’imputato e il Procuratore Generale della Repubblica.

3.1 Il primo lamenta : 1) la mancata rinnovazione del dibattimento per procedere a nuovo esame della persona offesa; 2) la violazione di legge per aver basato il proprio convincimento anche sugli esiti di una ricognizione fotografica eseguita in totale dispregio delle norme di legge; 3) l’inosservanza dell’art. 6, commi 1 e 2, della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo attinente le garanzie di indipendenza del giudice; 4) la violazione di legge per quanto riguarda il requisito della violenza e la qualificazione della fattispecie quale furto con strappo; 5) violazione di legge per quanto riguarda la negata applicazione della sanzione sostitutiva pecuniaria sul presupposto che le condizioni economiche disagiate dell’imputato non gli avrebbero consentito di adempiere alle prescrizioni imposte.

3.2 Il Procuratore deduce violazione di legge e difetto di motivazione in (ordine alla configurazione dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4, concessa dalla Corte di appello senza esprimere motivazione al riguardo.
Motivi della decisione

1. Il ricorso dell’imputato è in parte fondato per quanto si dirà a proposito del terzo e quanto motivo di ricorso attinenti alla qualificazione giuridica del fatto e al trattamento sanzionatorio.

2. Non sono invece fondati gli altri motivi.

2.1. In particolare per quanto riguarda la mancata rinnovazione del dibattimento per procedere a un ulteriore esame della persona offesa, può rilevarsi che, pur non essendo una tale possibilità assolutamente incompatibile con il rito abbreviato (v. sez. 3, 29.10.2008 n. 11100 rv. 239081) e dunque non potendosi condividere sotto tale profilo la motivazione della Corte di appello, la decisione assunta è sostanzialmente corretta, contenendo essa, sia pure implicitamente, un giudizio di superfluità della prova sollecitata atteso che la deposizione della persona offesa era già stata assunta nel giudizio di primo grado e l’istituto in questione ha, come noto, natura del tutto eccezionale.

2.2. Manifestamente infondato è il motivo con il quale sono censurate le modalità della ricognizione fotografica dal momento che lo stesso ricorrente riconosce che trattasi di mezzo istruttorie irrilevante dal momento che il B. aveva riconosciuto il G. già al momento dei fatti, nell’autodromo, e che tale riconoscimento aveva confermato poi al dibattimento.

2.3 Non risultano violate le disposizioni della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo attinenti le garanzie di indipendenza del giudice. Il fatto che nel corso dell’udienza davanti la Corte di appello sia stata rinvenuta una "bozza di sentenza", già firmata dall’estensore, per la decisione del caso in esame è stato infatti del tutto superato dalla costituzione di un collegio giudicante interamente nuovo, che ha poi definito il giudizio; collegio che, pur avendo ovviamente avuto conoscenza delle ragioni che avevano portato alla propria costituzione, ha esercitato le funzioni di giudizio con le normali garanzia di indipendenza e senza pregiudizio alcuno per la difesa dell’imputato. 3. Ritiene invece il Collegio che non sia corretta la qualificazione del fatto addebitato all’imputato quale furto con strappo; ed invero l’art. 624 c.p. descrive tale ipotesi criminosa come quella di chi si impossessa della cosa mobile altrui strappandola di mano di dosso alla persona. Ora è del tutto evidente che nella presente fattispecie non si è avuto alcuna azione che corrisponde a tale descrizione, atteso che l’imputato si è impossessato del portafogli della vittima sfilandolo abilmente dalla tasca dei pantaloni di quest’ultima dopo averle dato una spinta al fine di distrarla ed eluderne la vigilanza; ciò risulta inequivocabilmente dalla descrizione dei fatti contenuta nella sentenza della Corte milanese laddove si da atto che solo dopo aver fatto pochi passi per raggiungere la biglietteria, dopo quattro o cinque secondi, il G. si accorgeva di non avere più il portafogli, mentre vedeva il bagarino allontanarsi velocemente. Si è trattato dunque di un’azione abile ed accurata, nella quale la "spinta" o lo "strattone" indubbiamente assestato al G., ha avuto lo scopo di distrarre il medesimo, attutendone la vigilanza e rendendo così possibile che l’impossessamento del portafogli avvenisse senza una immediata percezione del fatto da parte del derubato che, infatti, solo dopo alcuni secondi si accorgeva di non averlo più. Si tratta di una modalità operativa che può corrispondere all’ipotesi del furto commesso con destrezza ovvero con mezzo fraudolento. La spinta infatti rileva nella complessiva dinamica del fatto non già come violenza sulla persona (nel qual caso si dovrebbe ravvisare l’ipotesi di rapina), e nemmeno come violenza sulla cosa (assolutamente non posta in essere e non percepita), ma come modalità operativa atta a distrarre la vittima nel momento in cui il ladro infilava la mano nella tasca, rendendo così possibile il raggiungimento dello scopo. In tal senso va dunque modificata la qualificazione giuridica del fatto che meglio si inquadra nel furto con l’uso di mezzo fraudolento, senza che però tale modifica comporti conseguenze di tipo sanzionatorio essendo le due ipotesi punite con uguale pena edittale.

4. Anche l’ultimo motivo di ricorso è fondato. Le sezioni unite di questa Corte con la recentissima sentenza n. 24476 del 22.4.2010 2004 rv 229257 hanno affermato il principio secondo cui "La sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria è consentita anche in relazione a condanna inflitta a persona in condizioni economiche disagiate, in quanto la prognosi di inadempimento, ostativa alla sostituzione in forza della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 58, comma 2, ("Modifiche al sistema penale"), si riferisce soltanto alle pene sostitutive di quella detentiva accompagnate da prescrizioni, ossia alla semidetenzione e alla libertà controllata, e non alla pena pecuniaria sostitutiva, che non prevede alcuna particolare prescrizione. (Nell’enundare tale principio, la Corte ha affermato che, nell’esercitare il potere discrezionale di sostituire le pene detentive brevi con le pene pecuniarie corrispondenti, il giudice deve tenere conto dei criteri indicati nell’art. 133 c.p., tra i quali e compreso quello delle condizioni di vita individuale, familiare e sociale dell’imputato, ma non quello delle sue condizioni economiche)".

Si appalesa dunque priva di valida giustificazione la decisione della Corte di appello di Milano che deve sul punto essere annullata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della medesima Corte di appello.

5. Resta da valutare il ricorso del pubblico ministero, che e infondato. A differenza di quanto sostiene il ricorrente, la Corte milanese ha infatti indicato le ragioni per la quali ha ritenuto di poter concedere l’attenuante del danno lieve facendo riferimento all’ammontare della somma sottratta, di non rilevante e entità e quindi tale da non comportare un consistente danno patrimoniale alla persona offesa, con apprezzamento che in quanto congruamente motivato risulta incensurabile in questa sede.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata relativamente alla qualificazione giuridica del fatto contestato ed al punto concernente la sanzione sostitutiva della pena detentiva, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Milano.

Rigetta nel resto il ricorso di B.F..

Rigetta il ricorso del Procuratore Generale della Repubblica.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *