Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 19-11-2010) 27-01-2011, n. 3022 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. All’esito dell’udienza del 3 febbraio 2010, il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Genova dichiarava la nullità della richiesta di rinvio a giudizio emessa dal P.M. nei confronti di P.A. ed P.E., per omessa notifica dell’avviso ex art. 415 bis c.p.p., ordinando la restituzione degli atti al locale ufficio di Procura, con conseguente separazione del procedimento da quello riguardante gli altri coimputati, concorrenti nel medesimo reato di traffico di stupefacenti.

Lo stesso Giudice pronunciava inoltre nella medesima udienza sentenza nei confronti restanti imputati con la quale dichiarava la propria incompetenza territoriale, ordinando la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di San Remo.

A seguito di richiesta del Pubblico ministero presso il Tribunale di Genova, il medesimo magistrato, in funzione di Giudice per le indagini preliminari, disponeva, con decreto dell’11 febbraio 2010, il giudizio immediato di entrambi i P. innanzi al Tribunale di Genova per il reato già oggetto della richiesta di rinvio a giudizio, della quale era stata dichiarata la nullità. 2. Avverso l’ordinanza del 3 febbraio 2010 ed il decreto dell’11 febbraio 2101 propongono ricorso, con un unico atto, gli imputati, deducendone l’abnormità.

Osservano i ricorrenti che la decisione del P.M., condivisa dal G.i.p., di esercitare l’azione penale con un rito diverso, in violazione del principio di irretrattabilità dell’azione penale, ha comportato una illegittima regressione del procedimento che si colloca al di fuori di ogni previsione normativa, con l’effetto di privare gli imputati della garanzia dell’udienza preliminare.

Inoltre, il decreto sarebbe stato emesso dallo stesso magistrato che aveva svolto funzioni di g.u.p. nella precedente udienza preliminare, in violazione delle regole sulla competenza funzionale di cui al R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 7 ter, e succ. modd..

I ricorrenti denunciano anche l’abnormità dell’ordinanza del 3 febbraio 2010 perchè il G.u.p., nonostante avesse dichiarato la propria incompetenza territoriale per gi altri imputati, ha disposto la trasmissione degli atti al locale P.M., anzichè alla Procura competente per territorio.
Motivi della decisione

1. I ricorsi sono manifestamente infondati.

Occorre innanzi tutto ribadire che un provvedimento può definirsi abnorme quando "per la singolarità e stranezza del suo contenuto, sta al di fuori delle norme legislative e dell’intero ordinamento processuale, per cui non rientra nei poteri dell’organo decidente perchè incompatibile con i principi generali del sistema".

L’abnormità dell’atto processuale, inoltre può riguardare anche il profilo funzionale, quando esso, "pur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo" (Sez. U, n. 00017 del 10/12/1997, dep. 12/02/1998, Di Battista, Rv. 209603; Sez. U, n. 00026 del 24/11/1999, dep. 26/01/2000, Magnani, Rv. 215094; Sez. U, n. 00033 del 13/12/2000, dep. 22/11/2000, Boniotti, Rv. 217244).

Per contro, non può dirsi abnorme il provvedimento "sol perchè eventualmente viziato da errata interpretazione di norme sostanziali o processuali" (Sez. U, Di Battista, cit.). Dunque, non è sufficiente l’errore nè una semplice illegittimità ad integrare i presupposti dell’atto abnorme, ma occorre verificare con riguardo alla specifica questione che ci occupa se ricorrano gli elementi che consentono di qualificare l’atto come abnorme nel senso sopra precisato.

2. Ciò premesso, non può di certo definirsi abnorme l’ordinanza del giudice dell’udienza preliminare che ha dichiarato la nullità della richiesta di rinvio a giudizio a causa della mancata notifica all’indagato dell’avviso previsto dall’art. 415 bis c.p.p., ordinando la restituzione degli atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Genova, anzichè a quella di San Remo.

Il provvedimento, infatti, non è affetto da vizio alcuno, in procedendo o in iudicando. La dichiarazione di nullità dell’atto propulsivo comportava infatti automaticamente la regressione del procedimento allo stato in cui era stato compiuto l’atto nullo ( art. 185 c.p.p.), con la conseguenziale separazione delle altre posizioni processuali, a norma dell’art. 18 c.p.p..

Nè poteva il giudice pronunciare, con sentenza, la incompetenza territoriale del locale Tribunale anche per la posizione dei ricorrenti, posto che non può darsi pronuncia di sentenza se non quando vi sia stato il corretto esercizio dell’azione penale in una delle forme previste dalla legge.

3. Tanto meno può definirsi abnorme il decreto che ha disposto, su richiesta del P.M., il giudizio immediato. La trasmissione degli atti al P.M., a seguito della declaratoria di nullità dell’atto con cui era stata esercitata l’azione penale, attribuisce al P.M. ricevente piena libertà di determinazione. La declaratoria di nullità ripristina infatti le facoltà dell’organo di iniziativa penale, svincolandolo dal precedente atto, che, in quanto nullo, non ha più alcuna valenza, tant’è che, se il p.m. intende confermare la sua precedente scelta, deve esercitare di nuovo l’azione penale. Nel caso di specie, non viene neppure in considerazione il principio di irretrattabilità dell’azione penale ( art. 50 c.p.p.), evocato in ricorso, posto che l’azione penale è stata nuovamente esercitata dal P.M., se pur con rito diverso.

Quanto alla decisione del G.i.p. di disporre il giudizio davanti ad un giudice dichiarato incompetente territorialmente, non si rilevano profili di abnormità, nel senso sopra indicato, stante l’autonomia tra le due decisioni adottate in procedimenti diversi. Nè appare pertinente il precedente giurisprudenziale indicato dai ricorrenti (Sez. 2, n. 05302 del 19/12/1996, dep. 28/02/1997, Vecchi, Rv.

207136), posto che tale massima si riferisce alla diversa ipotesi della necessaria trasmissione degli atti al Pubblico ministero, a seguito di declaratoria di incompetenza del giudice del dibattimento ai sensi dell’art. 23 c.p.p., secondo il principio stabilito dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 76 del 1993. Trasmissione già normativamente prevista per l’udienza preliminare dall’art. 22 c.p.p..

Nè profili di abnormità possono derivare dalla evocata violazione del R.D. n. 12 del 1941, art. 7 ter o dalle situazioni di incompatibilità prefigurate nel gravame – nella specie neppure ricorrenti – situazioni, che in ogni caso non danno luogo a nullità, non essendovi alcuna norma che contenga una previsione esplicita in tal senso (tra le tante, Sez. 3, n. 02115 del 14/11/2003, dep. 23/01/2004, Jayasurya, Rv. 227588).

3. Per le ragioni che precedono, i ricorsi vanno dichiarati inammissibili e i ricorrenti condannati al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 ciascuno, equa in considerazione dei motivi di inammissibilità, in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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