Cass. civ. Sez. V, Sent., 25-02-2011, n. 4630 Imposta incremento valore immobili – INVIM

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La controversia concerne la liquidazione dell’Invim straordinaria, a seguito di sentenza passata in giudicato, con cui l’importo preteso dall’amministrazione era stato ridotto, e che la contribuente non aveva provveduto a versare, sicchè essa veniva iscritta a ruolo, con successiva emissione di cartella di pagamento.

La contribuente adiva la Commissione tributaria di primo grado di Rimini, impugnando la cartella esattoriale notificatale il 9.11.1999, ed eccependo la decadenza dell’ufficio dal potere di iscrizione a ruolo.

Il ricorso veniva rigettato, e questa pronunzia veniva riformata dalla commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna con sentenza n. 7 in data 22.11.2004.

Avverso tale decisione, che non risulta notificata, propongono ricorso per cassazione, con due motivi, il Ministero delle finanze e l’agenzia delle entrate, i quali hanno depositato atti e memoria, mentre la contribuente ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione

1) Col primo motivo i ricorrenti deducono violazione e/o falsa applicazione di varie norme di legge, e segnatamene l’art. 2697 c.c., D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 17 e 25, art. 112 c.p.c. e L. n. 448 del 1998, art. 9 nonchè omessa o/o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia, con riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in quanto la CTR non ha considerato che la eccepita decadenza non si era verificata, atteso che la sentenza di appello n. 5 1 del 25.1.1995 era passata in giudicato nel mese di marzo dello stesso anno, mentre l’avviso di liquidazione emesso a seguito di essa era stato notificato alla Marebello in data 19.12.1996, senza essere impugnato, con la conseguenza che era divenuto definitivo nel febbraio 1997, e quindi l’iscrizione a ruolo poteva essere effettuata entro il 31.12.1998. Tuttavia tale termine aveva subito un’ulteriore proroga in virtù della L. n. 448 del 1998, art. 9 che lo aveva spostato al 30.6.1999, mentre l’iscrizione a ruolo nel caso che ci occupa era stata compiuta il 10.6.1999.

Il motivo è infondato. La CTR ha osservato esattamente che nella specie il termine per la iscrizione a ruolo dell’imposta non poteva che scadere il 31.12.1996, e cioè l’anno successivo a quello in cui il titolo di pagamento, costituito dalla sentenza passata in giudicato nel mese di marzo 1995, era divenuto definitivo, e ciò in virtù del combinato disposto del D.P.R. n. 692 del 1973, art. 17 e D.P.R. n. 43 del 1988, art. 67 mentre la novella di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, ha limitato tale previsione alle imposte sui redditi e all’Iva. Ne la modifica legislativa secondo cui il termine era stato prorogato dalla L. n. 448 del 1998, art. 9 poteva avere applicazione nella fattispecie in esame, trattandosi di decadenza già verificatasi quando essa era entrata in vigore, trattandosi in particolare di imposte sui redditi stessi. Infatti nel quadro della nuova disciplina della riscossione dei tributi introdotta dal D.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, il disposto del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 17, comma 3, (secondo cui le imposte, le maggiori imposte e le ritenute alla fonte liquidate in base agli accertamenti, degli uffici debbono essere iscritte in ruoli formati e consegnati all’Intendente di finanza, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo), si applica anche alle imposte diverse da quelle sul reddito e quindi, oltre all’I.V.A., anche agli altri tributi indiretti specificamente richiamati dal D.P.R., n. 43 del 1988, art. 67 tra i quali è ricompresa anche l’INVIM (Cfr. anche Cass. Sentenze n. 1921 del 29/01/2008, n. 11235 del 2002).

2)Col secondo motivo i ricorrenti denunziano violazione e/o falsa applicazione di varie norme di legge, e segnatamene il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17, D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 23, D.P.R. n. 43 del 1988, artt. 63 e 67 e D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 41 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, giacche nel caso in esame il termine a disposizione dell’ufficio per esercitare la pretesa tributaria era di anni dieci, pari cioè alla prescrizione decennale dei diritti di cui all’art. 2946 c.c., dal momento che quello pili ristretto concerneva "ratione temporis" soltanto le imposte dirette e l’Iva; il che era comprensibile, trattandosi di imposte periodiche aventi quindi riferimento all’anno solare, contrariamente a quelle indirette.

La censura non va condivisa.

Come risulta dalla sentenza impugnata, la cartella esattoriale contro cui la contribuente insorgeva era stata emessa a seguito di liquidazione della sentenza passata in giudicato, ed era stata notificata il 9.11.1999, quindi ben oltre il prescritto termino di decadenza, che decorreva appunto dal passaggio in giudicato della sentenza non impugnata, senza che esso potesse essere modificato dalla successiva emissione dell’avviso di liquidazione, posto che altrimenti ben potrebbe una parte modificare la posizione di decadenza in cui sia incorsa mediante l’adozione di strumenti intesi a verificare la medesima. Invero il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17, comma 3, applicabile "ratione temporis", nel prevedere che le imposte, le maggiori imposte e le ritenute alla fonte liquidate in base agli accertamenti degli uffici devono essere iscritte in ruoli formati e consegnati all’Intendenza di finanza, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo, non si riferisce soltanto agli avvisi di accertamento non impugnati dal contribuente, ma riguarda anche la riscossione conseguente a decisioni delle commissioni tributarie sull’impugnazione dell’avviso di accertamento divenute definitive come nella specie, con la conseguente inapplicabilità del termine decennale di prescrizione previsto dall’art. 2946 cod. civ., riferibile all’"actio judicati" (V. pure Cass. Sentenze n. 13333 del 10/06/2009, n. 13140 del 2001).

Ne deriva che il ricorso va rigettato.

Quanto alle spese del giudizio, sussistono giusti motivi per compensarle, attesa la complessità della questione trattata.
P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso, e compensa le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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