Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 25-01-2011, n. 95 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Premesso che la società Palagio ha agito, in primo grado, avverso il silenzio serbato dal Comune di Palermo sulla diffida e messa in mora, diretta a ottenere l’adozione di un provvedimento recante la disciplina pianificatoria di un’area, di proprietà della predetta società, sita in Partanna Mondello, via Nettuno, in adiacenza della scuola elementare Giovanni Pascoli, censito al catasto terreni, al foglio di mappa 4/C, p.lle n. 3710 di mq. 2394 e n. 3804 di mq 800, per una superficie totale di mq. 3194;

che, invero, per le predette particelle – ricadenti in area "S2", destinata a attrezzatura scolastica, scuola dell’obbligo, in forza del Piano regolatore generale approvato nel 2002 – l’amministrazione comunale intimata non ha provveduto, entro il quinquennio dall’approvazione del suddetto P.R.G., all’attuazione della predetta destinazione, con conseguente decadenza dei vincoli preordinati all’esproprio in forza dell’art. 9, comma 2, del D.P.R. n. 327/2001;

che il Comune di Palermo, in prossimità dell’udienza di trattazione del ricorso di primo grado, ha comunicato alla società istante una nota di risposta, prot. n. 132649, del 17 febbraio 2010, nella quale si affermava la natura conformativa, piuttosto che espropriativa, dei vincoli già imposti sul terreno in questione;

Ritenuto che il T.A.R. per la Sicilia, sede di Palermo, ha accolto il ricorso sulla base del seguente itinerario decisorio:

– nella fattispecie, la specifica previsione di piano ha natura sostanzialmente espropriativa, giacché comportante la sottrazione del bene al mercato immobiliare;

– detto vincolo ablatorio è poi da ritenersi decaduto, una volta decorso il quinquennio dall’approvazione dello strumento urbanistico; – sussiste quindi, ai sensi del citato art. 9, l’obbligo del Comune di Palermo di deliberare, con atto consiliare, una nuova pianificazione "in variante" dell’area in questione, in conseguenza dell’intervenuta decadenza dei vincoli espropriativi derivanti dall’approvazione del P.R.G.C., siccome riconosciuto dalla stessa amministrazione (v. il certificato di destinazione urbanistica, datato 28 maggio 2008);

che il Tribunale ha, per l’effetto, ordinato al Comune di provvedere entro il termine di giorni centoventi dalla comunicazione in via amministrativa (o dalla notificazione a cura di parte, se anteriore) della sentenza;

che il T.A.R. ha altresì nominato, per l’ipotesi di una perdurante inottemperanza dell’amministrazione alla scadenza del termine predetto, un commissario ad acta nella persona del dirigente il Dipartimento regionale urbanistica dell’Assessorato regionale territorio e ambiente;

che il Comune, in ragione della soccombenza, è stato condannato alla rifusione, in favore della parte ricorrente, delle spese processuali del primo grado del giudizio;

che contro la decisione è insorta in appello l’Amministrazione civica;

che l’impugnazione del Comune risulta affidata ai seguenti due mezzi di gravame:

I) erroneamente il T.A.R. non ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso di primo grado, dal momento che la nota n. 132649 del 17 febbraio 2010 costituiva un idoneo riscontro, di segno negativo, dell’istanza formulata dalla Palagio;

II) erroneamente il primo Giudice ha qualificato il vincolo di P.R.G. come espropriativo, in dispregio dei principi enunciati dalla Corte costituzionale con sentenza n. 179 del 20 maggio 1999;

III) il T.A.R. non ha considerato che l’art. 19, comma 3, delle n. T.A. del P.R.G.C. permette la realizzazione di un complesso scolastico da affidare in gestione a privati e, dunque, consentendosi uno sfruttamento economico del bene, non potrebbe ritenersi compresso il sostanziale contenuto economico del relativo diritto di proprietà;

che si è costituita in giudizio la Palagio per resistere all’impugnazione;

che l’appellata ha altresì chiesto al Consiglio di condannare il Comune di Palermo ai sensi dell’art. 96 c.p.c.;

che nella camera di consiglio del 30 giugno 2010 il ricorso è stato trattenuto in decisione;

considerato che l’appello è infondato;

che, invero, il primo Giudice ha fatto corretta applicazione, adattandoli al caso di specie, dei principi enunciati da questo Consiglio nella decisione n. 1113 del 19 dicembre 2008, che contiene un’interpretazione evolutiva, ma coerente con i principi in più occasioni affermati dalla C.E.D.U., delle statuizioni recate nella citata sentenza della Corte costituzionale n. 179 del 12 maggio 1999 in ordine alla distinzione tra previsioni urbanistiche conformative e previsioni espropriative;

che, in tale pronuncia, questo Consiglio, ponendosi nella scia della richiamata giurisprudenza costituzionale, ha osservato che un vincolo non può ritenersi conformativo ogniqualvolta le iniziative edilizie consentite dallo strumento urbanistico non siano suscettibili di operare in regime di libero mercato;

che, in particolare, si è affermato che qualora sia impressa a priori a un’area la destinazione alla realizzazione di opere o di servizi pubblici, a prescindere cioè dai meccanismi di mercato, individuando, senza possibilità di eccezione, il soggetto pubblico che fruirà dell’opera stessa, allora quest’ultima non può ritenersi destinata a essere posta sul mercato; che, in presenza di un monopsonio non vi è mercato;

che, pertanto, sussiste un vincolo preordinato all’espropriazione tutte le volte in cui la destinazione dell’area permetta la realizzazione di opere destinate esclusivamente alla fruizione soggettivamente pubblica;

che, nella fattispecie, la previsione del P.R.G.C., decaduta perché non tempestivamente attuata, era preordinata a vincolare l’area della Palagio a servizi pubblici e attrezzature per la scuola dell’obbligo, da realizzarsi anche ad opera di soggetti privati, proprietari e o imprenditori, previa convenzione con il Comune, al fine di assicurare l’effettiva fruizione pubblica delle opere;

che a nulla rileva invocare in contrario, da parte del Comune appellante, una precedente convenzione intervenuta tra il predetto Comune e altra società, in ordine alla realizzazione di un complesso scolastico, perché relativa ad un’area inserita in zona "F1" (e non "S2"); che le riferite statuizioni in ordine alla natura effettivamente espropriativa del vincolo in questione sono corroborate nella fattispecie dalle seguenti circostanze:

– l’incontestata destinazione a edilizia residenziale dell’area limitrofa al fondo della Palagio e, quindi, il vincolo di destinazione a utilizzazione collettiva configura una previsione localizzativa "puntiforme", come avviene tipicamente nel caso delle previsioni di carattere espropriativo;

– la natura di vincolo espropriativo (sulla particella 3804) è stata riconosciuta dallo stesso Comune nel citato certificato di destinazione urbanistica;

– in altre occasioni (v. la nota, prot. n. 285856, del 16 aprile 2009, in atti) il Comune di Palermo aveva affermato che dovessero considerarsi gravati dal vincolo preordinato all’esproprio anche gli immobili destinati dallo strumento urbanistico vigente a "zone S destinate all’istruzione";

– la giurisprudenza recente di questo Consiglio (v. la decisione n. 964/10) ha qualificato come espropriativa una previsione pianificatoria che destini un’area privata ad attrezzatura scolastica, costituendo tale attrezzatura un’infrastruttura da realizzare in funzione di servizi che la pubblica amministrazione è tenuta a rendere alla collettività e, dunque, un’opera pubblica finalizzata alla soddisfazione di bisogni della collettività medesima;

che, a fronte della qualificazione del vincolo come ablatorio, la succitata nota, invocata dall’ente appellante quale preteso riscontro negativo all’istanza della Palagio, presentava in realtà i caratteri di un atto soprassessorio, peraltro contrario a precedenti determinazioni comunali;

che inoltre detta nota risultava anche intrinsecamente contraddittoria, contenendo la comunicazione dell’intento dell’amministrazione civica di procedere alla redazione di nuovi piani particolareggiati e di varianti urbanistiche, nonché alla riproposizione dei vincoli già scaduti, con riguardo ad ampie aree del territorio destinate a servizi;

che proprio quest’ultima asserzione concorre ulteriormente, contro la invocata qualificazione del vincolo come meramente conformativo, a chiarire la natura espropriativa dello stesso (oltre alla sua decadenza);

che, al lume dei superiori rilievi, l’appello risulta infondato e deve essere respinto;

che ogni altra eccezione o difesa devono ritenersi assorbite perché irrilevanti o ininfluenti ai fini della presente decisione;

che il regolamento delle spese processuali, liquidate come da dispositivo, segue la soccombenza;

che tuttavia difettano i presupposti per condannare il Comune all’ulteriore pagamento previsto dall’art. 96 c.p.c., non ravvisandosi nella proposizione dell’appello una responsabilità aggravata della amministrazione per mala fede o colpa grave.
P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, respinge l’appello.

Condanna il Comune di Palermo alla rifusione, nei confronti della controparte, delle spese processuali del secondo grado del giudizio, liquidate in complessivi Euro 4.000,00 (quattromila/00).

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio del 30 giugno 2010, con l’intervento dei signori: Paolo D’Angelo, Presidente f.f., Guido Salemi, Gabriele Carlotti, estensore, Filippo Salvia, Pietro Ciani, Componenti.

Depositata in Segreteria il 25 gennaio 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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